Sanità, “Decreto Calabria”: Corte Costituzionale respinge ricorso Regione

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Catanzaro - Il “Decreto Calabria” che ha introdotto misure emergenziali per la sanità regionale non viola la Costituzione. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l’inammissibilità e l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Calabria contro la legge 60/2019 di conversione del decreto legge 35, approvato dal governo nazionale il 30 aprile scorso. A maggio la Regione aveva fatto ricorso contro il “Decreto Calabria” sostenendo che “l’intervento statale, assunto in materia di legislazione concorrente, è privo di presupposto legittimante” fondandosi – a detta della ricorrente - su un Piano di rientro già scaduto, e lamentando “il pregiudizio della sfera di attribuzioni legislative, finanziarie e amministrative” dell’ente e la violazione del principio di leale collaborazione” tra istituzioni. Tesi, queste, però non accolte dalla Corte costituzionale, secondo la quale “l’intervento nel suo complesso è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato non soltanto perché attinente all’esercizio del potere sostitutivo statale, ma soprattutto perché rientrante nella sua competenza esclusiva in tema di ‘determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale’. E, nella misura in cui risponde alla funzione di orientare la spesa sanitaria verso una maggiore efficienza, l’intervento stesso rientra nell’ambito dei principi fondamentali della materia concorrente ‘coordinamento della finanza pubblica’”. Secondo la Consulta, inoltre, “le concorrenti competenze regionali non risultano violate ma solo temporaneamente ed eccezionalmente ‘contratte’, in ragione della pregressa inerzia regionale o, comunque, del non adeguato esercizio delle competenze stesse”, inoltre – si legge ancora nella decisione della Corte costituzionale - “l’introduzione di una disciplina temporanea, avente come unico destinatario la Regione Calabria non costituisce un intervento discriminatorio, ma ha la finalità di realizzare un necessario riallineamento della gestione della sanità locale rispetto agli standard finanziari e funzionali operanti per la generalità degli enti regionali”.

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