Lamezia, gli ultimi attimi di vita dell'avvocato Pagliuso nella sentenza di condanna all'ergastolo per Gallo

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Lamezia Terme - Sono racchiuse in 82 pagine le motivazioni che hanno indotto i giudici della Corte d’Assise di Catanzaro a condannare all'ergastolo Marco Gallo per l'omicidio dell’avvocato penalista Francesco Pagliuso avvenuto nella notte tra il 9 e 10 agosto del 2016 in via Marconi a Lamezia. Gallo, al quale è stata esclusa l'aggravante mafiosa, è inoltre condannato anche ad altri due ergastoli: in primo grado per l’omicidio di Gregorio Mezzatesta avvenuto nel giugno 2017 a Catanzaro e di Francesco Berlingieri, avvenuto a gennaio del 2017 a Sambiase. Passo dopo passo, nelle motivazioni della sentenza, la corte presieduta da Alessandro Bravin ricompone gli ultimi attimi di vita di Pagliuso fino ad arrivare all'esplosione dei colpi mortali: si passano in rassegna le prime indagini, il ritrovamento del cadavere all'interno dell'auto, la raccolta delle prime testimonianze, fino poi ad arrivare all'imputazione di Gallo.

"L’autore del delitto - si legge - deve individuarsi certamente nel soggetto ripreso alle 22.10 dalla telecamera installata presso l’abitazione della vittima". E quelle immagini per i giudici immortalano Marco Gallo, che avrebbe fatto jogging anche nei giorni precedenti nelle vicinanze del luogo del delitto. "Il soggetto immortalato nei filmati analizzati è il killer di Francesco Pagliuso e la sua ripetuta presenza sul luogo del delitto si spiega unicamente con la necessità di studiare le abitudini della vittima, così da poter meglio definire le modalità esecutive dell’azione omicidiaria". I giudici citano nella sentenza ancora la presenza sul luogo dell'omicidio anche della macchina riconducibile a Marco Gallo e la localizzazione telefonica: "La sera del 9 agosto dalle 20.48 alle 22.25 - scrivono - il telefono cellulare risultava collocato lungo la via Marconi".

Quanto al contesto nel quale è maturato il delitto, a svelarlo è stato il processo denominato “Reventinum”, nell'ambito del quale sono stati condannati all’ergastolo i presunti mandanti dell’omicidio dell’avvocato Pagliuso. Secondo l'accusa formulata dalla Dda sia Pino che Luciano Scalise, "in concorso morale e materiale tra di loro, quali capi dell'omonima cosca e in qualità di mandanti, e con il killer Marco Gallo deliberavano l'assassinio dell'avvocato Pagliuso". Ed è lo stesso Pagliuso a riconoscere la sua condizione di pericolo, dopo la sentenza della Cassazione che nel 2016 ha annullato l’ergastolo nei confronti di Domenico e Giovanni Mezzatesta per il duplice omicidio Vescio-Iannazzo. Nelle motivazioni, infatti, diversi passaggi vengono dedicati alle testimonianze dei familiari di Pagliuso, a cui lui stesso aveva confidato il pericolo incombente, soprattutto a seguito del sequestro lampo subito (condotto in un bosco bendato e minacciato di morte) e dopo l'irruzione nel giardino della sua abitazione. I giudici, comunque, riconoscono a pieno la premeditazione ma non l'aggravante mafiosa: "Non esiste sotto il profilo giudiziario sentenza irrevocabile attestante l’esistenza di una cosca mafiosa denominata Scalise".

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