Lamezia, omicidio Izzo-Molinaro: ergastolo per tutti gli imputati

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Lamezia Terme - Cinque ergastoli comminati ad altrettanti imputati: é la sentenza emessa dal gup di Catanzaro, Barbara Saccà, al termine del processo con rito abbreviato per il duplice omicidio di Pasquale Izzo e Giovanni Molinaro, uccisi in un bar di via del Progresso a Lamezia Terme il 6 dicembre del 2000. Al carcere a vita sono stati condannati i fratelli Giovanni e Aldo Notarianni, Antonio Villella, Vincenzo Torcasio e Pasquale Gullo, indicati tutti come esponenti delle cosche Giampà, Torcasio e Cerra, oggi divise ma un tempo alleate.

Il pubblico ministero Elio Romano aveva chiesto la condanna a 20 anni per Giovanni “Gianluca” Notarianni, mentre 30 anni di carcere è stata la richiesta per gli altri quattro imputati:

L'omicidio di Izzo e Molinaro, secondo la ricostruzione della Dda di Catanzaro, sarebbe stato commesso per vendicare la morte di Giovanni Torcasio. Gli arresti sono scattati nel dicembre del 2016: in manette sono finiti quelli che la DDa di Catanzaro ha ritenuto essere i mandanti e gli esecutori del duplice omicidio. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, le tre famiglie (Giampà, Torcasio e Cerra) volevano vendicare la morte di Giovanni Torcasio (classe ‘64), e avrebbero organizzato così, in diverse riunioni, il da farsi: i capi della cosca di ‘ndrangheta Cerra-Torcasio-Giampà di Lamezia, si incontrarono insieme ad alcuni degli affiliati più rappresentativi della cosca, tra i quali figuravano Aldo Notarianni, Giuseppe Giampà, Giovanni Notarianni, Antonio Villella, Pasquale Gullo e Vincenzo Torcasio, per decretare l’omicidio di Izzo, ritenuto affiliato all’avversa cosca Iannazzo,  dando mandato per l’esecuzione ad Aldo Notarianni, Maurizio Giampà, Giuseppe Giampà, Antonio Villella e Giovanni Notarianni detto “Gianluca”.

L'obiettivo degli assassini, secondo la ricostruzione della Dda, era Pasquale Izzo. Giovanni Molinaro fu ucciso solo perché in quel momento si trovava nel bar accanto alla vittima designata. Le due vittime stavano consumando una bevanda al bancone al bar di via del Progresso poco prima delle 20, quando entrò una persona, con il passamontagna, e cominciò a sparare, colpendoli e lasciandoli a terra. Quella persona, come raccontano i collaboratori, era Aldo Notarianni, accompagnato sul posto dal defunto Maurizio Giampà, che guidava la macchina, recuperata da Antonio Villella. Quella stessa sera, dopo la sparatoria, in contrada Lagani, fu ritrovata un’auto, una Fiat Uno grigia, completamente bruciata al cui interno la polizia scientifica ritrovò un revolver calibro 38 e un fucile calibro 12 con matricola abrasa, nonché cinque fondelli di proiettile, il tutto danneggiato dal fuoco. Più tardi si scoprì che quella stessa auto era stata rubata il giorno precedente a Falerna. Secondo la ricostruzione, i due killer, erano stati prelevati da Gianluca Giovanni Notarianni che, dopo aver incendiato il veicolo utilizzato, li ha scortati lontano dal luogo del delitto.

Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Francesco Gambardella, Lucio Canzoniere, Antonio Larussa, Gianluca Careri e Gregorio Viscomi.

 

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