Lamezia, operazione Alesia: caduta l’ultima roccaforte dei 'Cerra-Torcasio'

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Lamezia Terme - Tra i ‘lussi’ colpiti nell’operazione scattata ieri e battezzata “Alesia” di cui si circondavano alcuni esponenti della cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri”, c’era anche un “mini acquapark” realizzato sul retro di uno dei palazzi dei Torcasio, con tanto di scivolo e impianti per cascate artificiali (costruito di recente), biliardo professionale, televisori maxi schermo, impianti di videosorveglianza, arredi di lusso, oltre che ad un acquascooter, una moto di grossa cilindrata ed un SUV (questi ultimi oggetti sottoposti a sequestro). Ma è “Il fortino” il centro dell’operazione. Un luogo dove si incontravano segretamente gli esponenti delle altre famiglie della ‘ndrangheta calabrese, con blindature poste a difesa delle abitazioni e numerosi impianti di videosorveglianza installati per tenere sotto controllo l’area. Proprio per tale ragione l’operazione condotta nei confronti del gruppo dei Cerra-Torcasio è stata battezzata dai finanzieri lametini “Alesia” come l’ultima roccaforte dei Galli caduta sotto l’imperatore dell’antica Roma Giulio Cesare. 

Nell’operazione, quindi, sono stati attinti i beni dei maggiori esponenti della cosca la quale, così come emerso da numerosi processi istruiti negli ultimi vent’anni dalla Dda di Catanzaro, può definirsi una tra le più agguerrite e sanguinarie della ‘ndrangheta lametina. Il Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme, al comando del Ten. Col. Clemente Crisci, si è occupato delle indagini patrimoniali che hanno riguardato il sequestro dei beni nei confronti avviate nel 2017 e durate oltre un anno e mezzo.  Sono stati, infatti, colpiti dai provvedimenti cautelari reali, i beni mobili ed immobili riconducibili a Nino Cerra, attualmente detenuto con regime del 41 bis, capo storico del gruppo e di Teresina Cerra, sorella di Nino nonché co-reggente della cosca, insieme a quelli dei loro figli, generi, nuore, nipoti, tutti affiliati all’organizzazione. “Un durissimo colpo ai vertici ed esponenti di questa cosca di ‘ndrangheta” hanno detto gli inquirenti nel corso della conferenza stampa nella quale sono stati illustrati i dettagli dell’operazione. Ora, i soggetti attinti dal provvedimento, rischiano di rimanere, di fatto, anche senza dimora essendo stati privati di ogni bene.

1.-Piscina-con-cascate-artificiali-realizzata-sul-retro-del-fabbricato-di-cui-al-punto-2_83e49.jpgPiscina con cascate artificiali realizzata sul retro di un fabbricato

Nonostante le perdite della “guerra di mafia” che vedeva contrapposti i Cerra-Torcasio-Gualtieri da una parte ed i Giampà e Iannazzo dall’altra, i Cerra-Torcasio-Gualtieri avrebbero continuato a mantenere una certa egemonia su alcune zone del territorio, anche se in maniera ridotta rispetto al predominio che avevano in precedenza. A dar valore a questo, secondo gli inquirenti, proprio i beni che oggi sono stati sequestrati, la gran parte dei quali sono stati realizzati proprio negli ultimi 15/18 anni. Palazzi e appartamenti lussuosamente rifiniti che non sono passati inosservati agli investigatori della Guardia di Finanza che, pur se data come perdente, la cosca aveva comunque un “giro d’affari” non indifferente.

In particolare, in merito ai profili di carattere criminale degli esponenti della cosca, si ricorda come Nino Cerra, il quale, per come è stato evidenziato negli atti prodotti all’A.G., ha iniziato a delinquere sin dagli anni ’70 fino a divenire protagonista di sequestri di persona e omicidi. Nel 1984 dopo un periodo di latinanza fu arrestato poiché accusato di due sequestri di persona (quello di Fabrizio Mariotti, figlio di un industriale del marmo di Bagni di Tivoli e di Tullia Cauten, figlia di un ricco imprenditore di Milano), nonché dell'omicidio di Giuseppe Cerminara, di 24 anni, ucciso un mese prime. L’edificio sequestrato a Nino Cerra nel corso dell’operazione “Alesia” è quello in cui, secondo quanto emerso alle indagini, incontrava segretamente gli esponenti delle altre famiglie della ‘ndrangheta calabrese, come risulta dall’inchiesta “Chimera”; per contro, i fabbricati sequestrati ai Torcasio sono quelli che i vari affiliati indicavano con il nome di “il fortino”, in ragione, evidentemente, delle blindature poste a difesa delle abitazioni e dei notevoli impianti di videosorveglianza installati.

R.V.

 

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