Lamezia, operazione Crisalide: chiuse indagini per 64, ci sono anche ex consiglieri Ruberto e Paladino

conf1-05232017-143431.jpg

Lamezia Terme – Si apre un altro capitolo dell’inchiesta chiamata “Crisalide” che aveva portato prima a 52 fermi, considerati affiliati alla cosca 'ndranghetista "Cerra – Torcasio - Gualtieri" attiva nella piana di Lamezia, e in un secondo momento all’arresto di altre sette persone, ritenute coinvolte.

La Procura distrettuale, infatti, ha chiuso le indagini per 64 persone, tra le quali compaiono anche i nomi degli ex consiglieri comunali Pasqualino Ruberto e Giuseppe Paladino, nonché il padre di quest’ultimo, Giovanni.

Le persone fermate nel maggio scorso erano state ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, traffico illecito di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi ed esplosivi, estorsione, danneggiamento aggravato, rapina. Accuse che vanno a confermarsi nell’avviso di conclusione indagini emesso a mesi di distanza.

A fare scalpore allora, fu principalmente il coinvolgimento, in qualità di indagati (non furono colpiti da alcuna misura cautelare ma furono raggiunti da un avviso di garanzia), dell’ex vicepresidente del consiglio comunale lametino Giuseppe Paladino, di suo padre Giovanni e di Pasqualino Ruberto, ex consigliere comunale, già dimissionario dopo l’inchiesta “Robin Hood” che lo aveva visto coinvolto poco tempo prima. Proprio a loro veniva contestato il coinvolgimento nell’inchiesta per l’ipotesi di scambio politico-mafioso alle elezioni amministrative 2015 con il coinvolgimento della cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri”.

Ora a Pasqualino Ruberto e a Giuseppe e Giovanni Paladino, viene contestato dalla Procura di aver assunto “[…] il ruolo di concorrenti esterni dell’associazione criminale di stampo ‘ndranghetistico denominata cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, in quanto, pur non potendosi ritenere inseriti stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio, fornivano tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo di natura materiale e/o morale, avente una effettiva rilevanza causale nella conservazione o nel rafforzamento delle capacità operative dell’associazione, contributo rilevante e agevolativo per la concreta realizzazione, del fatto criminoso collettivo, comunque, diretto alla realizzazione, anche parziale, del proposito criminoso della medesima, promettendo di porsi a disposizione della cosca suddetta per il perseguimento dei suoi fini criminosi e per il rafforzamento della stessa mediante il coadiuvamento nella realizzazione del suo programma associativo”.

La Procura fa riferimento in particolare, alla campagna elettorale del 2015 e specifica come i tre, secondo le indagini: “[…] si proponevano quali politici e professionisti di riferimento della cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri”, in quando, nell’ambito di un legame privilegiato con taluni esponenti di rilievo della cosca in esame” e in particolare avrebbe consentito così “di infiltrarsi all’interno del civico consesso di Lamezia Terme”. Per quanto riguarda Giovanni Paladino, gli inquirenti scrivono che il figlio Giuseppe Paladino “[…] otteneva sostegno elettorale dall’organizzazione criminale, soprattutto grazie all'intercessione del padre dottore Paladino Giovanni presso la cosca Cerra- Torcasio-Gualtieri, alla quale quest’ultimo risultava contiguo sin dai primi anni ’90 […] epoca in cui Paladino Giovani ricopriva la carica di consigliere comunale, nel civico consesso di Lamezia Terme, successivamente sciolto per infiltrazioni mafiose”. 

L'operazione, denominata "Crisalide", aveva preso origine da un’indagine del Nucleo Investigativo di Catanzaro e della Compagnia di Lamezia Terme, ha permesso di documentare l’operatività della cosca dedita ad un controllo asfissiante del territorio mediante attività estorsive e danneggiamenti ai danni di imprenditori e commercianti ed allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Erano state ricostruite le intimidazioni che avevano interessato diverse attività commerciali a Lamezia, e tante erano state le intercettazioni: una in particolare, emersa nel corso della conferenza stampa, era stata commentata dal procuratore Giovanni Bombardieri, che aveva sottolineato la volontà della cosca di “creare un clima di paura, di terrore e di controllo del territorio”.

In quell’occasione si fece riferimento ad una frase specifica, “Bloccali tutti che... facciamo Falcone e Borsellino a Lamezia” che delineava, secondo gli inquirenti, il clima e le intenzioni della cosca. “È un’indagine completa – aveva commentato Bombardieri – che fotografa l’attività di ‘ndrangheta in tutta la sua interezza. La cosca – inoltre - aveva dato appoggio anche a politici locali per le ultime elezioni comunali”. Proprio questo aspetto era uno dei filoni dell’inchiesta posto sotto la lente di ingrandimento da parte della magistratura e che ha portato poi ad uno scossone anche all’interno della stessa amministrazione comunale.

Nello stesso dossier presentato per lo scioglimento del consiglio comunale di Lamezia, ci sarebbero proprio i nomi degli ex consiglieri comunali Ruberto e Paladino, coinvolti in questa inchiesta della Dda e per i quali la scorsa settimana il Viminale, così per l’ex sindaco Paolo Mascaro, ha chiesto l’incandidabilità.

Secondo le accuse, infatti, tra i promotori della campagna elettorale a favore dei due candidati, Paladino e Ruberto, ci sarebbe stato Antonio Miceli, considerato il “reggente” della cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, avendo sposato la nipote di Teresa Cerra, Teresa Torcasio, nonché figlia di Giovanni Torcasio (classe 60). Proprio in una intercettazione ambientale captata all’interno dell’auto di Miceli, lui, insieme alla moglie e alla cognata, commenta un articolo che faceva riferimento alla campagna elettorale delle scorse amministrative: “[…] sono tutti candidati appoggiati dalla mafia e che questo sindaco durerà poco in quanto il comune sarà sciolto per mafia”.

Dopo la notifica dell'avviso di conclusione indagini, gli indagati avranno 20 giorni di tempo per chiedere alla Procura di essere sentiti o depositare memoria difensiva. Allo scadere del termine la Procura potrà chiedere il rinvio a giudizio o, al contrario, avanzare al Gip richiesta di archiviazione.

I nomi degli indagati:

  • Antonio Miceli,
  • Nicola Gultieri inteso "Nicolino",
  • Giuseppe Grande "U pruppo",
  • Vincenzo Grande,
  • Daniele Grande,
  • Teresa Torcasio,
  • Antonio Domenicano,
  • Mattia Mancuso,
  • Danilo Fiumara,
  • Luca Salvatore Torchia,
  • Ottavio Muscimarro,
  • Paolo Strangis,
  • Rosario Muraca,
  • Domenico De Rito inteso "Tutu'",
  • Alessio Morrison Gagliardi,
  • Emmanuel Fiorino,
  • Fortunato Mercuri,
  • Carloalberto Gigliotti,
  • Vincenzo Brizzi,
  • Michele Grillo,
  • Alessandro Gualtieri,
  • Claudio Vescio inteso "caio",
  • Vincenzo Strangis,
  • Alex Morelli detto "ciba",
  • Antonio Torcasio detto "pallella",
  • Davide Cosentino,
  • Ivan Di Cello detto "Ivanuzzu",
  • Alfonso Calfa detto "paparacchiu",
  • Pino Esposito,
  • Smeraldo Davoli,
  • Antonio Perri detto "Totò,
  • Antonio Muoio,
  • Giuseppe De Fazio,
  • Antonio Mazza,
  • Pasquale Caligiuri,
  • Antonio Saladino detto "birricella",
  • Antonio Franceschi,
  • Rosario Franceschi,
  • Massimo Gualtieri,
  • Vincenzo Catanzaro,
  • Francesca Antonia De Biase;
  • Giuseppe Costanzo,
  • Antonio Gullo,
  • Guglielmo Mastroianni,
  • Antonio Paola "satabanca",
  • Antonello Amato,
  • Daniele Amato,
  • Flavio Bevilacqua,
  • Salvatore Francesco Mazzotta,
  • Concetto Pasquale Franceschi,
  • Saverio Torcasio, cl. 75
  • Maurizio Caruso,
  • Saverio Torcasio, inteso “geometra” cl.86
  • Francesco Gigliotti,
  • Davide Belville,
  • Antonio Stella,
  • Marco Cosimo Passalacqua,
  • Luigi Vincenzini,
  • Piero De Sarro,
  • Salvatore Fiorino,
  • Luca Torcasio, inteso “u cultellaro”,
  • Pasqualino Ruberto,
  • Giuseppe Paladino,
  • Giovanni Vincenzo Paladino. 

C.S.

© RIPRODUZIONE RISERVATA