Lamezia, processo Chimera: il collaboratore Luciano Arzente racconta lo spaccio di droga

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Lamezia Terme - Le dinamiche dello spaccio di droga a Capizzaglie, in particolare di marijuana, sono state descritte dal collaboratore di giustizia Luciano Arzente, collegato in video conferenza e chiamato a testimoniare nell’ambito del processo Chimera nell’aula Garofalo del Tribunale lametino davanti al Presidente Carè e, a latere, i giudici Aragona e Martire. Il 28enne, che dice di aver fatto parte dell’organizzazione criminale “Cerra-Torcasio-Gualtieri” dal 2009 al 2011, racconta i suoi inizi nell’ambiente criminale fino alla decisione di diventare collaboratore. Oltre allo spaccio Arzente, rispondendo alle domande del pm Elio Romano, riferisce anche sugli atti intimidatori a scopo estorsivo compiuti dalla cosca: “Io non sono ‘proprio’ un associato”, ripete più volte durante l’udienza. “Io facevo parte del gruppo” specifica all’avvocato Veneziano durante il controesame, gruppo inteso come “ragazzi”, “quelli dell’associazione - spiega Arzente - sono quelli che si siedono al tavolo, io, invece, facevo solo parte di un gruppo di ragazzi”. Arzente ha raccontato anche dei messaggi che uscivano dal carcere per tramite, dice “delle donne” che mandavano le “imbasciate all’esterno”.

Il collaboratore dichiara di non aver avuto rapporti diretti con i vertici della cosca. In merito agli imputati in questo procedimento cioè Cesare Gualtieri, Peppino Festante, Lucia Vaccaro, Massimo Crapella e Giancarlo Puzzo ha affermato che era a conoscenza, per come riferitogli da altri che, in particolare alcuni di loro, facevano parte della cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri”. Sul punto la difesa di Gualtieri e Festante, rappresentata dagli avvocati Canzoniere e Veneziano, richiede di ascoltare Nicolino Gualtieri in quanto “nominato come fonte della sua conoscenza”. Il collaboratore ritorna poi, sullo spaccio di marijuana: Arzente afferma di averne fatto uso personale e di averla acquistata a prezzi più vantaggiosi “200 euro per 50 grammi” in quanto faceva parte del ‘gruppo di ragazzi’. Solo a volte gli capitava, dice “di venderne qualche grammo, ad alcuni amici, a un prezzo più elevato”.

Arzente rivela, infine, il motivo della sua collaborazione: “per l’incolumità della mia famiglia e perché dopo la morte del ‘Carrà’, che per me era come un fratello, mi s’è spento il mondo”. Il pubblico ministero Elio Romano ha chiesto, nel corso dell’udienza, l’acquisizione della sentenza del giudice relativa a Luciano Arzente e il dispositivo di appello del processo Chimera. Il processo è stato poi rinviato al 3 novembre con l’esame del testimone di giustizia Mercatante.

R.V.

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