Lamezia, processo Chimera: testimone parla di come avvenivano colloqui carcerari

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Lamezia Terme - Nell'ultima udienza del processo Chimera, il collegio giudicante (Presidente Caré e, a latere, i giudici Aragona e Martire), aveva nominato il nuovo perito per valutare le condizioni di salute di Cesare Gualtieri, il professor Giulio Di Mizio dell’università Magna Grecia di Catanzaro. Nell’udienza odierna il perito ha assunto l’incarico per valutare se le condizioni di salute dell’imputato si siano aggravate e se siano, quindi, compatibili con la misura carceraria. Il perito ha stabilito l’inizio delle operazioni peritali per il 19 febbraio (che dureranno circa una settimana) presso la casa circondariale di Siano. Intanto, la difesa, ha nominato anche un consulente di parte nella persona del dottor Rosario Pugliano.

Oggi, inoltre, è stato sentito solo uno dei tre testimoni chiamati dalla difesa, in particolare sulla posizione di Cesare Gualtieri. Il testimone, Massimo Carnevale, commissario di polizia penitenziaria, ha risposto alle domande dell’avvocato Veneziano e del Pm Romano in merito ai colloqui carcerari con i familiari avvenuti principalmente durante la detenzione di Gualtieri a Lamezia. "A Lamezia - spiega - c'erano sette postazioni". “I controlli venivano fatti - precisa - in modo manuale non avendo metal detector, sia all’ingresso che al termine del colloquio”. “Sa se all’interno del carcere si producevano braccialetti?” chiede il legale in merito ad una questione emersa durante il processo sulla consegna di un braccialetto fatto a mano. “Può essere - risponde - anche nel carcere di Lamezia venivano fatti alcuni lavoretti per impegnare i detenuti”. Conclude sostenendo che “tecnicamente non è possibile nessuna consegna”. Nella prossima udienza, fissata per il 20 febbraio, dopo la testimonianza degli ultimi due testi rimasti, il Pm farà la sua requisitoria per i cinque imputati che hanno scelto il rito ordinario: Cesare Gualtieri, Peppino Festante, Lucia Vaccaro, Massimo Crapella e Giancarlo Puzzo.

R.V.

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