Lamezia Terme – Sono cominciate le discussioni dei difensori nell’ambito del processo scaturito dall’operazione “Dioniso” contro la cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri. Nella scorsa udienza, c’erano state le formulazioni delle richieste di condanna da parte del pubblico ministero Elio Romano: pene pesanti quelle richieste dal magistrato della Dda, con richieste che andavano dai 4 ai 20 anni di reclusione per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato.
Oggi, in aula al Tribunale di Catanzaro, il pm Romano ha discusso per la posizione di Giuseppe Dattilo, stralciato nella scorsa udienza, chiedendo per lui la condanna a 12 anni di reclusione. Per quanto riguarda i difensori, hanno fatto la loro arringa l’avvocato Arcadipane, per la posizione di Eljon Hoxhaj, e l’avvocato Antonio Larussa per Nino Cerra, Pasquale Torcasio e Pasquale Carnovale. L’avvocato si è concentrato sulle dichiarazioni dei collaboratori, insistendo sulla loro “credibilità e mancanza di riscontri" e sostenendo che alcune dichiarazioni riguardano "vicende antecedenti al capo d'imputazione che riguarda un fatto associativo che parte dal novembre 2012". Le discussioni dei difensori continueranno nella prossima udienza fissata a marzo.
L’operazione Dioniso ha riguardato quasi cinquanta persone, ritenute vicine alla cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, che avrebbe controllato lo spaccio di marijuana, cocaina ed eroina in tre diverse piazze lametine. Per gli imputati le accuse spaziano dall’associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti con l’aggravante delle modalità mafiose. La cosca, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto appoggi su Lamezia ma anche con famiglie della cosca jonica reggina per la cocaina, per la marijuana i contatti sarebbero stati in Puglia e in Albania. Le indagini, portate avanti dal Nucleo Investigativo di Catanzaro e della Compagnia di Lamezia Terme sono state coordinate dalla Dda di Catanzaro.
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