Lamezia, processo "Medusa": Cassazione assolve definitivamente Roberto Gidari

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Lamezia Terme - Dopo sei anni finisce la vicenda giudiziaria che ha coinvolto Roberto Gidari, appuntato scelto dei Carabinieri in servizio presso la Caserma di Lamezia Terme, nell'ambito della più vasta operazione "Medusa" che portò all'arresto di numerosi esponenti della criminalità organizzata lametina, ma anche di professionisti ed appartenenti alle Forze dell'Ordine, tra cui proprio Roberto Gidari. Tratto in arresto perché ritenuto responsabile del reato di concorso esterno in associazione mafiosa e di plurimi episodi di rivelazione di segreto di ufficio, nei confronti di Roberto Gidari, intervenne un decreto di archiviazione per alcuni dei delitti di segreti di ufficio in un primo tempo ipotizzati, ma anche una pesante condanna in primo grado, definito con il giudizio abbreviato, per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e di un episodio di rivelazione di segreto. Nel giudizio di appello la condanna fu ribaltata, ed Gidari venne assolto, per insussistenza del fatto, dal più grave delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre per il reato di rivelazione di segreto di ufficio, vi fu una condanna ad un anno e due mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, escludendo, però che il fatto fosse posto in essere a favore di un'associazione mafiosa.

Per tale ragione, la Procura Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro, impugnò la sentenza, limitatamente all'esclusione dell'aggravante mafiosa per il delitto di rivelazione di segreto, mentre nessuna impugnazione fu fatta per l'assoluzione del più grave reato di concorso esterno in associazione mafiosa l'assoluzione, ritenuto, appunto, insussistente. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del Procuratore Generale, annullò la sentenza che aveva escluso che Gidari avesse rivelato un segreto a favore di un sodalizio mafioso, rinviando ad altra sezione della Corte di Appello per nuova valutazione. La Corte di Appello, quale giudice del rinvio, conferma, però, l'esclusione dell'aggravante mafiosa, ritenendo che la rivelazione non avesse in alcun modo come destinatario alcun sodalizio mafioso. Da qui un nuovo ricorso in Cassazione da parte del Procuratore Generale da cui è scaturito un nuovo giudizio di legittimità conclusosi con la celebrazione dell'udienza nella data del 22 febbraio. In questa sede il Procuratore Generale della Cassazione aveva chiesto un nuovo annullamento della sentenza della Corte di Appello, sostenendo che Gidari avesse agito al fine di favorire un sodalizio mafioso, mentre la difesa, rappresentata dall' avvocato Francesco Gambardella, ha chiesto che il ricorso venisse dichiarato inammissibile.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'accusa, così ponendo definitivamente fine alla tortuosa vicenda giudiziaria. È stato quindi definitivamente escluso che il carabiniere avesse mai avuto a che fare con la mafia o avesse in qualche modo agevolato il raggiungimento di fini mafiosi. "Sicuramente, adesso, - si legge in una nota - vi sarà un problema di riparazione per l'ingiusta detenzione subita, visto che Roberto Gidari è stato ristretto, a questo punto ingiustamente, per quasi tre anni, di cui oltre due nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere".        

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