Lamezia: Processo Perseo, in aula si discute di estorsioni e intimidazioni

 

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Lamezia Terme - I resoconti e le ricostruzioni delle indagini e delle attività svolte negli anni sono state al centro dell'udienza di oggi del processo Perseo nelle dichiarazioni dei quattro testi convocati dal pubblico ministero Elio Romano davanti al collegio presieduto dal giudice Fontanazza e a latere dai giudici Aragona e Monetti.

Sulle estorsioni si è concentrato l'ispettore Rotundo della squadra mobile che ha svolto indagini approfondite sulla cosca Giampá dal 2010. L'ispettore, che ha seguito in prima linea sia l'operazione Medusa che Perseo, ha precisato l'importanza degli elementi rilevati durante le indagini, che le dichiarazioni dei collaboratori hanno poi confermato. Per la mole di lavoro che è scaturita in Perseo, Rotundo, durante l'udienza si è concentrato su determinate estorsioni e ha fatto riferimento a due segnalazioni di denuncia sporta dal titolare del negozio di sport Cortese per due rinvenimenti, uno del del 2006 e un altro nell'ottobre del 2011: nel primo caso di trattava di alcuni fiammiferi trovati inseriti nella serratura del negozio, mentre nel secondo caso si trattava di una bottiglia incendiaria, che, come ha spiegato lo stesso Rotundo, fu ritrovata anche in altre due negozi lametini. L'ispettore ha spiegato come dalle denunce si procedesse poi alla verifica con le indagini per accertare le responsabilità, che in qualche caso furono attribuite da alcuni collaboratori ascoltati successivamente.  L'ispettore della mobile ha poi raccontato anche di un episodio riguardante il primo degli affiliati alla collaboratore di giustizia: il fatto riguardava le intimidazioni alle quali erano costretti i suoi familiari, da parte di alcuni appartenenti alla cosca, per dissuaderlo a continuare la collaborazione, costringendolo poi a trasferirsi.

Il maresciallo capo del nucleo operativo dei Carabinieri di Lamezia Frangella e il maresciallo Bandecchi si sono concentrati sulle intercettazioni mentre il maresciallo Landi ha spiegato come la sua attività si sia concentrata sulla raccolta dati dei presunti appartenenti alla cosca e in particolare sulla posizione di Andrea Crapella, su cui ha insistito il Pubblico Ministero. Crapella è considerato dalla pubblica accusa uno degli spacciatori affiliati ai Giampá, perché la sua posizione interna emerge dalle dichiarazioni dei collaboratori. In merito a questo, si è discusso, durante il controesame del teste, della attendibilità delle dichiarazioni di uno dei collaboratori, Guglielmo Capo, che avrebbe tirato in ballo Crapella nell'omicidio di Federico Gualtieri, fatto poi non confermato dalle indagini.

Dopo le conclusioni di tutti i teste (compreso il maresciallo Collia che però non ha potuto procedere perché non presente nella lista testimoni presentata dal Pm Romano), uno dei 21 imputati, Eric Voci, ha chiesto di intervenire per scusarsi con la Corte per aver violato i domiciliari, chiedendo, inoltre, che gli fosse sostituita la misura. Il collegio, che su questa istanza si pronuncerà a giorni, ha deciso intanto la calendarizzazione delle udienze fino al prossimo marzo, quando, come spiegato dal presidente Fontanazza, è prevista la sentenza. Se così sarà, arriverà un anno dopo l'inizio di questo importante processo contro alcuni degli affiliati alla cosca lametina. Il 25 settembre sfileranno, intanto, gli ultimi testimoni della pubblica accusa, per passare poi ai collaboratori di giustizia.

C. S.

 

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