Lamezia, se il racket torna a colpire

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Lamezia Terme - Sono otto - ad oggi - oramai le intimidazioni nei confronti di attività imprenditoriali lametine. Segnali di un rigurgito della criminalità organizzata dopo una pausa, perché adesso si capisce che si trattava di una pausa e non di un sistema malavitoso che era stato estirpato dalle varie ordinanze che hanno destrutturato le cosche lametine. La lotta, efficace, contro le cosche lametine non è in discussione, ci mancherebbe. Il lavoro svolto dalle forze dell’ordine coordinate dalla DDA di Catanzaro, ha dato dei frutti che sono sotto gli occhi di tutti. E i processi dopo le varie ordinanze - da Medusa a Medea, a Perseo ad altre – hanno confermato gli impianti probatori.

Chi sono dunque gli autori di queste intimidazioni e da dove provengono? “Bassa manovalanza” li ha definiti un autorevole esponente delle forze dell’ordine. Ma da dove proviene questa “bassa manovalanza”? “Da figure marginali che agivano nelle cosche, da personaggi che ritengono di poter ricreare le situazioni di prima”.

Ma ne hanno la capacità e la potenza? “Assolutamente no” rispondono le forze investigative, magistrati e poliziotti e carabinieri, perché anche se “bassa manovalanza”, questi malavitosi sono sotto sorveglianza, “continuamente monitorati”.

Il problema comunque non però solo di ordine pubblico. C’è anche un altro aspetto, profondo, da considerare: quello della paura. Tempo prima - in alcuni, troppi casi - forze dell’ordine e magistrati hanno dovuto fare una pressione notevole per convincere imprenditori e commercianti di qualsiasi livello a denunciare le richieste di pizzo e le intimidazioni. Anche di fronte a verbali, confessioni, registrazioni, video, continuavano a negare. E a scusarsi. Con un’unica frase: “Abbiamo paura”. Poi i successi degli investigatori avevano aperto una breccia. Una breccia che bisognava sostenere sino a farla diventare una valanga di denunce.

Il rapporto di sudditanza tra imprenditoria vessata e crimine organizzato si sostiene su un equilibrio preciso: se avanza lo Stato con gli arresti, i processi, le ordinanze, maggiori sono le denunce contro il pizzo; se lo Stato si ferma o rivolge altrove le sue inchieste, diminuiscono le denunce e si riaffaccia la mano pesante del crimine. L’imprenditoria ha bisogno di sostegno continuo. Le otto intimidazioni - ad oggi – mandano un segnale efficace. “Mettiti a posto” dicono i pizzini trovati sui luoghi delle intimidazioni. E se non ci saranno subito le contromisure, i bersagli si metteranno a posto, cioè pagheranno. Perché torneranno a sentirsi soli e non protetti. E tutto tornerà formalmente normale, quella normalità in cui ha vissuto Lamezia per tantissimi anni. Hanno fatto bene alcune forze politiche a chiedere un Consiglio comunale straordinario. Una richiesta che doveva partire per prima dal Sindaco e dalla sua giunta.

b.not.

L’elenco delle intimidazioni:

24 gennaio 2016 - Atti intimidatorio in via Virgilio, negozio “Container” degli imprenditori Gaetano, tre cartucce fucile calibro 12, biglietto “mettiti a posto”; e all'Aci di via Ticino, ;

26 gennaio 2016 – Atto intimidatorio in via Piave al supermercato “Conad”, due cartucce fucile calibro 12, biglietto “mettiti a posto”;

28 gennaio 2016 – Atti intimidatori ad un Bar e ad un'Agenzia di Poste Private a Piazza Mazzini, due cartucce fucile calibro 12, biglietto “mettiti a posto”;

1 febbraio 2016 – Atto intimidatorio al Cantiere Palazzetto dello Sport in via del Progresso – ditta “Cofer” – bomba artigianale;

2 febbraio 2016 - Incendio “vela” pubblicitaria in via dei Giardini;

2 febbraio 2016 – Atto intimidatorio alla “Vitale Sud” di via del progresso, bomba artigianale.

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