Lamezia, usura: condannati imprenditore e commercialista

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Lamezia Terme - Si chiude con la condanna per l'imprenditore Giuliano Caruso e il commercialista Gianfranco Antonello Muraca il processo scaturito dalle indagini, iniziate circa 3 anni, dalla procura di Lamezia Terme e dalla Guardia di finanza.

Dalle indagini, condotte dal Gruppo di Lamezia Terme della Guardia di finanza guidato dal tenente colonnello Fabio Bianco, sarebbe emerso un complicato sistema illecito di prestito usurario, al quale avrebbero tentato di dare parvenze legali. Caruso e Muraca (assistiti dai legali Francesco Gambardella e Antonio Larussa), ai quali sono state concesse le attenuanti generiche, sono stati condannati rispettivamente alla pena di 2 anni 8 mesi di reclusione e 1 anno e 4 mesi oltre a 6mila euro di multa per Caruso e 3.300 euro per Muraca. Sono stati inoltre condannati in solido tra loro al risarcimento della parte civile (rappresentata dall'avvocato Michele Gigliotti) da liquidarsi in separata sede con riconoscimento di una provvisionale di 50.000 euro e rimborso delle spese relative alla costituzione stabilite in 2.880 euro. Il Giudice Rossella Prignani ha disposto inoltre la confisca di quanto era stato posto sotto sequestro per un valore di 110.000 euro.

Secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti prima e dal pm Marta Agostini, l'imprenditore che avrebbe subito l'usura, in un momento di difficoltà finanziaria della sua azienda, sarebbe stato costretto a sottoscrivere un contratto di associazione in partecipazione, regolarmente registrato, con il quale accettava l'apporto di capitali erogati per 250 mila euro che avrebbe dovuto restituire mediante il versamento di rate mensili con interessi pari al 23%. Tale strumento, secondo l'accusa, avrebbe voluto celare quella che sarebbe stata una vera e propria “pattuizione usuraria”. L'associazione in partecipazione è un contratto di scambio con il quale l'associato apporta un finanziamento all'impresa e come contropartita partecipa agli utili della stessa. Nel contratto stipulato tra gli indagati e l’imprenditore, secondo quanto emerso dalle indagini, la clausola derivante sarebbe stata quella che prevedeva, a fronte del finanziamento, un "reddito minimo garantito" annuo di 69 mila euro per sei anni, mediante rate di 5.750 euro al mese, e, al termine di tale periodo, la restituzione dell'intero capitale.

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