Le mani della ‘ndrangheta in Trentino: arresti e sequestri anche a Reggio

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Reggio Calabria - È in corso dalle prime ore di questa mattina un’operazione della Polizia di Stato e dei Carabinieri del R.O.S. di Trento e Reggio, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, finalizzata all’esecuzione di 5 fermi di indiziato di delitto emessi nei confronti di elementi di vertice, luogotenenti e affiliati alla potente cosca della ‘ndrangheta Serraino operante nella città di Reggio Calabria e nel Trentino Alto Adige. Sono ritenuti tutti responsabili di associazione mafiosa. Gli investigatori del R.O.S. e della Squadra Mobile reggina stanno eseguendo anche numerose perquisizioni e il sequestro di un esercizio commerciale.

Contestualmente è in corso - in coordinamento investigativo - una corrispondente operazione, coordinata dalla DDA di Trento nell’ambito di un'indagine che ha consentito al R.O.S  di accertare l’esistenza e l’operatività di una Locale di ‘ndrangheta con influenza sull’intera provincia di Trento, quale proiezione della omonima struttura criminale operante a Cardeto e oggetto dell’operazione in svolgimento a Reggio Calabria. I particolari dell’operazione – denominata “Pedigree 2” - saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà nella sala conferenze della Questura di Reggio, alla presenza del Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, del Questore Bruno Megale e dei rappresentanti dei Reparti e Uffici operanti.

Nell'ambito dell'operazione "Perfido", inoltre, i carabinieri del R.o.s. e dei comandi provinciali di Trento, Roma e Reggio hanno dato esecuzione a una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal tribunale di Trento, su richiesta della procura, a carico di 19 persone indagate a vario titolo, tra gli altri, per i delitti di associazione mafiosa in quanto appartenenti alla ‘ndrangheta. Il risultato costituisce esito di una articolata attività investigativa condotta dal R.o.s. che ha accertato esistenza e operatività di una locale di ‘ndrangheta nella provincia di Trento.

indagati ex deputato e due amministratori locali

Ci sono anche tre politici trentini nell'indagine "Perfido" condotta dai carabinieri del Ros e coordinata dalla Procura di Reggio Calabria e di Trento, relativa alla presenza della 'Ndrangheta in Trentino. Nel registro degli indagati compare il nome dell'ex parlamentare autonomista Mauro Ottobre, politico arcense che nel 2018 si era candidato a presidente della Provincia (mancando però l'elezione) con il movimento Autonomia dinamica. Secondo gli inquirenti, Ottobre avrebbe accettato da Innocenzio Macheda, ritenuto il capo della cellula locale di 'Ndrangheta, e da Demetrio Costantino, la promessa di procurargli voti in cambio di altre utilità. Nel mirino degli investigatori è finito in particolare un incontro, avvenuto nell'ottobre del 2018, tra Ottobre e Macheda, al centro commerciale Cavalli di Civezzano. Macheda, sostengono gli inquirenti, avrebbe poi confermato al suo interlocutore l'impegno suo e dei suoi sodali nella raccolta di voti. Medesime accuse - ancora tutte da dimostrare - anche per l'ex sindaco di Frassilongo Bruno Groff, che sempre all'epoca delle elezioni provinciali 2018 si era mosso con altri sindaci civici per formare uno schieramento di centro, progetto che però poi naufragò. In quel caso oltre a Macheda e Costantino - sostengono ancora gli inquirenti - si sarebbe mosso anche l'imprenditore Domenico Morello, organizzando una cena, a settembre, in un locale di Frassilongo.

Alla cena avrebbero preso parte anche altri componenti dell'associazione culturale calabrese Magna Grecia, tra i quali Giuseppe Paviglianiti (presidente dell'associazione) e Vincenzo Vozzo, entrambi agli arresti domiciliari. Secondo gli inquirenti, Morello si sarebbe messo disposizione del politico, manifestando l'intenzione di inserire soggetti giovani della compagine calabrese nella politica locale. Il terzo politico indagato, Roberto Dalmonego eletto sindaco di Lona Lases nel 2018, sempre secondo la Procura avrebbe accettato la promessa di voti da parte dell'imprenditore del porfido Pietro Battaglia, il quale poi peraltro è diventato consigliere comunale. Insieme a Battaglia, per il reato di scambio elettorale politico mafioso, sono indagati anche il fratello Giuseppe Battaglia, l'imprenditore Mario Nania e Arafat Mustafà. Secondo gli inquirenti emergerebbe anche la volontà del neo consigliere di approfittare della sua situazione, in particolare per ottenere il cambio di destinazione d'uso per la costruzione dell'abitazione per i figli.

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