Migranti sbarcati a Reggio con 45 vittime, fermati presunti scafisti

sbarco-reggio-scafisti.jpg

Reggio Calabria - Due uomini ritenuti gli scafisti dell'imbarcazione carica di migranti naufragata nel canale di Sicilia provocando la morte di almeno 45 persone - tra le quali 3 bambini - sono stati sottoposti a fermo dalla Polizia di Stato dopo lo sbarco dei superstiti avvenuto ieri. I due sono stati individuati dalla squadra mobile con l'ausilio della scientifica. L'individuazione dei due presunti scafisti è giunta dopo che ieri, nel porto di Reggio Calabria, è arrivata la nave militare "Vega" con a bordo 629 migranti supersiti del naufragio ed i 45 corpi recuperati in mare al largo della Libia. Le vittime sono 36 donne, sei uomini e tre bimbi con età compresa da sei mesi a due anni. Tra i sopravvissuti ci sono 419 uomini, 138 donne e 72 minori di varia nazionalità (Pakistan, Libia, Senegal Eritrea, Nigeria, Siria, Marocco e Somalia). I due presunti scafisti sono accusati anche di naufragio. "Per la prima volta - ha spiegato il procuratore aggiunto Gaetano Paci incontrando i giornalisti - abbiamo ritenuto di contestare, salvo diversa valutazione che farà il Giudice della cautela, anche il delitto di naufragio in considerazione delle particolari modalità a seguito delle quali l'imbarcazione si è capovolta".

I due sono Azridah Abdelfatah, di 34 anni, marocchino, e Torki Omar, di 30, siriano. Insieme a loro ci sarebbe stato un terzo scafista, un sudanese che, ha detto Paci, "sarebbe deceduto nel naufragio. Non sappiamo se questo scafista sia tra i corpi recuperati e giunti a Reggio o risulti disperso". I fermati sono accusati, oltre che di naufragio, anche di agevolazione all'immigrazione clandestina, di morte o ferite come conseguenza di altro delitto, e di associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina "resa evidente - ha spiegato Paci - dalle modalità dell'organizzazione del viaggio, che rimandano all'esistenza di una associazione a delinquere transnazionale che ha sede in Libia". "Alla loro individuazione - ha detto il questore Raffaele Grassi - si è giunti al termine di un intenso lavoro investigativo, iniziato sulla nave Vega e proseguito a terra con la squadra mobile e la polizia scientifica della Questura di Reggio". "Va detto - ha sostenuto ancora Paci - che in questo caso che le attività di indagine sono sub valenti rispetto alla straordinaria ed imponente attività di assistenza messa in campo per tutta la giornata di ieri di fronte all'ennesima tragedia del mare ma questo non ha impedito di mettere assieme gli elementi necessari per l'individuazione dei responsabili, iniziata già con l'osservazione in mare al momento del capovolgimento dell'imbarcazione e proseguita poi a terra con il lavoro rilevante condotto dagli uomini della Questura in tutte le sue articolazioni che ha portato, nella notte, ai provvedimenti.

I due già dalle prime impressioni sono apparsi nettamente diversi rispetto agli altri migranti. Diversi sia per nazionalità, che per costume e per gli atteggiamenti. Addosso a questi sono stati rinvenuti banconote di vario corso legale, un cellulare per le comunicazioni transnazionali, e soprattutto grazie alle deposizioni di molti migranti che ci hanno permesso di ricostruire quello che era accaduto nel corso dei tre giorni di viaggio". Il capo della squadra mobile Francesco Rattà si è invece soffermato sulla drammaticità delle dichiarazioni fatte dai migranti, "non solo in relazione al naufragio - ha detto - ma anche sulle condizioni disumane in cui si è svolto il viaggio, durato mesi sulle vie di terra, poi ammassati in centri di stazionamento in Libia e da lì imbarcati su natanti in legno, fatiscenti, affollati all'inverosimile. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA