'Ndrangheta, arrestati affiliati e fiancheggiatori boss Domenico Condello

carabinieri_r.o.s

Reggio Calabria, 13 marzo - L'hanno chiamato "Operazione Lancio" il bitz eseguito questa mattina all'alba dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria nei confronti di 18 persone che, stante all'accusa, sarebbero i fiancheggiatori del boss latitante Domenico Condello, cugino di Pasquale Condello detto 'Il supremo', arrestato nel febbraio 2008 dopo 11 anni di latitanza. Le accuse sono di associazione mafiosa, procurata inosservanza della pena, favoreggiamento ed intestazione fittizia di beni, aggravati dalle finalità mafiose. Al centro dell'indagine della Dda, il circuito di relazioni e di sostegno economico e logistico a Condello, latitante dal 1993 e condannato all'ergastolo, definito dagli investigatori di "massima pericolosità" e inserito nell'elenco dei ricercati più pericolosi d'Italia, e gli interessi economico-imprenditoriali della cosca. Tra le 18 persone arrestate doveva figurare anche il boss Condello, in realtà latitante.  Condello, tra l'altro, deve scontare una condanna dell'ergastolo. . L'operazione di oggi costituisce la prosecuzione dell'operazione 'Reggio-Nord', condotta dai carabinieri il 5 ottobre 2011, nel corso della quale furono individuati una parte degli interessi economici della cosca ed in particolare quelli relativi all'acquisizione del villaggio-discoteca 'Il Limoneto', una delle strutture turistiche più importanti dell'hinterland reggino, che secondo l'accusa sarebbe stato riconducibile allo stesso Condello anche se intestato a soggetti "puliti".

Tra gli arrestati spicca il ruolo delle donne

Tra gli arrestati nell'operazione odierna figurano otto familiari stretti del latitante Domenico Condello e sei donne. Tra gli altri sono state fermate la moglie e le due sorelle del boss, oltre agli zii. Le donne, secondo l'accusa, oltre ad avere favorito la latitanza di Condello avrebbero svolto un ruolo di primo piano nell'intestazione fittizia di beni che erano, di fatto, nella disponibilità del boss. Un contributo fondamentale allo sviluppo delle indagini è stato fornito dai carabinieri del Ris di Messina, che hanno eseguito una serie di accertamenti tecnici e di comparazioni su reperti biologici e su alcune lettere. Tra le prove a carico figurano anche diverse intercettazioni telefoniche in cui emergerebbe il ruolo chiave, nella latitanza di Condello, delle donne della famiglia. "Cara commare io me ne sto andando. Mi diceva l'amico qui che ogni tanto per un paio di giorni posso venire, e io l'ho ringraziato. Lascio qui tutto quello che mi avete mandato perché se torno mi può servire. Vi ringrazio di tutto". Così il boss latitante Domenico Condello, ritenuto il capo dell'omonima cosca dopo l'arresto del cugino Pasquale detto "il supremo", ringraziava per l'aiuto ricevuto durante la latitanza da Giuseppa Santa Cotroneo, una delle donne fermate oggi, suocera del fratello del latitante. Un particolare che secondo i carabinieri del Ros evidenzia il ruolo svolto dalle donne della famiglia nel garantire a Condello la libertà nonostante le ricerche delle forze dell'ordine. E di donne, infatti, i carabinieri oggi ne hanno fermate sei. Oltre a Giuseppa Cotroneo, i militari hanno bloccato le due sorelle del latitante, Caterina e Giuseppa, quest'ultima moglie di Antonino Imerti, boss dell'omonima cosca conosciuto come "nano feroce", e la moglie e la zia di Condello, Margherita Tegano e Maddalena Martino. La sesta donna, Mariangela Amato, è la proprietaria di un appartamento dal quale era stato realizzato l'allaccio elettrico ad un covo scoperto nel gennaio 2011 nel quale si era rifugiato il boss latitante. Nel covo sono anche state trovate delle medicine che i carabinieri hanno accertato essere stati prescritti alla suocera, che però non è indagata. Le donne, secondo l'accusa, avevano il compito di assistere, a vari livelli, la latitanza di Condello assicurandogli ospitalità e assistenza materiale, oltre all'intestazione fittizia di beni nella sua disponibilità. L'inchiesta della Dda, coordinata dai pm Giuseppe Lombardo e Rocco Cosentino, ha portato anche al fermo del padre, del fratello, dello zio e del nipote del boss, oltre ad alcuni fiancheggiatori. Tra gli indagati figurano anche altri, Antonino Imerti e Bruno Tegano, per i quali non è stato emesso il provvedimento di fermo essendo già detenuti.

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