'Ndrangheta stragista, boss Graviano: "Non sono mai stato in Calabria"

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Reggio Calabria  - Giuseppe Graviano, ex boss di Cosa nostra e capo mandamento del quartiere palermitano di Brancaccio, ha risposto oggi alle domande che gli sono state rivolte dal presidente della Corte d'assise di Reggio Calabria, Ornella Pastore, nel processo scaturito dall'operazione "'Ndrangheta stragista", coordinata dalla Dda reggina, in cui è imputato insieme al boss della 'ndrangheta Rocco Santo Filippone, esponente della cosca Piromalli. Graviano ha ripercorso il periodo della sua latitanza, iniziata subito dopo l'uccisione del padre Michele, il 7 gennaio del 1982, ad opera di Gaetano Grado, esponente dei "palermitani" che si opponevano all'espansione dei corleonesi con i quali, invece, i Graviano erano fedeli alleati. "Sono stato ospite - ha detto Graviano - per quasi otto anni delle famiglie tra Bagheria, Casteldaccia e Altavilla Milicia, e solo dal novembre del 1991 mi sono spostato al nord, nel milanese, a Omegna, dove sono stato catturato, e anche in Sardegna, continuando a tenere i contatti con la mia famiglia di origine. A Palermo, dal 1991, non ho fatto più ritorno fino al mio arresto". Alla domanda della presidente Pastore su come potesse mantenersi economicamente durante la latitanza, Giuseppe Graviano ha risposto di avere "avuto a disposizione i guadagni di attività pulite" attraverso l'intestazione fittizia di attività commerciali. L'ex boss, inoltre, ha detto di avere condiviso un periodo di detenzione con Gerolamo Molè, di Gioia Tauro, a Tolmezzo, nell'area di massima sicurezza, negando però di essere mai stato in Calabria. Gerolamo Molè, detto 'Mommino', è nipote del defunto boss Giuseppe Piromalli, fratello del più noto Gerolamo "Mommo" Piromalli, capo indiscusso della 'famiglia', anch'egli da tempo deceduto. Le cosche Piromalli e Molè sono state protagoniste in passato di una faida che ha provocato numerosi morti.

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