Omicidio Deodato: acquisite dichiarazioni Pasquale Giampà, slitta sentenza

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Catanzaro – Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pasquale Giampà “millelire” stanno diventando fondamentali per molti dei processi che riguardano fatti legati alla cosca Giampà. Il neo pentito, infatti, conosce particolari che potrebbero sciogliere i dubbi su molti dei delitti irrisolti degli ultimi 15 anni a Lamezia.

Come accaduto in settimana per altri procedimenti, anche nell’ambito del processo per l’omicidio di Antonio Deodato, che si sta celebrando davanti al Gup Pietro Carè al Tribunale di Catanzaro, è stata chiesta, dal pubblico ministero Elio Romano, l’acquisizione dei verbali delle dichiarazioni rese dal collaboratore che è, inoltre, imputato in questo processo insieme a Aldo Notarianni, Vincenzo Bonaddio, Maurizio Molinaro e Domenico Giampà, quest’ultimo reo confesso.

Deodato fu vittima di un agguato in una sala giochi in via Isonzo a Lamezia l’8 febbraio del 2005 e morì all’ospedale. A raccontare di questo omicidio, avvenuto dopo due settimane da quello di Francesco Zagami, furono diversi collaboratori di giustizia che spiegarono come la decisione di uccidere Deodato fu presa dalla cosiddetta “commissione” perché il giovane era cognato di Vincenzo Torcasio e nipote di Nino. Una vicinanza alla cosca avversaria a quella dei Giampà che gli costò la vita. I killer si presentarono nella sala giochi mascherati da Carnevale e non destarono sospetti visto il periodo di festa. Una volta lì dentro spararono e colpirono più volte il 27enne che morì solo dopo essere stato trasportato all’ospedale lametino.

Oggi ci sarebbe dovuta essere la sentenza di primo grado ma la richiesta dell’acquisizione dei verbali, accordata dal Gup Carè, ha fatto slittare la sentenza, probabilmente all’udienza del 22 giugno.

Ad undici anni dall’omicidio del 27enne, arriverà la sentenza. Il pubblico ministero aveva formulato le richieste di condanna, più di cento anni di carcere, per i cinque imputati rei di aver ordinato e partecipato all’omicidio di Antonio Deodato. La pubblica accusa ha chiesto 30 anni di carcere per Aldo Notarianni, Pasquale Giampà e Vincenzo Bonaddio, mentre 20 anni di reclusione sono stati chiesti per Maurizio Molinaro e Domenico Giampà, l’unico ad ammettere la sua partecipazione al delitto.

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