Operazione 'Metameria', 28 arresti per associazione mafiosa e estorsione nel Reggino - NOMI E VIDEO

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Reggio Calabria - Questa mattina, alle prime luci dell’alba, a Reggio Calabria, nonché nelle province di Cosenza, Milano, Varese, Como, Livorno, Firenze, Udine, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, nell’ambito dell’operazione denominata “Metameria”, hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale del capoluogo – sezione Gip – nei confronti di 28 persone, ritenute responsabili – in particolare – di associazione di tipo mafioso, estorsioni, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni e valori aggravato dall’agevolazione mafiosa .

Gli indagati 

Filippo Barreca, 65 anni

Antonino Labate, 44 anni

Francesco Labate, 41 anni

Luana Barreca nato, 40 anni

Domenico Calabrò, 64 anni

Filippo Palumbo, 70 anni

Pasquale Politi, 51 anni

Antonino Monorchio, 25 anni

Antonino Latella, detto “Nino”, 72 anni

Antonino Esposito, 62 anni

Giuseppe Leuzzo, 54 anni

Demetrio Gattuso, 64 anni

Francesco Aricò nato, 63 anni

Demetrio Condello, 42 anni,

Giandomenico Condello, 41 anni

Luigi Germanò, 47 anni,

Santo Germanò, 50 anni

Francesco Giustra, 43 anni,

Pizzimenti Nicola, 42 anni

Bruno Trapani, 64 anni,

Giovanni Trapani, 63 anni

Giovanbattista Fracapane, 34 anni

Giovanni Battista Foti, 43 anni

Marcello Bellini, 45 anni

Amato Salvatore Campolo, 34 anni

Carmine De Stefano, 53 anni

Antonio Libri, detto “Totò”, 38 anni

Donatello Canzonieri, 46 anni,

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Il provvedimento è l’esito di una complessa attività investigativa, avviata dal 2018 dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria, diretta dai Sostituti Procuratori Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Giovanni Calamita, che ha consentito di acclarare la radicata e attuale operatività di capi e gregari delle principali associazioni per delinquere di tipo mafioso operanti nel territorio del “mandamento” centro. In particolare, le indagini hanno avuto origine dalle evidenze investigative merse all’indomani dalla modifica della condizione detentiva, dal carcere ai domiciliari del capo ed organizzatore storico dell’articolazione territoriale di ‘ndrangheta, nota come cosca Barreca, operante nel quartiere Pellaro, Bocale ed aree limitrofe del quadrante sud di Reggio Calabria. Questi ritornato sul proprio territorio, forte della fama criminale e della capacità assoggettante derivante dal suo storico ruolo di capo del locale di Pellaro, ribadiva il suo ruolo di vertice della consorteria mafiosa assumendo la responsabilità e di coordinamento del gruppo per la finalizzazione delle attività illecite, curando anche i rapporti con gli imprenditori collusi, ordinando atti intimidatori e ritorsioni in danno di commercianti ed imprenditori inadempienti alle richieste estorsive, occupandosi del mantenimento degli appartenenti alla cosca in stato di detenzione, impartendo ordini e dando indicazioni operative agli altri associati sfruttando la solidale complicità ed il supporto logistico per eludere le prescrizioni connesse alla sua condizione di detenuto domiciliare, pianificando l’esecuzione, le esazioni e la distribuzione dei proventi estorsivi agli altri associati,  personalmente o delegando i relativi compiti ai sodali.

Nello specifico sono stati censiti rapporti di cointeressenza criminale della ‘ndrangheta di Pellaro con i rappresentati di vertice di tutte le maggiori articolazioni della ‘ndrangheta reggina quali i Labate e gli Arcoti Condello e De Stefano, oltre a quelli delle articolazioni di ‘ndrangheta di Santa Caterina e dei Ficara-Latella di Croce Valanidi. Rilevante, nella dinamica dei rapporti endomafiosi è il tracciato del profilo che è emersa appartenere ad un esponente dei De Stefano, il quale, faceva valere il proprio ruolo di capo dell’articolazione di ndrangheta territorialmente riferibile alla zona di Archi ma soprattutto apice di una struttura di livello più elevato rispetto alle altre articolazioni di ‘ndrangheta cittadine, sia nel suo intervento per “aggiustare” l’estorsione e quindi per mediare  tra i rappresentanti della cosca Barreca e le persone offese per la determinazione di importi, tempi e modalità di versamento delle somme di denaro. È in tale contesto che il narrato del collaboratore Maurizio De Carlo Maurizio si inserisce a confermare le evidenze investigative acquisite nell’ambito dell’attività di indagine.

Le investigazioni effettuate sono proseguite a seguito di ulteriore delega d’indagine emessa dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina. L’attività di indagine è consistita prevalentemente nel fornire riscontro alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Mario Gennaro, Vincenzo Cristiano e Roberto Lucibello, a cui si sono aggiunte quelle del collaboratore Mario Chindemi, Fabio e Francesco Berna, Giuseppe Stefano Tito Liuzzo e Roberto Moio.

Le investigazioni, originate dal suddetto quadro dichiarativo ed espletate mediante attività tecnica di intercettazione telefonica ed ambientale, hanno avuto ad oggetto l’accertamento dell’attuale assetto organizzativo e la perdurante operatività della potente articolazione della ‘ndrangheta di Archi, la cosca Condello. Più nello specifico, sono stati svolti mirati ed approfonditi accertamenti su alcuni dei settori economici cui la suddetta organizzazione criminale rivolge i propri interessi, garantiti anche dall’operato di taluni imprenditori, i quali hanno fornito un concreto ed essenziale contributo al rafforzamento ed accrescimento economico della cosca.  L’attento monitoraggio investigativo ha consentito peraltro di acquisire gravi indizi di colpevolezza comprovanti il reato di trasferimento fraudolento di valori, realizzato attraverso la fittizia intestazione di alcune aziende e/o rami d’azienda, governate in maniera occulta dalla cosca Condello. In particolare, è emersa la vicenda che riguarda l’alienazione del parco automezzi della Leonia S.p.A. in liquidazione, condizionato dagli interessi mafiosi della cosca Condello e De Stefano. È emerso inoltre il coinvolgimento di un altro imprenditore, operante nel settore turistico alberghiero nel comune di Scalea e zone limitrofe, i cui approfondimenti investigativi hanno permesso di disvelare duraturi e costanti rapporti economici – criminali con esponenti della cosca Condello.L’attività nel suo complesso ha consentito di porre sotto sequestro 8 imprese operanti nei settori dell’edilizia ed impianti elettrici, officine meccaniche per mezzi pesanti, pulizie, autospurgo, gestioni lidi e strutture ricettive, riparazione autoveicoli, i cui beni strumentali hanno un valore complessivo di circa 6 milioni di euro, oltre a un esponenziale impatto sulla libera economia. Ad esito dell’attività di esecuzione 25, dei 28 arrestati, sono stati destinatari della misura cautelare in carcere e 3 presso i rispettivi domicili, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Bombardieri: "Sfruttava visite ospedale per incontri altre 'ndrine"

"È emerso che la detenzione domiciliare non era sufficiente a tutelare la collettività dal pericolo di reati da parte di Filippo Barreca che dalla propria abitazione si è dimostrato in grado di governare la propria cosca, con direttive concrete e specifiche e relazioni con altre cosche. Era evidente che quella misura cautelare che doveva ritenersi adeguata per ragioni di salute è stata ritenuta, prima da noi con la richiesta e poi dal giudice con l'ordinanza, insufficiente a tutelarci". A dirlo il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa on-line per illustrare i dettagli dell'operazione "Metameria" condotta dai carabinieri con il coordinamento dei sostituti della Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Giovanni Calamita. Inchiesta nata dopo la concessione dei domiciliari e la scarcerazione di Filippo Barreca, boss della cosca operante nel quartiere di Pellaro e Bocale di Reggio Calabria. "È emblematica - ha aggiunto Bombardieri - la ricostruzione delle relazioni di Barreca con tutte le altre cosche dell'area cittadina con cui viene in contatto. Dall'inchiesta è emerso l'impegno del boss nel riorganizzare le file della propria cosca, rivendicando il territorio di sua competenza attraverso attività estorsive, il ricorso alla violenza e le indicazioni criminali fornite ai suoi sodali. Anche nel momento in cui Barreca si recava in ospedale per le cure, approfittava di quei momenti per organizzare degli incontri con i vertici delle altre cosche e interloquire sulle dinamiche criminali che lo hanno visto protagonista. Quello che è emerge è la sua volontà ferma e decisa di rivendicare il pizzo a tutte le attività che venivano a svolgersi nel territorio di sua ritenuta competenza. Nell'inchiesta sono emersi i rapporti con la cosca De Stefano, con la cosca Libri e con le cosche dell'area tirrenica". I filoni dell'inchiesta sono due. Uno è quello su Filippo Barreca e la riorganizzazione della sua cosca.

"L'altro filone - ha aggiunto Bombardieri - riguarda i vertici della cosca Condello e la riorganizzazione della famiglia mafiosa di Archi. La nostra attenzione è stata rivolta a Demetrio e Giandomenico Condello che sono stati tirati in causa da numerosi collaboratori. In particolare quest'indagine ha riguardato gli interessi economici della cosca Condello, le sue proiezioni in alcune aziende che si sono occupate anche della dismissione dei parco mezzi della Leonia". L'inchiesta "Metameria", quindi, ha fotografato quelli che Bombardieri ha definito "due spaccati criminali che trovavano un punto i collegamento anche nei rapporti della cosca Barreca con i Condello. Sono dinamiche criminali che riscontrano quanto è emerso già con le indagini 'Malefix' e 'Pedigree' sui rapporti tra le cosche di Reggio centro".

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