Operazione Crisalide contro cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri: "Si volevano imporre come antistato" - VIDEO

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Lamezia Terme - Volevano creare un clima di paura e di terrore colpendo attività commerciali ma anche associazioni attive nel sociale. “Crisalide”, l’operazione eseguita nella notte dai carabinieri e che ha portato al fermo di 52 persone ritenute affiliate alla cosca "Cerra-Torcasio-Gualtieri" ha azzerato una cosca presente sul territorio di Lamezia da tre generazioni. “Si volevano imporre come antistato a prescindere dal ritorno economico che ne potevano avere” afferma il comandante della compagnia di Lamezia Terme, Pietro Tribuzio che, nel corso della conferenza stampa nella quale sono stati spiegati i dettagli dell’operazione che ha anche dato battesimo alla nuova caserma di via Marconi, pone l'accento su un episodio intimidatorio in particolare, quello dell’incendio di alcuni terreni alla Progetto Sud di don Giacomo Panizza. In conferenza stampa, alla Procura di Catanzaro, il Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, il Procuratore aggiunto della Dda Giovanni Bombardieri, il generale Vincenzo Paticchio, comandante Legione carabinieri Calabria, il colonnello Marco Pecci, comandante provinciale dei carabinieri di Catanzaro, Alceo Greco comandante del Reparto operativo del Comando provinciale di Catanzaro, Fabio Vincelli Nucleo investigativo di Catanzaro e Pietro Tribuzio comandante della compagnia di Lamezia Terme.

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“Abbiamo fermato 52 delle nuove leve pertanto crediamo di aver azzerato questa famiglia” afferma il Procuratore Gratteri parlando della cosca di ‘ndrangheta Cerra-Torcasio-Gualtieri che mirava a controllare tutto il lametino data anche la sua presenza sul territorio da generazioni. Gratteri dopo i dovuti ringraziamenti manifesta la soddisfazione per questa indagine che tratta decine e decine di capi di imputazione, dall’associazione mafiosa alle estorsioni che avvenivano, aggiunge Gratteri “in modo sistematico”. “Con questo provvedimento di fermo abbiamo contestato e scoperto tutti i fatti reato” conclude Gratteri che, rivolgendosi ai cittadini dice: “oggi potete guardare il lametino con maggiore serenità”.

È il sostituto procuratore Giovanni Bombarderi a spiegare l’origine di questa operazione nata, afferma “quando si concludeva l’operazione Chimera del 2014”. Fu, infatti, in carcere che la capostipite “Teresina Cerra ha dato il passaggio di testimone ad Antonio Miceli” rivela Bombardieri in conferenza stampa riferendosi a Miceli come il nuovo “reggente” che doveva occuparsi “degli affari di famiglia”. In un colloquio carcerario, quindi, Teresina Cerra ricevette la visita delle nipoti e del marito di una delle due, Antonio Miceli che si legge nell’ordinanza di fermo, “[…] nel contesto di quel dialogo registrato, risultavano degne di nota alcune affermazioni espresse dai congiunti MICELI Antonio e TORCASIO Teresa, laddove i predetti sostenevano che il MICELI era appositamente rientrato in Lamezia Terme, dalla Germania, per fare visita all’anziana donna, manifestando, nel contempo, la sua disponibilità ad occuparsi personalmente degli ‘affari di famiglia’”.

Ricostruiti 21 episodi criminali

I carabinieri hanno ricostruito 21 episodi tra lettere minatorie, bottigliette ed esplosioni tutti reati che, come riferisce Bombardieri, Miceli ha sintetizzato con una frase detta durante un’intercettazione: “Ho fatto tremare Nicastro”. Dalla bomba al fornaio alle intimidazioni al bar Dolceamaro così come l’incendio ai terreni della Progetto Sud di don Giacomo Panizza o un’intimidazione ad una palestra. Tutto questo per “creare un clima di paura e terrore” al punto di citare la strage di Capaci “voglio portare a Lamezia la strage di Falcone e Borsellino”. Circostanza, questa, che crea sdegno in tutta la magistratura e nelle forze dell’ordine proprio oggi che è l’anniversario “un clima di terrore per il controllo del territorio” questo il loro obiettivo conclude Bombardieri che ricorda, inoltre, come nel provvedimento è stata ricostruito il "dietro le quinte" dell’esplosione al fornaio di via Piave da come si sono trovati l’esplosivo a come si sono liberati del motorino usato per compiere l’intimidazione in pieno centro a Lamezia.

“È un’indagine completa - aggiunge Bombardieri – che fotografa l’attività di ‘ndrangheta in tutta la sua interezza”. “La cosca – evidenzia ancora manifestando come l’indagine non si ferma qua ma che ci saranno altri sviluppi - aveva dato appoggio anche a politici locali per le ultime elezioni comunali”. Bombardieri parla a tal proposito di “incontri tra candidati con appartenenti alla cosca che veniva fatto salire in macchina e portato al fortino, ben consapevole dell’appoggio che chiedeva”. Quest'uomo, infatti, si era preoccupato di incappucciarsi per non farsi vedere. Il sostituto procuratore aggiunge anche un altro dettaglio quello “dell’esclusiva di dove mettere i manifesti elettorali”.

Il generale Vincenzo Paticchio, a Catanzaro da meno di un mese, non può che sottolineare le capacità di progressione investigativa dell’arma della quale è entrato a far parte, “l’avversario remore non ne ha” dice ribadendo l’indignazione sull’eccidio di Falcone e Borsellino. “L’avversario non sta a guardare – dichiara - studia la maniera di continuare ma questo non sarà facile, con ogni passo che farà avanti tre gliene faremo fare indietro”. Paticchio tiene a precisare “non c’è soddisfazione ma determinazione”.

Il colonnello Marco Pecci tiene a precisare la pericolosità di queste 52 nuove leve che sono soprattutto giovani di un’età prossima ai 25 anni, “con un’età così giovane si ha maggiore sfrontatezza e spavalderia con talune azioni”. Questi giovani che venivano reclutati erano capaci di compiere azioni criminali per, aggiunge “poche decine di euro o per quale dosi di droga”. Si è fermato così un sodalizio in espansione che poteva creare ulteriori problemi, come la crisalide appunto. Pecci parla anche dei possibili contatti con cosce limitrofe e della pericolosità data dalla detenzione di armi, anche da guerra. “Dall’inizio dell’anno abbiamo fatto 100 arresti per reati inerenti alla criminalità organizzata”, manifesta invitando la cittadinanza “a ribellarsi davanti ai soprusi e richieste estorsive. Le forze dell’ordine sono sempre disponibili a ricevere in modo ufficiale ma dove non ci sono presupposti anche in via confidenziale al fine di aiutare a contrastare questi fenomeni”.

Alceo Greco, che questa indagine l’ha visto nascere, ripercorre le fasi che hanno portato all’operazione odierna basata su attività tecnica e costante ricerca di fonti di prova, ringrazia, quindi, la compagnia di Lamezia Terme. “Come la Crisalide che molto rapidamente prende piede e si allarga sul territorio, le giovani leve hanno da subito innescato il canale della droga per poi allargarsi dal punto di vista criminale con estorsioni” racconta Alceo Greco parlando del lavoro compiuto passo dopo passo “tutto era da noi seguito, quando abbiamo avuto la possibilità di prenderli prima, a volte in flagranza, lo abbiamo fatto. Non era una cosca facile ma abbiamo estirpato un gruppo criminale veramente pericoloso”.  

Vincelli, che ha seguito l’indagine da comandante della compagnia di Lamezia e poi dal Nucleo investigativo dice “si tratta di un’indagine che parte da zero, non c’è stato nessun collaboratore”. Vincelli sottolinea la capacità di controllare la forza intimidatrice da parte di Miceli: “utilizzava giovanissimi a volte anche minori, cercava persone deboli, quindi, persone della porta accanto che lui sapeva poter essere più insicure”. Vincelli conclude il suo intervento con un messaggio forte “tutti avevano in bocca di Miceli Antonio. Denunce su Miceli Antonio: zero”. Per il comandante della compagnia di Lamezia Terme, Pietro Tribuzio, l’operazione di oggi è “un segnale per tutta la popolazione per dire che l’unico sul territorio è lo Stato” e, infine, invita tutti i cittadini ad avere fiducia e a rapportarsi con le istituzioni.

Ramona Villella

 

 

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