Operazione “Nuove Leve”: azzerata la nuova generazione che aveva preso il posto dei detenuti - VIDEO

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Lamezia Terme - Dodici giovani lametini “reclutati” da Vincenzo Bonaddio con la collaborazione di Vincenzo Giampà "Camacio" (esponenti di spicco della cosca Giampà referenti del clan rispetto anche alle altre famiglie di 'ndrangheta calabresi dopo la decisione di collaborare con la giustizia del boss Giuseppe Giampà) per confluire in un gruppo di "Nuove Leve". I dettagli dell’operazione sono stati svelati nel corso della conferenza stampa che si è svolta al centro polifunzionale di Catanzaro.

Estorsioni, di questo di dovevano occupare i dodici (9 in carcere, 2 agli arresti domiciliari e 1 irreperibile). Dall’imposizione del pizzo alle bancarelle durante le feste come quella patronale di San Pietro e Paolo, molto sentite in città “50 euro alla giostra o al venditore ambulante” sottolinea il capo della squadra mobile De Santis, al pizzo chiesto agli imprenditori o, ancora, alla pretesa attraverso un ordigno ad alto potenziale nei pressi del cancello d’ingresso della villa dell’imprenditore Vincenzo Perri al fine di costringerlo a restituire la somma di 100mila euro al capostipite della famiglia Arcieri, fidelizzata ai Giampà.

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De Santis parla di “un colpo molto forte che ha portato ad azzerare il gruppo delle ‘nuove leve’ che fa ben sperare per il futuro”. Tutto ciò a dimostrare l’importanza dell’operatività della cosca Giampà nonostante le diverse operazioni e le sentenze (“Medusa” e “Perseo”) che hanno messo in carcere i capi della storica consorteria di ‘ndrangheta lametina che però continuava a fermentare. Il Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri parla dell’operazione odierna come una nuova puntata dal momento che più volte la polizia è intervenuta a Lamezia a seguito delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia come Domenico Giampà “buccaccello” le cui dichiarazioni sono state al centro dell’operazione “Nuove Leve”.

Gratteri: “La gestione non corretta della bacinella è stata causa della guerra di mafia”

“La famiglia Giampà è stata finora disarticolata però non appieno - dichiara Gratteri - perché i reati per cui oggi è stata eseguita l’ordinanza di custodia cautelare sono reati fine ma compiuti dalla generazione che ha preso il posto di quelli che sono detenuti”. Reati come quelli delle estorsioni che caratterizzano il modus operandi della criminalità lametina che sistematicamente compie estorsioni “la possibilità di essere egemone del territorio e muoversi indisturbati” questo principalmente il motivo che spinge i membri delle cosche a chiedere il pizzo a commercianti e imprenditori. “Emerge la comprova – prosegue il Procuratore – che possiamo ancora parlare di associazione a delinquere mafiosa, anche in questo ultimo capitolo di questa storia infinita sul contrasto alla mafia di Lamezia”. Gratteri parla anche in questo caso di associazione dato che anche quest’ultima organizzazione era strutturala come la ‘ndrangheta: "La gestione non corretta della bacinella - ha spiegato Gratteri - è stata causa della guerra di mafia avvenuta a Lamezia in passato, anche con diversi omicidi. Anche questa ultima generazione si è strutturata nel modo classico della 'ndrangheta, con discussioni sulla gestione della cassa". Il Procuratore si riferisce al fatto che il boss Giuseppe Giampà prima di pentirsi aveva contestato diverse volte a suo zio Vincenzo Bonaddio la gestione dei proventi illeciti della cosca "nel proprio personale interesse, di fatto sottraendo le quote da destinare alla bacinella comune”.

Il procuratore aggiunto della Dda Giovanni Bombardieri ringrazia la squadra mobile e il commissariato di Lamezia che si è occupato principalmente di un lavoro anche tecnico e di riscontrare le dichiarazioni dei collaboratori. L’operazione odierna dimostra due cose sulle quali si concentra l’intervento di Bombardieri: l’operatività della cosca “non si sono fermati ma hanno cercato nuove leve per far fronte alla mancanza di capi”. “Non tutto è finito con le operazioni precedenti o con le condanne. Le pesanti condanne di Andromeda arrivate il 14 febbraio e l'operazione “Andromeda2”, evidenzia Bombardieri “sono la dimostrazione che i risultati non si sono fermati alle indagini ma siamo andati oltre e le pronunce confermano la bontà di quel lavoro”.

Bombardieri e De Santis: “Il 41 bis fondamentale contro clan”

Altro punto, l’importanza del 41 bis. La possibilità di poter comunicare con l’esterno per i nuovi capi che hanno assunto grande rilievo dopo che gli altri esponenti primari erano al 41 bis, proprio perché hanno la possibilità di comunicare con l’esterno. Bombardieri ha, infatti, spiegato che "l'importanza del 41 bis è stata confermata anche dai collaboratori di giustizia. Domenico Giampà, ha raccontato di avere assunto un particolare rilievo nella gestione del clan dopo essere riuscito a dialogare con l'esterno nonostante fosse in carcere, mentre altri esponenti della cosca erano stati associati al 41 bis o erano diventati collaboratori di giustizia". Così, dal carcere, gli è stato possibile organizzare le ‘nuove leve’ dell’associazione.

Sulla stessa linea il capo della Squadra mobile di Catanzaro, Nino De Santis, che ha ricordato come "Vincenzo Giampà 'Camacio', in carcere ha fatto azioni di proselitismo, per questo è fondamentale il 41 bis per evitare che proprio il carcere diventi una scuola per le nuove leve e fucina di progetti criminosi veicolati all’esterno". De Santis si addentra a spiegare le dinamiche scaturite dai dissidi tra Giuseppe Giampà e Vincenzo Bonaddio che ha portato alla costituzione di due frange. Il capo della mobile mette in evidenza, quindi, la logica delle estorsioni: “le bottigliette incendiarie ordinante da Giuseppe Giampà dal carcere sono la verifica da parte di chi si sarebbe lamentato dicendo di aver già provveduto a pagare, evidentemente, in mano all’altra parte gestita da Bonaddio”. Dopo la scelta di collaborazione del giovane boss si è avuto, continua De Santis “un riassetto con una riunificazione delle due frange con attribuzione a Domenico Giampà ‘buccaccello’ che ha un’appartenenza di sangue ai Giampà, del ruolo di capo”. Dall’estate scorsa anche lui ha fatto una scelta di collaborazione “le sue dichiarazioni sono presenti in questo procedimento”. Tra gli arrestati spicca, in particolare, la figura di Francesca Allegro moglie di Giuseppe Chirico "u batteru" (considerato elemento di spicco della cosca e detenuto per l'espiazione di una pena definitiva) alla 32enne viene contestato di aver svolto il ruolo di veicolare le indicazioni e delle direttive impartitele dal marito durante i colloqui in carcere verso gli associati in libertà.

Borelli: "Lavorare insieme ricetta vincente per limitare criminalità a Lamezia”

Il primo dirigente del Commissariato di Lamezia Terme, Antonio Borelli, nel ringraziare il capo della mobile De Santis, sottolinea l’importanza della collaborazione: “abbiamo – aggiunge – un gruppo investigativo dei migliori che sta dando grandi risultati. Lavorare insieme è la migliore ricetta”. Un riconoscimento va anche alla Procura di Lamezia guidata dal Procuratore Curcio che ha trasmetto gli atti alla Dda. Per Borelli si tratta, quindi, “di una ricetta vincente per limitare la criminalità a Lamezia Terme”. Il nuovo Questore di Catanzaro, Amalia Di Ruocco, nell’aprire la conferenza stampa e nel ringraziare tutte le forze che si sono adoperate al compimento di questa operazione dice “Oggi è un’alta vittoria dello Stato. Questa terra ha bisogno di questo”.

Ramona Villella

 

 

 

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