Operazione “Nuove Leve”: l’intrusione in casa di Angelo Torcasio e la minaccia con le bottiglie di spumante

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Lamezia Terme – Nell’ordinanza a firma del Giudice Assunta Maiore, che ha portato all’arresto di 12 persone ritenute le “Nuove Leve” della cosca Giampà che si erano ricostituite, in particolare, per gestire le estorsioni e le intimidazioni a Lamezia e attive dal 2011 al 2015, emerge un episodio di ‘violazione di domicilio e minaccia aggravata’ nei confronti del primo collaboratore di giustizia affiliato alla cosca Giampà: Angelo Torcasio “Porchetta”. Era il 7 novembre 2011 quando la Polizia era intervenuta presso la sua abitazione che risultava essere stata messa a soqquadro da ignoti. Ad attirare l’attenzione degli investigatori, sei bottiglie di spumante disposte sul pavimento. A seguito del fatto tutto il materiale era stato sequestrato così come le sei bottiglie di spumante.

Sul fatto, il collaboratore di giustizia aveva dichiarato:  “A.D.R: per come mi chiedete in ordine alle bottiglie di prosecco, spumante ed altro, rinvenute in data 07.11.2011 presso la mia abitazione di via Lanzino di Lamezia Terme, posso dire che le bottiglie di cui mi chiedete sono di mia proprietà e mi sono state regalate nelle varie festività ricorrenti nel corso degli anni, da altri affiliati alla cosca dei Giampà tra cui Bonaddio Vincenzo, Giampà Giuseppe, Molinaro Maurizio nonché anche alcuni imprenditori; preciso che le bottiglie mi venivano regalate riposte all'interno di cestini Natalizi o pasquali; comunque siccome sono un collezionista di bottiglie di tanto in tanto le prendevo e le spolveravo insieme a mia moglie.

A.D.R.: le bottiglie le tenevo custodite in un mobile presente nel soggiorno, dove sono state rinvenute, e precisamente in un ripiano superiore dello stesso; nello specifico intendo riferire che le cinque bottiglie così come sono state rinvenute e posizionate sul pavimento, come sto rivisionando attraverso una fotografica raffigurante le bottiglie, rappresentavano Giampà Giuseppe, Bonaddio Vincenzo, Pasquale "Millelire ", Cappello Rosario e Notarianni Aldo nelle bottiglie alzate mentre la bottiglia che si trova distesa a terra ed in mezzo alle altre rappresenta la mia persona e cioè lasciavano intendere che a seguito della mia scelta di collaborare con la giustizia avrebbero posto in essere azioni cruente nei miei confronti; preciso, altresì, che sulla bottiglia riversa a terra è raffigurata una "P" che secondo alcuni miei ex amici tra i quali Molinaro Maurizio, Vasile Francesco ed altri dicevano che era la "P" di "porchetta" che sarebbe il mio appellativo; sono certo che le bottiglie, oltre a me e a mia moglie, non le ha toccate nessun altro anche perché per come riferito si trovavano chiuse in un mobile del soggiorno”. 

Sulle bottiglie erano stati fatti gli accertamenti necessari che avevano riscontrato la presenza di alcune impronte, appartenenti a Luigi Notarianni, classe ’92, figlio di Aldo. Successivamente, come si legge nell’ordinanza, nell’ottobre del 2012, fu sottoposto ad interrogatorio il collaboratore Angelo Torcasio “[…] al fine di verificare se fosse o meno in grado di spiegare la presenza delle impronte del citato Notarianni Luigi sulle bottiglie sequestrate presso la sua abitazione.  Il collaboratore di giustizia riferiva che le bottiglie erano custodite in una credenza del suo soggiorno e pertanto, fino al giorno della sua collaborazione, erano state toccate soltanto da lui e dalla moglie”. “[…] Tali elementi non vennero ritenuti sufficienti dal Giudice che rilevò che, poiché le bottiglie erano state regalate al Torcasio da membri della famiglia mafiosa Giampà, non poteva escludersi con ragionevole certezza che le stesse bottiglie fossero entrate in contatto con l'indagato prima della commissione dei fatti in trattazione, tenuto conto del rapporto esistente fra l'indagato e Notarianni Aldo, quest'ultimo esponente proprio della cosca Giampà e quindi possibile donatore delle bottiglie”.

Sul fatto intervennero anche altri collaboratori di giustizia, come Luca Piraina, che però non attribuì la colpa a Luigi Notarianni, e anche Pasquale Catroppa che dichiarò di aver appreso “proprio dallo stesso Notarianni Luigi, che il fratello di questi, Gianluca, aveva ordinato, per ritorsione nei confronti del collaboratore, il danneggiamento dell'abitazione che fu effettuato dai due che si erano occupati del danneggiamento nei confronti di ‘mondo pizza’[…]”. “Le dichiarazioni di Catroppa, però, a ben vedere, - scrive il giudice - non confermano la presenza di Notarianni Luigi sul posto […] Resta, dunque, quale unico elemento quello dell'impronta, già ritenuto dal GIP, con motivazione condivisibile e, comunque, non impugnata, insufficiente a fondare a suo carico un convincete quadro di gravità indiziaria. La richiesta cautelare non può, pertanto, essere accolta”.

R.V.

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