ESCLUSIVO - Processo Perseo, Giampà: "Io di 'ndrangheta non ero appassionato" - VIDEO

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Lamezia Terme – “Volevo prima dare il buon giorno a tutti”. Con queste parole esordisce nuovamente il boss Giuseppe Giampà, ora collaboratore, all’inizio dell’udienza al tribunale di Lamezia nell’ambito del processo “Perseo”. Il dibattimento, presieduto dal presidente Carlo Fontanazza e, a latere Aragona e Monetti, ha visto proseguire il controesame da parte degli avvocati. A prendere per primo la parola, è stato l’avvocato Andricciola per conto dell’avvocato Staiano che ha posto alcune domande relative ai meccanismi di spartizione delle truffe e delle estorsioni contestando a Giampà quanto dichiarato in precedenza. Gli avvocati Mendicino e Zofrea hanno invece avanzato dubbi sulle dichiarazioni rese da Giampà in merito alla conoscenza di Fausto Gullo entrando nei particolari della fornitura della polvere pirica e contestando il fatto che il collaboratore non ricordasse dove abitava Gullo e dove lo stesso Giampà ha replicato “non me lo ricordo, tra poco non ricordo neppure casa mia!”. Successivamente, è stata la volta dell’avvocato Marchese che ha posto a Giampà alcune domande a difesa di Antonio Voci.

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“La mia preoccupazione dopo pentimento Saverio Cappello”

Marchese, in particolare ha chiesto se fosse preoccupato della collaborazione di Angelo Torcasio e se ne avesse parlato di questo con Voci. “La mia preoccupazione – ha risposto Giampà - c’è stata dopo Cappello Saverio. Eravamo preoccupati, è normale, ma sapevamo che alcuni riscontri che poteva dare Torcasio Angelo erano stati occultati, il fatto della moto spostata… Determinati riscontri non li poteva più dare”.

“Avvocato, se avessi voluto uccidere Voci, l’avrei ucciso”

Successivamente l’avvocato ha chiesto se la decisione di uccidere Voci non fosse maturata per vicinanza agli Iannazzo, in particolare ad Emanuele, e Giampà ha risposto: “non esiste proprio”. Il legale, comunque ha ricordato quanto poi dichiarato in sede di dibattimento da Angelo Torcasio, in particolare se fosse vero che durante un giro a Ginepri, nei pressi di una casa dove abitavano alcune prostitute e che se fosse stato il caso di uccidere lì Antonio Voci. Giampà ha stoppato rispondendo: “avvocato, se avessi voluto uccidere Voci, l’avrei ucciso”.

La cocaina, i festini e le altre donne

Marchese ha poi chiesto nuovamente, citando anche quanto dichiarato sempre da Angelo Torcasio in sede dibattimentale, sull’uso fatto da Giampà di cocaina. In particolare, si fa riferimento a quanto dichiarato da Torcasio in corte d’assise il 13 gennaio 2015: “Una volta sono andato a casa sua  e stava su vetro che tagliava e aveva narici del naso bianche”. A sentire questa affermazione resa da Torcasio, Giampà ha sbottato: “E che era farina? Torcasio non sa neppure che colore ha la cocaina!”. L’avvocato ha comunque insistito sul possibile uso di Giampà di cocaina e Giampà ha chiosato: “avvocato Marchese non ho mai fatto uso, poi se non mi vuole credere è lo stesso”. I toni si sono poi accesi quando, sul finire del suo controesame, l’avvocato Marchese ha menzionato una serie di festini tra Gizzeria e Falerna e la frequentazione di Giampà con tre donne, di cui una sarebbe la cognata di Angelo Torcasio. Quest’ultimo, ha ricordato l’avvocato in udienza, avrebbe riferito in sede di dibattimento che avrebbe chiesto a Giampà d’interrompere frequentazione con cognata e Giampà ha continuato a ripetere su tutto: “le sto dicendo di no”. Marchese ha ricordato che Torcasio, sempre in sede di dibattimento in corte d’assise ha ricordato come Giampà uscisse di casa vestito per andare a pescare per poi cambiarsi una volta giunto nei luoghi dove si tenevano questi festini. Giampà ha negato ogni cosa aggiungendo che “Torcasio era con me che dice ste cose? Non mi risulta niente di ste cose”.

"Il pagamento delle estorsioni alle giostre avveniva la notte di San Pietro"

L’avvocato Scaramuzzino ha poi ripreso a chiedere, in merito al coinvolgimento di Crapella, come avvenivano le estorsioni alle giostre nel periodo di giugno. Giampà ha spiegato che “Crapella insieme a Voci facevano le estorsioni alle giostre, e poi veniva dato loro un compenso” e che “il pagamento avveniva la notte di San Pietro e i soldi li consegnavano direttamente in mano a Voci”.

"Io di 'ndrangheta non ero appassionato"

Mentre alla domanda dell’avvocato se “conosce le doti di tutti i soggetti suoi affiliati?”, Giampà ha replicato: “io non dovevo tenere le doti a mente, c’è una contabile che era Domenico Chirico”. L’avvocato ha poi incalzato chiedendo: “Come, lei si professa come capo della cosca e vuole far credere che non sa le doti dei suoi componenti?”. Giampà, a questa domanda, ha replicato: “prima di me c’era mio zio, ma io di ‘ndrangheta non ero un appassionato”. Parlado della progressione nelle doti di ‘ndrangheta per merito, e specificando, a domanda, di non aver mai ucciso nessuno ma di avere il grado di ‘padrino’, Giampà ha spiegato che “ un killer rimane killer, non può diventare un presidente della Repubblica, anche se ammazzi 50 persone non sali di grado”. Scaramuzzino, verso la fine ha chiesto in ultimo a Giampà: “All’interno della cosca c’erano dei principi , delle regole ferree?” ed il collaboratore ha risposto che “c’era fedeltà da parte degli affiliati” e l’avvocato: “lei ha mai partecipato a dei festini dove c’erano donne dei suoi affiliati?” e Giampà “avvocato, ancora sta domanda?”.

Sulle truffe, il compenso del medico dipendeva dalla carta che usava

L’avvocato Murone ha chiesto quando avesse conosciuto il dottore Curcio Petronio e per quale motivo. Giampà ha spiegato che la circostanza era inerente ad “un incidente fasullo, ne abbiamo fatte parecchie di truffe, ma se sono fasulle non mi ricordo il ‘quando’ precisamente”. Sul compenso del medico Giampà ha precisato che “dipendeva della fattura, se lo volevano con la fattura il costo era 100 euro o altrimenti 50 euro in nero, glieli portavamo anche a casa e faceva in nero”. Il legale ha insistito sul fatto che “allora non dipendeva dalla locazione?” e Giampà ha risposto: “dipendeva da che carta usava”.

"Gli Iannazzo mandavano a dire cose e Rosario Cappello le riportava in modo errato"

L’avvocato Ferraro ha invece posto diverse domande in merito alle ordinanze, al nome dei pentiti oltre a Giampà soffermandosi poi a chiedere chi gestisse i rapporti della sua famiglia con quella dei Iannazzo e Giampà ha risposto “da Rosario Cappello”. Il legale ha poi chiesto perché, ad un certo punto, Rosario Cappello fosse stato estromesso dal suo compito di fare da tramite con i Iannazzo e mettendo al suo posto Angelo Torcasio. Giampà, a questa domanda, ha risposto che “Cappello Rosario portava notizie non vere, tipo che quelli gli mandavano a dire una cosa e lui la riportava in modo errato” agiungendo, sempre riferito ai Cappello che “io parlavo solo con Cappello Saverio. A parere mio,  Saverio era più affidabile rispetto al padre”.

Con il controesame dell’avvocato Ferraro si concludono le domande da parte degli avvocati al collaboratore Giuseppe Giampà, già boss dell'omonima cosca. Prima di aggiornare l’udienza al prossimo materdì, ha ripreso la parola il Pm Elio Romano che ha chiesto a Giampà di chiarire ulteriormente il ruolo di sua moglie e quello di sua madre e delle sue sorelle. Giampà ha risposto che “mia moglie toglieva i pizzini fuori, io glieli davo e lei li distribuiva mentre per quanto riguarda la madre e le sorelle Giampà ha detto che “i pizzini non li hanno mai tolti, ma sono state informate della vicenda del problema che avevo avuto con mio zio Vincenzo . Il pm allora prende un verbale dove Giampà afferma il contrario. E Giampà ha risposto “ si qualche notizia, ma solo tramite pizzini parlavo”. Il Pm ha poi chiesto dei colloqui con il padre, Francesco Giampà. Il collaboratore ha risposto che “quello che mia sorella mi ha riportato del colloquio con  mio padre non ci credevo perché ci parlò poco” ma Romano gli ha poi ricordato dell’occasione in cui parlavano della pace tra i capi dei clan e Giampà, a quel punto, ha risposto “si, si me lo ricordo”. Dopo alcuni chiarimenti richiesti a Giampà dal presidente Fontanazza, l’udienza è stata tolta e aggiornata al prossimo martedì in cui sarà ascoltato un altro collaboratore, Umberto Egidio Muraca. Prima di chiudere il collegamento dal sito riservato, Giampà ha concluso dicendo: “volevo dire buona serata a tutti”.

Vi.Ci.

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