ESCLUSIVO - Processo Perseo, Giuseppe Giampà: Le affiliazioni e la scissione da Reggio - VIDEO

processo_perseo_60215.jpg

Lamezia Terme – È ripreso il processo Perseo con le dichiarazioni, dal sito in cui si trova, del boss Giuseppe Giampà, ora collaboratore di giustizia. Davanti al presidente Carlo Fontanazza e, a latere, i giudici Aragona e Monetti, Giampà ha ripreso a rispondere alle domande poste dal pm Elio Romano in ordine agli affiliati al clan e se, ciascuno di essi, abbia o meno una dote di ‘ndrangheta. Giampà, rispondendo, sui singoli ha spiegato, tra l’altro, come le affiliazioni “avvenivano solo in carcere”. Inoltre Giampà ha confermato come ci sia stata la “scissione” con la provincia di Reggio per aderire a quella di Crotone e che “anche nelle copiate c’erano poi i cutresi”. “Questo nuovo equilibrio – ha specificato Giampà - era stato portato avanti da Aldo Notarianni e da mio cugino Pasquale quando erano nel carcere di Siano con i Ciutresi. Lì in carcere c’era anche Ernesto Grande Aracri e altri elementi di spicco della cosca di Cutro. In carcere – conclude – potevano parlare meglio che erano nello stesso piano del carcere”.

ESCLUSIVO - VIDEO

VIDEO BASSA RISOLUZIONE

“A Voci buttai copiata da finestra carcere”

“Antonio Voci – ricorda Giampà - me lo presentò Saverio Cappello. Era senza battesimo e gli buttai la copiata quando lui andava al campo sportivo nel carcere di Siano. Sulla copiata non ricordo se mi ero messo io o mio padre. Voci aveva il compito di far pagare i giostrai. Si occupava della manutenzione del terreno e si faceva dare 50 euro a metro quadrato. Metà soldi a lui e l’altra me la tenevo io".

I rapporti con lo zio-cugino

“Vincenzo Giampà è cugino a mio padre ed ha sposato una sorella di mia madre, a me viene zio e cugino. Spacciava droga, ma non era elemento che tenevo vicino. Era parente ma non ha mai partecipato a fatti pensanti come omicidi. E ’ stato sempre tenuto all’oscuro di queste cose, mio zio lo mandava a fare qualcosa ma io personalmente mai”.

“I nostri occhi e le nostre orecchie a Capizzaglie”

Su chi teneva sotto controllo il territorio di Capizzaglie per conto della cosca, oltre ad Angelo Torcasio, Giuseppe Giampà ha poi fatto il nome di “Antonio Curcio che mi era stato presentato dopo l’ingresso di Angelo Torcasio nella  cosca. Entrambi erano i nostri occhi e le nostre orecchie a Capizzaglie. Riferiva di tutte le persone che entravano ed uscivano da casa dei Torcasio. Noi così sapevamo tutti i movimenti, se c’era un meccanismo, se c’era movimento”.

“Carrozzeria Trovato era un porto di mare”

Dopo aver parlato dell’apporto logistico dato da Franco Trovato per l’omicidio Chirumbolo, Giuseppe Giampà ricorda anche del supporto dato nell’ambito delle truffe risalente al 2008. Trovato avrebbe fornito una password di un sito di un rivenditore d’auto di Salerno “era parco macchine enorme” ricorda Giampà e che acquistò “quattro macchine Fiat Bravo che sono state poi usate per le truffe”.

“La carrozzeria di Franco era un luogo che frequentavo spesso” ricorda poi Giampà. “Lì - aggiunge - parlavamo di truffe, andavamo nel sito, guardavamo macchine da comprare, era un porto di mare. Era anche un posto dove incontrare altre persone come Bruno Gagliardi, Canizzaro, Gennaro Pulice e anche con Gualtieri”. Poi Giampà ha precisato che alcuni incontri fissati da Trovato si svolgevano anche altrove con altri esponenti e non si svolgevano in presenza di Trovato perché “ se io parlo davanti all’esponente di un altro clan non lo facevo partecipare alla riunione e lo tenevo fuori da determinati discorsi anche se coinvolto Era una cosa mia che non volevo mischiare con persone esterne”.

Le bombe e la caffettiera

“Fausto Gullo - ha poi ricordato Giampà - ci riforniva di esplosivo a nostra richiesta: lui preparava le bombe e poi mandavo qualche referente a prenderle. Un giorno ho mandato Franco Trovato per una bomba di due chili che la custodiva nel suo capannone e che poi fu trovata dalle forze dell’ordine. La bomba serviva per le intimidazioni e la tenevamo per quando era disponibile”. Su confezionamento esplosivi Giampà ha spiegato che “il Cavallo (Alessandro Torcasio, ndr) le preparava in due minuti con le macchinette del caffè a seconda del danno che dovevamo provocare. Dove andava l’acqua ci metteva la polvere, dove si metteva il caffè si capovolgeva, si bucava e si metteva la parte superiore mentre nel tubicino dove esce il caffè si metteva la miccia per la combustione ed in base al danno, si sceglieva la macchinetta del caffè per quanto riguarda le dimensioni”. “Io  - ha sottolineato poi - gli ho insegnato ad Alessandro come fare le bombe ed io l’ ho imparato da Mico Pagliuso il vecchio quello che è morto …lui mi mandò a dire come bisogna fare la bomba e di mettere il liquido infiammabile e me lo mandò a dire con Pasquale Giampà”.

Alcune intimidazioni con “metodo moka”

“Con il metodo della caffettiera fu messa una bomba a casa di Giuliano, la bomba alle poste la fece Maurizio Molinaro e altre intimidazioni che mi sfuggono”.

Le intimidazioni per “fare confusione”

Nel periodo del novembre 2011, Giampà ricorda come le intimidazioni di quel periodo furino fatte dopo il pentimento di Angelo Torcasio “per sviare le indagini, per creare confusione, per dire che c’erano altre persone che facevano danneggiamenti nelle zone di nostra competenza ed è capitato quando c’è stata la visita del Papa”.

Gli appalti

“Vincenzo Perri, il cognato di Angelo Torcasio, con mio zio si dividevano lavori. Una volta c’era da fare lavoro a Capizzaglie e si misero d’accordo i Giampà con i Torcasio”.

L’avvocato

Giampà ha poi parlato della sua conoscenza con l’avvocato Giovanni Scaramuzzino. “l’avvocato Chicco Scaramuzzino lui già sapeva chi ero e poi si è iniziato ad avvicinare, mi ha invitato allo studio da lui. Poi abbiamo iniziato a frequentare il suo studio io ed i miei affiliati. Il motivo di questa frequentazione – ha poi spiegato Giampà su domanda del pm – era più per amicizia a dire la verità. Ricordo che una volta mi hanno portato in caserma e Chicco è venuto ad assistermi. Poi è subentrato il fatto politico e…”. Il pm Romano ha poi chiesto perché avesse detto “lui sapeva chi ero” e Giuseppe Giampà ha risposto “dottò chi ero come persona, cioè legato alla malavita”. Romano ha poi chiesto se l’avvocato sapesse della sua appartenza alla cosca e Giampà ha specificato “si, come punto di riferimento della cosca”. Il pm ha poi voluto concludere con una ulteriore domanda al boss, ovvero se l’avvocato Scaramuzzino sapesse che Giuseppe Giampà era figlio del “professore” e Giampà ha detto: “si, mio padre si conosceva con suo padre”.

Il compleanno di Giuseppe Giampà

Il pm romano ha poi chiesto al boss se ricordasse il giorno del suo trentesimo compleanno e dove e come festeggiò. Giuseppe Giampà ha ricordato che i festeggiamenti avvennero “in una località amare, c’erano un po’ tutti..l’ avvocato Chicco, Lucchino, Franco e Gino Trovato, Antonio Voci…c’erano un bel po’”. Alla domanda sui regali ricevuti Giampà ha ricordato che gli regalarono “un rolex DaytonaSi erano messi d’accordo 10/15 persone e mi hanno regalato questo orologio da 10.000 euro di valore”.

Il dottore ed il tariffario dei certificati

Giampà ha poi ricordato la sua conoscenza con il medico Carlo Curcio Petronio che risaliva “ad anni fa. Mi recavo in ospedale per i certificati, ogni volta che mi servivano certificati mandavo persone presso la sua casa”. “All’ospedale – ha poi spiegato - voleva 100 euro mentre a casa 50 euro. Dal 2008 l’ho usato (riferito al medico in relazione alla truffe assicurative, ndr) di più come punto di riferimento”.

Come si reimpiegavano i soldi delle truffe

Alla domanda del pm Romano su come si reimpiegavano i soldi proventi dalle truffe assicurative, il boss Giampà ha spiegato che “dovete calcolare acquisto autovetture, il pagamento dei Cid, il dottore…e poi venivano utilizzati per l’ acquistato di droga, di armi, per i killer…insomma, soldi se ne andavano lì”

Il nuovo mercato della droga

“negli ultimi anni c’è stato il calo della cocaina, non era più come prima. I soldi non c’erano, Giusppe Chirumbolo che mi cacciava cocaina non c’era più…e quindi c’era più  richiesta di marijuana e così uno si deve adeguare ai tempi”.

 

Vi.Ci.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA