Processo Perseo: iniziano le discussioni degli avvocati

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Lamezia Terme - Terminata l’istruttoria del Processo Perseo contro la cosca Giampà di Lamezia inizia la fase finale del dibattimento con la discussione degli avvocati.

La discussione dell’avvocato Andricciola: Questa indagine nasce dalle dichiarazioni di Giuseppe Giampà, un soggetto che fa uso di cocaina

Il primo ad illustrare le conclusioni è l’avvocato Andricciola per la posizione di Davide Giampà (per lui il Pm ha chiesto la condanna a 9 anni e 6 mesi). “Questa indagine nasce dando per buono quello che ha riferito Giuseppe Giampà. Questa indagine non ha un riscontro, si riporta dando per buon quello che ha dichiarato Giuseppe Giampà, un soggetto che fa uso di sostanze stupefacenti, soggetto che viene considerato boss ma i boss sono altri secondo le leggi ‘ndranghetistiche, qui non c’è niente di ‘ndrangheta. Giampà, Piraina, Muraca (…) il tribunale deve tener conto di chi fa uso di sostanze stupefacenti. Lo stesso Angelo Torasio disse ‘un giorno andai a casa sua (di Giuseppe Giampà ndr) e lo trovai col naso imbiancato’”. Così l’avvocato Renzo Andricciola introduce la sua discussione.

“Qua l’impressione è stata che ognuno per proprio tornaconto ha fatto dei nomi… questi sono tutti soggetti destinati all’ergastolo (riferendosi ai testimoni di giustizia ndr). Giuseppe Giampà è stato colui che ha fatto uccidere il proprio testimone di nozze: questi sono i personaggi che sono venuti a testimoniare in questo processo… il tribunale non può non tenerne conto” sottolinea il legale difensore di Davide Giampà. In particolare, in questo processo Davide Giampà risponde di vessazione nei confronti del commerciante Cortese Giancarlo ti titolare di un negozio di articolo sportivi a Lamezia “Cortese Sport”. L’avvocato nel corso della sua discussione fa riferimento all’episodio avvenuto nel dicembre 2014 raccontato proprio in quest’aula da Cortese nell’udienza del 16 settembre: “mentre andavo a casa sono stato fermato da una macchina con una paletta con la scritta 'Ministero dell'interno', pensavo fossero le forze dell’ordine, gli ho consegnato i documenti ma non li hanno nemmeno guardati poi mi hanno fatto aprire il cofano, ma gli ho spiegato che la macchina non era mia, ma di mio cognato. Mi hanno detto: ‘la prossima volta che vai a testimoniare conferma quello che hai detto’, hanno preso una bustina di polvere bianca e mi hanno detto: ‘per questa volta facciamo finta di niente’”. Questo quanto dichiarato al Tribunale nel corso della sua testimonianza Giovanni Carlo Cortese lo scorso 16 settembre.  “La minaccia non mi pare proprio sia partita da Davide Giampà, non si può far finta di niente dinnanzi a queste dichiarazioni - alza la voce l’avvocato Andricciola che non si spiega la calma con la quale il Pm ha accolto questo particolare episodio”. L’avvocato prosegue spiegando la vicenda in merito allo sconto praticato a Davide Giampà da Cortese Sport sulla base di quanto già dichiarato in quest’aula proprio dal diretto interessato Giancarlo Cortese: “lui (Davide Giampà ndr) non mi ha detto niente, gli ho chiesto io se era il fratello di Saverio dato che si somigliavano. Le scarpe venivano 250 euro, con lo sconto arrivavano a 206 e, per tenere buono Muraca, gli feci 200 euro”. Sconto del 17,5 %, ha calcolato l’avvocato. “Lo sconto estorsionistico, alla luce dello sconto promozionale già applicato, allora è del 2,5% - si chiede il legale - comunque la si giri Cortese non subisce nessun danno”.

In merito alla bottiglietta incendiaria sempre al commerciante Cortese, sulla base delle dichiarazioni di Umberto Egidio Muraca: “U.E. Muraca non gli ha detto che erano stati i fratelli con le due G. perché a posizionare le bottiglie erano stati Luca Piraina e Pasquale Catroppa”. “Non basta più l’affermazione di Cortese che dice che il fratello Saverio aveva annunciato la visita nel negozio di Davide, bisogna avere il riscontro”, dice l’avvocato. Il fratello, Saverio Giampà, è infatti stato assolto nel processo Perseo col rito abbreviato a Catanzaro insieme ad altri 25 soggetti coinvolti nel Processo Perseo. “Mancano gli elementi della richiesta estorsiva: non c’è la violenza non c’è la minaccia. All’interno di quel negozio Davide, non dice niente: sceglie le scarpe e si avvicina alla cassa. Lì Cortese gli chiede se era il fratello di Giampà Saverio. Per questi motivi e per quelli che espongo nella memoria scritta - conclude il legale - chiedo l’assoluzione con formula piena per Davide Giampà”.

andricciola-foto-25-nov-tribunale.jpgL’avvocato Renzo Andricciola.

La discussione dell’avvocato Scaramuzzino: “La fuga di notizie ha contaminato questo processo

“Il processo Perseo, quello che doveva essere il processo dei processi, che doveva porre in evidenza 20 anni di malaffare in questa città (…) ma non è stato così per la mala gestione che ha fatto la Procura di Catanzaro e per la mala gestione delle attività investigative”. Inizia così la sua discussione l’avvocato Luca Scaramuzzino in merito alla posizione di Andrea Crapella. “Devo ringraziare l’avvocato Pagliuso per aver messo in risalto come si sia verificata una fuga di notizie durante il processo”. In breve, l’avvocato si riferisce al fatto che i collaboratori sapevano cosa avevano dichiarato i primi collaboratori di giustizia e di conseguenza si sono allineati a tali dichiarazioni. “Si sono presi gioco dell’autorità giudiziaria e stanno cercando di prendersi gioco anche del Tribunale, la fuga di notizie ha contaminato tutto questo processo. Un processo nel quale è emerso che: agenti di polizia avevano avuto relazioni con persone legate ai testimoni. Il processo è marcio fin dall’inizio”.

Il legale Luca Scaramuzzino elenca poi una serie di “stranezze” emerse, secondo lui, nel corso delle udienze. “L’ultima stranezza è proprio il comportamento del Pm Romano (in aula oggi c’è il Pm Luigi Maffia ndr) che si permette di non presenziare nell’udienza odierna. Si è permesso di presentare una memoria di 20 pagine. Questo non è rispettoso nei confronti dei detenuti che aspettano la decisione da due anni e mezzo. Altra stranezza: c’è stato anche un cambio di composizione del Collegio e i detenuti si chiedono: ‘Ma chi ci giudicherà?’. Altra stranezza: come sono stati considerati i testimoni di giustizia, soggetti che hanno sparso sangue…”. Per quando riguarda Andrea Crapella che risponde del capo A: di aver fatto parte di una consorteria denominata ‘cosca Giampà’, con altri soggetti alcuni dei quali assolti con il rito abbreviato a Catanzaro. “Andrea Crapella viene tirato in ballo solo per presunte frequentazioni - sottolinea Scaramuzzino - era inevitabile visto il lavoro che faceva, presso lo stadio della Vigor Lamezia”. Il legale tratta poi la testimonianza di Guglielmo Capo, ascoltato il 27 marzo scorso. Capo, nel riferire della cosca Giampà, nei verbali del 2010 ha fatto diversi nomi, a seconda dei reati, citando un certo ‘Alessandro’ poi identificato come Andrea Crapella. Nell’udienza di marzo a Guglielmo Capo è stato mostrato prima l’imputato Davide Giampà e poi Andrea Crapella ma Capo non ha identificato nessuno dei due in quello che lui continua a chiamare erroneamente ‘Alessandro’”. L’ultimo elemento che Scaramuzzino analizza è “la mancanza del collante tra Crapella e tutta la consorteria, Andrea non c’entra nulla con la cosca capeggiata, come lui stesso sostiene, da Giuseppe Giampà”. Andrea ha un figlio piccolo che da due anni e mezzo viene cresciuto dal padre, in carcere. Pertanto, chiedo l’assoluzione piena di Andrea Crapellla”, afferma infine il legale.

Luigi Maffia, in sostituzione del Pm Elio Romano, spiega: “l’istituto della sostituzione è propria del Pm, per questo Elio Romano ha chiesto di usufruire di questa opzione, da qui la non presenza del collega. Circa la modalità con la quale ha presentato le conclusioni, sarà sede di replica. Sono accuse che non sento di condividere”.

perseo_luca_scaramuzzino_avv_.jpgL'avvocato Luca Scaramuzzino.

La discussione dell’avvocato Marchese: “sono sufficienti le affermazioni dei testimoni di giustizia per poter scrivere una sentenza?

L’avvocato Leopoldo Marchese, che difende Antonio Voci (per lui il Pm ha chiesto la condanna a 11 anni) e Andrea Crapella (per lui il Pm ha chiesto la condanna ad 8 anni e 8 mesi), ha incentrato la sua discussione su un dubbio: “sono sufficienti le affermazioni dei testimoni di giustizia per poter scrivere una sentenza di assoluzione o di condanna?”. Questo processo è incentrato proprio sulle dichiarazioni rese dai molti collaboratori di giustizia in questo processo, “non è sufficiente dire - afferma il legale Marchese - ‘si lo conosco, è con noi, spaccia per la cosca’, bisogna vagliare se, in questo caso Andrea Crapella e Antonio Voci, partecipavano volontariamente a quest’associazione e se la loro condotta contribuiva alla vita dell’associazione. E’ chiaro che dovete vagliare le dichiarazioni dei collaboratori… - evidenzia l’avvocato riferendosi alla Corte - ma bisogna cercare degli elementi concreti”.

Punto importante in questo processo è il verificare l’appartenenza al sodalizio e, per ciò, secondo l’avvocato Leopoldo Marchese, non bastano le confessioni dei collaboratori. “Cosa sa Andrea Crapella effettivamente dell’associazione?”, si chiede il legale. Legge poi i passi delle dichiarazioni dei testimoni in merito alla citazione dei suoi assistiti. “Non ci si può basare solo sulle dichiarazioni dei Testimoni - rimarca più volte l’avvocato nel corso della sua discussione. Bisogna indagare sull’associazione in sé, qui non si capiva chi gestiva chi. Solo i fatti dei quali i testimoni si auto-accusano sono provati”. “Giuseppe Giampà per suoi comodi ha usato dei soggetti ignari - prosegue Marchese. Voci Antonio aveva bisogno di soldi - inveisce l’avvocato - la moglie non ha nemmeno i soldi per pagare la bolletta”. Ricorda l’episodio quando la moglie di Voci si è recata dalla Meliadò (moglie di Giuseppe Giampà), per chiederle soldi e Giampà riferisce alla moglie che lui non doveva niente ad Antonio Voci. “Ma di cosa stiamo parlando?”, urla l’avvocato. “Quali sono gli elementi per dire che facevano parte di un’associazione? I reati che hanno commesso non dicono nulla in merito alla partecipazione all’associazione - afferma Marchese. Questa è la prova che Giuseppe Giampà non riconosce Antonio Voci come elemento della cosca”. L’ avvocato Marchese concluderà la sua discussione il prossimo il 2 dicembre.

Marchese-avvocato-1.jpgL'avvocato Leopoldo Marchese.

R.V.

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