Processo Perseo: le discussioni degli avvocati Di Renzo, Bitonte e Canzoniere - VIDEO

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Lamezia Terme - Proseguono le discussioni degli avvocati nell’aula Garofalo del tribunale di Lamezia nel Processo Perseo, giunto alla fase finale, davanti al presidente Fontanazza e, a latere, i giudici Aragona e Tallarico. In aula in sostituzione del Pm Romano la dottoressa Agostini.

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La discussione dell’avvocato Di Renzo: “Franco Trovato patisce l’egemonia del clan e scende a patti”

L’avvocato Di Renzo, legale di Franco Trovato, (per lui il Pm ha chiesto la condanna a 15 anni) nel suo intervento, rivolgendosi al Collegio, spiega la posizione che definisce “singolare” del suo assistito. “Su Franco Trovato abbiamo delle affermazioni equivoche” affermazioni rese dai collaboratori di giustizia. Il legale richiama l’attenzione sul capire cosa intendono i collaboratori che hanno riferito al tribunale su Trovato con le frasi: “sono vicini”, “è a disposizione”, “è amico”. Dichiarazioni e testimonianze, quelle dei testimoni di giustizia sulle quali è retto questo processo e che, secondo l’avvocato: “non hanno convenuto a niente. Ci sono dei collaboratori - aggiunge - che non hanno apportato nulla al processo”. L’avvocato Di Renzo ricostruisce la vicenda delle 2 liti, nelle quali furono coinvolti i fratelli Trovato. La prima lite sarebbe avvenuta in una discoteca di Nocera Terinese Il Capriccio dopo il matrimonio di Giuseppe Chirumbolo. Di ciò ha riferito in aula nelle scorse udienze anche Rosario Cappello perché sarebbe stato proprio il figlio Saverio a picchiare Franco Trovato nella discoteca. “Nella prima lite non cercano il chiarimento - spiega l’avvocato Di Renzo - in questo caso hanno picchiato Franco e continuato a non pagare nella discoteca manifestando così l’egemonia sul territorio”. La seconda lite è quella della sparatoria su via del Progresso tra Giuseppe Cappello e i fratelli Trovato nella quale, dice l’avvocato “sembrerebbe che Luciano Trovato abbia avuto la meglio”. L’elemento sul quale oggi il legale intende far riflettere è che in questa seconda circostanza i Cappello hanno cercato un incontro chiarificatore con la famiglia dei Trovato. L’avvocato ricorda inoltre come, nel suo interrogatorio in aula, Rosario Cappello avrebbe cambiato versione in merito alla marca delle vetture oggetto della sparatoria in via del Progresso. In un primo momento aveva dichiarato che si trattava di una Golf nera e poi di una Grande Punto nera, secondo l’avvocato il cambiamento è avvenuto dopo che questo particolare è emerso nel corso delle udienze. “Una dichiarazione si ritiene attendibile - sottolinea l’avvocato - laddove è riscontrabile in chiave positiva. In merito alla lite su via del Progresso possiamo credere a Rosario Cappello? - si chiede il legale - i fratelli Luigi e Luciano Trovato sono stati assolti”.

“Può essere che il clan Giampà aggredisca pubblicamente un esponente rilevante dell’associazione? E’ pensabile che se Trovato fosse stato espressione di questa associazione venisse picchiato pubblicamente per dimostrare cosa? Che senso ha l’aggressione se Trovato Franco fa parte dell’associazione?” chiede l’avvocato difensore. “I membri del clan Giampà vanno in una discoteca e non pagano, picchiano Trovato per dimostrare l’egemonia sul territorio. Rilevanza - sottolinea il legale - che esclude dal contesto associativo Franco Trovato. Quella lite dimostrerebbe all’esterno forti divisioni e indebolirebbe il clan, questo se Franco Trovato facesse parte della cosca”. Altro punto sul quale il legale si sofferma è come Giuseppe Giampà, capo della cosca, definisce la figura di Franco Trovato: “Giuseppe Giampà è il soggetto che delinea meglio la figura di Franco Trovato... la vicenda legata alle truffe, la disponibilità di armi ed anche una condotta in materia di stupefacenti, l’aver messo a disposizione della cosca o delle cosche l’officina. Giampà per connotarne la figura utilizza il termine ‘un amico’, ‘favoriva’, i Torcasio, i Giampà, i Daponte, i Iannazzo e quant’altri… aveva un ‘porto di mare’”. Giuseppe Giampà, quindi, ne chiarisce il profilo: ‘non era dentro la cosca ma ‘favoriva’: vuol dire patisce l’egemonia del clan e scende a patti”. Infine l’avvocato Di Renzo ricorda la dichiarazione di Alessandro Villella: “Trovato ‘lo subiva’, ci ‘rimetteva soldi’” e di  Cosentino Battista: “so che non era nella cosca, era amico di tutti”. L’avvocato Di Renzo, chiede l’assoluzione per Trovato Franco per tutte le imputazioni.

avvocati-Di-Renzo-e-Bitonte.jpgL'avvocato Di Renzo

La discussione dell’avvocato Bitonte: “De Vito è una vittima della giustizia”

Dopo una breve premessa l’avvocato Wanda Bitonte nell’interesse di Antonio De Vito (per lui il Pm ha chiesto la condanna a 18 anni e 6 mesi) ribadisce come “De Vito è una vittima della giustizia, lui ha sempre dichiarato la sua innocenza”. L’avvocato Bitonte parla delle dichiarazioni dei testimoni collaboratori di giustizia che “non sono sempre i depositari della verità”, “la verità è solo nelle carte processuali, e solo a quelle dovete attingere - si rivolge alla Corte l’avvocato - non vi sono prove che De Vito abbia perpetrato quella condotta che ha portato la pubblica accusa ad ascrivere quei reati gravissimi. Il processo penale vuole le prove e solo in questo modo potete accusare De Vito o assolverlo. Qua si parla solo di sospetti”. “La giustizia ultimamente è fatta di sospetti non di prove – evidenzia più volte nel corso della sua discussione il legale di De Vito - e le prove devono essere sfondate sui fatti, non si può basarsi solo su sospetti, su indizi”. Non nega, la Bitonte che ci sia un rapporto di conoscenza tra De Vito e Pasquale Giampà detto ‘millelire’: “un rapporto di amicizia, di parentela e di lavoro. Questo rapporto è alla luce del sole. Ma Giampà Pasquale con Antonio De Vito e la cosca, io non li accosto”.

In merito alle dichiarazioni di Giuseppe Giampà su De Vito afferma: “Se De Vito è l’imprenditore principale della cosca, come ha detto il Pm Romano, Giampà, il capo della cosca, cosa dice di De Vito? che è inaffidabile! Questo dice. De Vito che ruolo ha nell’associazione? Che cosa ha apportato? A questi quesiti do solo una risposta. Nessuno si sarebbe rivolto a De Vito: Antonio è inaffidabile, l’ha detto il capocosca, ergo De Vito non fa parte dell’associazione”. Sulla questione della moto, l’avvocato rilegge la dichiarazione della madre dell’ex compagna di De Vito, Pallaria, che ha confermato che la moto è stata lì per meno di una settimana, dato che si contraddice con quanto dichiarato da Battista Cosentino: ‘è stata li per mesi’. Il legale definisce il processo “un circolo vizioso di sospetti”. “Chiedo l’assoluzione per Antonio De Vito per non aver commesso il fatto per tutti i capi e, in relazione alla pena chiesta dal Pm di 18 anni e 6 mesi, se dovesse essere condannato chiedo di applicare il minimo della pena e riconoscere le attenuanti generiche” conclude l’avvocato Wanda Bitonte.

avvocato-Bitonte.jpgL'avvocato Bitonte

La discussione dell’avvocato Canzoniere: “Su Giuseppe Grutteria ci sono 2 dichiarazioni completamente false”

L’avvocato Canzoniere nell’interesse di Giuseppe Grutteria (per lui il Pm ha chiesto la condanna a 13 anni) concentra la sua discussione su “due dati falsi”. Il primo in merito alla presunta partecipazione all’associazione denominata clan Giampà: “Torcasio Angelo, dopo l’aprile del 2008, disse che si è presentato Giuseppe Grutteria nella mia abitazione e si è messo a disposizione del clan Giampà”. Ma, fa notare l’avvocato, “Grutteria, sulla base dei certificati di detenzione, era detenuto fin dal febbraio del 2008 e uscirà due anni dopo dal carcere. La dichiarazione di Torcasio segnerebbe l’ingresso di Grutteria nell’associazione. Il dato certo è che questa dichiarazione è completamente falsa. E’ impossibile che si sia presentato nell’abitazione di Grutteria nell’estate del 2008 se era detenuto”. Altra affermazione falsa secondo il legale riguarda un presunto danneggiamento di un’auto, da parte di Grutteria, che hanno riferito alcuni testimoni di giustizia: “danneggiamento che risale al 2009 e  Grutteria anche in questo caso era detenuto. Quindi – sottolinea l’avvocato - il narrato di Torcasio Angelo è falso sul principio di accertata falsità”. “Giuseppe Giampà non parla mai di Grutteria - aggiunge il legale. Anche Piraina Luca stenta a dire chi è Grutteria Giuseppe”. “Dal momento che non vi è alcuna prova che Grutteria Giuseppe faccia parte dell’associazione, non vi è partecipazione e non vi è alcun riscontro, chiedo di assolvere Grutteria Giuseppe per non aver commesso nessun reato”.

avvocato-Canzoniere.jpgL'avvocato Canzoniere

R.V.

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