ESCLUSIVO - Processo Perseo, Egidio Muraca: “I nemici di mio nonno erano i Iannazzo” - VIDEO

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Lamezia Terme – Riprende il processo Perseo al tribunale di Lamezia. Quest’oggi a parlare, davanti al presidente Carlo Fontanazza e, a latere, i giudici Monetti e Aragona,  è il collaboratore di giustizia Umberto Egidio Muraca, nipote omonimo del boss ucciso nel 1989. Muraca ha risposto alle domande del pm Elio Romano.

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Ho iniziato a delinquere nel '97

Anche Egidio Umberto Muraca, collaboratore di giustizia, ha esordito nella sua deposizione, salutando tutti i presenti e rispondendo alla prima domanda, del pm Elio Romano, sul suo ruolo nella cosca dei Giampà: “ho iniziato - ha risposto Muraca - a delinquere nel 1997, la mia prima mia estorsione fu con la cosca dei Torcasio. Io, dottore, nella criminalità organizzata ci sono nato, perché la mia famiglia era un famiglia di ‘ndrangheta. Dal 1998 in poi faccio parte della cosca Torcasio e fu Vincenzo Torcasio a farmi entrare. Io mi sono dedicato da sempre alla droga con persone che camminavano insieme in quel periodo. Ho compiuto tante rapine fino al 2002. Poi mi sono dedicato alle rapine da solo con un gruppo autonomo, tipo quella compiuta al notaio dove presi ventimila euro. Poi successivamente, avendo io un negozio di  videogiochi, venne Claudio Paola e mi disse che Giampà Giuseppe mi voleva parlare visto che io feci la rapina al notaio e visto che quella era la loro zona e il notaio era di loro fiducia. Dopo i fatti di sangue alla famiglia Torcasio, decisi di allontanarmi e quindi non ero più legato alla loro famiglia. Quando mi chiamò Giampà mi chiese della rapina e mi disse che non dovevo farla perché era la loro zona. Mi disse che ormai era successo ma da quel giorno in poi, se volevo azionarmi con il gruppo mi dovevo rivolgere sia per droga che per rapina a lui. Quello fu il primo incontro e, dal 2003 al 2008, fino a quando non hanno arrestato Giampà ho militato nel loro gruppo e poi mi rimisi con l’altra cosca, cioè quella dei Torcasio”.

I nemici di mio nonno erano i Iannazzo

Muraca ha poi parlato della sua famiglia e dell’omicidio dei nonni: “da quello che dicono, i nemici di mio nonno erano gli Iannazzo e infatti proprio loro lo uccisero, gli Iannazzo avevano legami anche con i Giampà, non la famiglia del “professore”, ma della famiglia di “Tranganiello”. L’omicidio avvenne perché mio nonno si occupava della droga in tutta Lamezia e non era ben visto dalla famiglia Iannazzo che lo fecero fuori. Mio nonno era una persona di un certo spessore, aveva doti di ‘ndrangheta, aveva anche battezzato Cutolo. Ho fatto tante rapine per Giuseppe Giampà e infatti facemmo degli accordi, cioè tutto quello che facevo dovevamo dividere, e anche le rapine erano scelte da Giampà.  Per quando riguarda la droga, io con Giuseppe Giampà non ho fatto molto, ho preso qualche chilo di erba o di fumo, un chilo me lo dava a duemila euro e io glieli davo e poi il provento dello spaccio era mio”.

Avvicinamento ai Torcasio

Altro tema, quello del suo avvicinamento ai Torcasio: “rientro nella cosca dopo l’arresto di Giampà Giuseppe nel 2008. La cosca dei Torcasio era formata dai Torcasio stessi, i Cerra ed i Gualtieri. Gli organi di comando, oltre ai capi delle rispettive famiglie, c' era anche Teresina Cerra. La cosca Torcasio si occupava di tutto: dalla droga, alle estorsioni, danneggiamenti e omicidi. Io per il gruppo Torcasio mi occupavo, inizialmente, di traffico di droga, trasportavo la droga e poi facevo le estorsioni”.

Collaborazione con il clan Giampà

Sulla sua collaborazione con il clan Giampà: “nel primi mesi del 2011 il mio gruppo formato da Francesco Torcasio detto Carrà, Angelo Paradiso, Antonio Paradiso era attivo dentro Capizzaglie ed i punti di riferimento erano Pasquale e Vincenzo Torcasio. Nel 2011 ebbi modo di fare tante estorsioni, ma quella che poi mi fece avvicinare a Giampà fu quella fatta al Martinica nel territorio dei Giampà. Su suggerimento di Vincenzo Torcasio mi recai al distributore e parlai con un operaio e gli dissi che si dovevano mettere in regola. Il pomeriggio o il giorno dopo venne a casa mia Claudio Paola mandato da Giampà perchè voleva sapere che cosa avevo combinato perchè al Martinica già ci pensavano loro e, quindi, di farmi da parte. Io gli dissi che per me non era un problema però dovevo parlare con i Torcasio. Per chiarire la situazione dovevano dividere l’estorsioni tra i Giampà e i Torcasio.

Però Giampà non era favorevole a questo patto così io ricevetti, diciamo, una minaccia da parte dei Giampà perché sotto la decisione dei Torcasio noi continuammo a chiedere l‘estorsione al Martinica. E Giampà mi mandò a dire che ci saremmo visti e dopo due giorni mi fecero un agguato sotto casa e io riuscì a scappare e riuscì a salvarmi. Io ero con Francesco Angelo Paradiso nipote di Cerra. Io prima di arrivare a casa mia avevo visto un movimento strano di una macchina, una Fiat Bravo e, quindi pensavo all’inizio fosse la polizia e non mi mangiai la castagna, Avevo potenziato un telecomando e da lontano ho aperto il cancello, e da una traversa, quando uscì la macchina che avevo visto prima, cominciarono a sparare, e io mi sono svincolato entrando nel cortile di casa mia e la macchina rimase distrutta. Il giorno dopo allora mi recai dai Toracsio chiedendo il loro appoggio perché capii che era stato Giuseppe Giampà a fare questo e il giorno dopo andai a casa dei Carrà con Paradiso e  dissi che se mi avessero appoggiato io avrei ucciso Giuseppe Giampà e mi dissero di si ma poi 'mi giocarono'. Allora ho pensato che mi avevano fatto un agguato per colpa dei Torcasio perché io da loro ero appoggiato e, quindi, se loro non mi volevano aiutare per vendicarmi, decisi di allontanarmi perché io mica vado a vendermi la mia pelle così”.

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I rapporti con il clan Giampà e la droga

“Io personalmente avevo rapporti sia con Aldo che con Pasquale il figlio di Carmine. li conosco tutti ma da Aldo mi rifornivo della droga ma anche da Pasquale, ogni tanto acquistavo da loro. Acquistavo sull’ aggancio o altrimenti pagavano. Con l’aggancio prendi la merce e poi tra venti giorni te la pago. Diciamo sulla fiducia mi dà la droga e poi la pago”.  Mentre, quando poi il  pm Romano chiede se, nell’ambito della cosca, ha avuto modo di conoscere Andrea Crapella, Muraca risponde: “si, l’ ho conosciuto con un uomo ‘tutto fare’ di Enzo Giampà. L’ho conosciuto a casa di Enzo Giampà e posso dire che con Andrea Crapella uscivamo insieme e spacciavamo droga insieme. Enzo Giampà acquistava la droga a Napoli e prendevamo solo lo skank che è di livello superiore”. Sempre nell’ambito della droga Muraca, successivamente, ha spiegato che “andavo sempre con Antonio Voci a prendere cocaina e con Antonio Donato andavo a Papanici a Crotone. A Papanici andavo nel 2007 ad acquistare dello stupefacente mentre con Vasile -  ha poi ricordato in particolare - andammo a Catanzaro e, in un'altra macchina, c’ era Antonio Donato con il cognato, che era uno zingaro, e con lui ci recammo a Papanici e parcheggiammo le auto dove ci fu lo scambio della merce e il denaro: tutto organizzato da Donato Antonio. Caricammo la merce e ci andammo a prendere un caffè. Poi ci fecero da scorta Donato e il cognato fino a Catanzaro e poi tornammo a casa mia e portai la droga a Giuseppe Giampà”.

Nessuna dote di ‘ndrangheta

“Io non possiedo nessuna dote di ndrangheta, non sono mai stato battezzato” ha risposto alla specifica domande di Romano sull’eventuale possesso di dote ‘ndranghetista.

Franco Trovato è amico di tutte le cosche e numero uno delle truffe

Sul conoscere Franco Trovato, Muraca ha spiegato “si lo conosco dagli anni ‘97–‘98 e so che si occupa di truffe assicurative oltre che di droga. Come io ho constatato era un soggetto amico di tutte le cosche: Iannzazzo, Gualtieri, Cerra, Torcasio e tutti. Per quanto riguarda le truffe lui è il numero uno perché ha agganci sia con gli avvocati che con le assicurazioni. Con lui ci parlavo tanto e mi dava consigli e mi informava anche dagli atti processuali pe le dichiarazioni dei collaboratori. Io mi ricordo pure di una truffa assicurativa, tre anni fa, con i fratelli Trovato e Saladino e, in quell’ occasione, mi rifece il paraurti dell’ auto. Lui comprava i Cid ad ottocento euro e poi ne guadagnava dieci mila euro”. “Realmente – ricorda poi Muraca - le macchine non venivano distrutte ma Trovato aveva dei pezzi di ricambio e, quindi, utilizzava quelli per le foto da parte del perito. Questi cambi avvenivano nell’ autocarrozzeria di Franco Trovato. I cid  li comparava, infatti in alcune casi ho trovato circa 20/30 cid sulla sua scrivania”.

Il “sistema cid”

“Io con i falsi incidenti guadagnavo dai 500 euro a 800 euro. I cid funzionavano cosi: io li compilavo con i mei dati e poi lasciavo una parte bianca che compilava Trovato quando gli serviva. Nel cid io causavamo sempre l’ incidente. All’epoca io conoscevo un certo avvocato che aveva lo studio sopra il C. e mi ha seguito lui un pratica con Domenico Chirico. Lucchino – ha poi aggiunto Muraca - era un avvocato che seguiva le pratiche anche sapendo che erano truffe. Conosco anche Chicco Scaramuzzino che era a disposizione della cosca Giampà”.

Lo sa tutta Lamezia che il dottore faceva certificati falsi

Il pm Romano ha poi chiesto se Muraca conoscesse, tra gli altri, il dottore Curcio Petronio. Muraca ha risposto che “l’ ho conosciuto negli anni 2000 perché è l’ ortopedico dell’ ospedale, per i certificati di malattia. Lo sa tutto Lamezia che il dottor Petronio fa i certificati falsi. Io mi sono recato direttamente da lui per farmi fare un certificato falso e poi un certificato per un incidente. Lui pero se li faceva pagare i certificati. Giuseppe Giampà ne ha fatti molti di certificati dal dottore Petronio. Tutti andavamo da lui quelli della cosca Giampà”.

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Chi è il pentito Umberto Egidio Muraca

Muraca, 34 anni, nel 2011 aveva “sconfinato” nel richiedere un’estorsione ad un distributore di benzina. Il boss Giuseppe Giampà, a fine marzo dello stesso anno, aveva deciso di “fargliela pagare” facendo esplodere alcuni colpi di pistola nei suoi confronti mentre rincasava, a bordo della sua Fiat Panda bianca, assieme ad Angelo Paradiso. L’attentato non riuscì perché Muraca entrò subito dentro il piazzale della sua abitazione schivando, dunque, i colpi d’arma da fuoco che andarono a colpire solo la sua autovettura. Dopo quell’episodio, Muraca cercò di avvicinarsi a Giuseppe Giampà. Solo dopo l’omicidio di Vincenzo Torcasio, ci fu il definitivo “passaggio” di Muraca con il clan Giampà quando Muraca riferì al boss gli intenti di vendetta del giovane figlio di Torcasio, Francesco. A quel punto Giuseppe Giampà chiese una prova di fedeltà a Muraca con l’intento di eliminare definitivamente la “pratica Torcasio”. Per questo motivo chiese a Muraca di rendersi complice nell’omicidio di Francesco Torcasio. Muraca, infatti, tirò in un tranello la mattina del 7 luglio 2011, con la sucusa di una finta rapina, Francesco Torcasio nel luogo stabilito per il suo assassinio che, puntualmente, avvenne.

Solo dopo gli arresti seguiti all’operazione Medusa, e dopo che il suo nome era già stato fatto sia da Angelo Torcasio che Giuseppe Giampà, Umberto Egidio Muraca ha deciso di collaborare con la giustizia divenendo un altro collaboratore tra le fila del clan Giampà.

 

 

 

 

 

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