La tormentata storia della cantante di origini calabresi Dalida rivive nel biopic su Rai1

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“Ti amo e aspetto te, per avere l’illusione di non vivere da sola”. Si racchiude tutto il fragile mondo di Iolanda Gigliotti, in arte “Dalida”, nei brani che l’hanno resa una delle cantanti di maggior successo nella Francia degli anni ’50 e fino ai primi anni ’80, vendendo 170 milioni di dischi. La fortuna professionale non andò però di pari passo con la sua fragile e tormentata vita, che viene narrata in un biopic (regia di Lisa Azuelos) presentato sul grande schermo in Francia l’11 gennaio del 2017 e anticipato in una avant-prèmière all’Olympia di Parigi, tempio della musica leggere in cui Dalida fu per anni grande protagonista. In Italia invece, forte della co-produzione con la Rai, è andato in onda proprio ieri sera in prima Tv.

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Sicuramente non un anno a caso il 2017, che segna il 30esimo anniversario della sua morte ma anche il 50esimo dal suicidio di Luigi Tenco, vicenda che toccò nel profondo la cantante franco-italiana. Una storia ricca di drammi, di rinunce, di amori sopiti quella di Dalida, all’anagrafe Iolanda Cristina Gigliotti, nata al Cairo nel 1933 in una grande comunità italiana da genitori calabresi, originari di Serrastretta. In questo piccolo paesino in provincia di Catanzaro, Dalida è infatti sempre rimasta un’icona, con un’associazione culturale che prende il suo nome e che è molto attiva sul territorio. Nessun cenno però alle sue origini nel film in prima serata andato in onda ieri. Un film che ripercorre come in una sorta di caleidoscopio tutta la sua travagliata vita, lasciandone l’interpretazione ad un’intensa Sveva Alviti, (a lei davvero molto somigliante per gestualità, movenze, sguardo), e a Riccardo Scamarcio nei panni del fratello Orlando. 

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Una pellicola che traccia, in maniera forse un po' troppo frammentaria, le vicende che l'hanno maggiormente segnata: dalla prima esibizione all’Olympia di Parigi all’ascesa della sua carriera, dalle nozze con il produttore discografico Lucien Morisse al tormentato amore per Luigi Tenco e il loro indimenticabile duetto a Sanremo nel 1967 con “Ciao amore, ciao”. Il rapporto con Tenco nel film è sicuramente cruciale, perché la scena iniziale si apre proprio con il primo tentato suicidio di Dalida, poco dopo la morte del cantante durante il festival. Gli altri due poi, nel 1977 e infine nel maggio 1987 quando fu trovata morta nella sua abitazione.

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“Pardonnez-moi, la vie m’est insupportable”, "perdonatemi, la vita mi è insopportabile". Poche parole lasciate al fratello ma che fanno capire come, nonostante il successo e le soddisfazioni, non riuscì mai a trovare se stessa. Dalida attraversò molti amori ma non l’abbandonò mai quella sensazione di sentirsi la morte incollata addosso. Perché oltre a Tenco altri due uomini si uccisero in seguito: l’ex marito Lucien Morisse e Richard Chanfray, uno dei suoi ultimi compagni. "Dopo il mio primo tentato suicidio ho provato a capire. Quello che cercavo da sempre era solo l’amore, quello vero”. Recità così la Alviti in una scena del film, che viene quasi interamente inframezzato dalgli intervalli musicali con la voce originale di Dalida, elemento che restituisce alla pellicola quell'autenticità che in quasi tutto il film forse però si perde nel cercare di ricostruire in maniera troppo distaccata il suo percorso di vita, ricco invece di molteplici sfumature.

A.R.

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