Lamezia, aperta mostra alla scoperta dei reati del fenomeno migratorio tra ‘800 e ‘900: "Molte le similarità con quanto avviene oggi"

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Lamezia Terme - La Sezione dell'Archivio di Stato di Lamezia Terme, in occasione delle "Giornate Europee del Patrimonio", che per l'edizione 2018 è dedicata al tema "L'arte di condividere", ha aderito con una mostra documentaria intitolata "Emigranti e immigrati, una vita difficile. Vicende processuali". L'esposizione di documenti che è stata presentata contribuisce a chiarire e definire l'evoluzione del fenomeno migratorio, che, nel caso della Calabria è stato un fattore di forte impatto e si sofferma in particolare su articoli che descrivono le figure dell'agente e del subagente di emigrazione. Queste figure si occupavano, per conto delle compagnie di navigazione, di procacciare emigranti da imbarcare, attraverso la diffusione di notizie, manifesti e opuscoli che pubblicizzavano la destinazione, la comodità dei viaggi e facendo da tramite tra migranti e compagnie di navigazione. Tra i documenti esposti si trovano anche fascicoli di omicidi commessi in America, alcuni tra italiani stessi, altri invece verso americani e copie di articoli di giornali americani che li descrivono; presenti anche lettere di persone emigrate che scrivono ai propri cari. 

Come sottolinea l'archivista di Stato la Dottoressa Maria Carmelina Macrì "durante il lavoro di schedatura degli atti processuali del fondo denominato "Miscellanea di processi penali" ci siamo imbattuti in molti fascicoli riguardanti reati inerenti il fenomeno dell'emigrazione di fine ottocento e inizi del novecento" e aggiunge "la lettura e lo studio approfondito di questi atti processuali, ci ha consentito di evidenziare le dinamiche migratorie, le strategie che avvenivano in quei tempi e abbiamo potuto riscontrare che il fenomeno poteva essere paragonato a quello che sta accadendo in questi anni in Italia". Ad aprire il tavolo dei lavori la lettura, da parte di Margherita Gigliotti, di un articolo di giornale del Times datato "New York 1903", in cui la vicenda di cronaca raccontata risulta incredibilmente simile alle tante che leggiamo sui giornali dei nostri giorni. La direttrice dell'Archivio di Stato di Catanzaro Maria Spadafora mette in risalto proprio quello che la lettura dell'articolo di giornale ha evidenziato "durante il lavoro di schedatura ci siamo resi conto della similarità tra emigrazione che fecero gli italiani alla fine dell'ottocento e inizio novecento e quello che avviene oggi in Italia, e che il concetto di non accettazione che avveniva è attuale" e aggiunge "da queste constatazioni abbiamo deciso di dare un'analisi storica e di sottolineare le analogie tra i due fenomeni". Alla fine del suo intervento la Direttrice Spadafora ha invitato i presenti ad osservare un minuto di silenzio per i colleghi dell'archivio di stato di Arezzo deceduti per una fuga di gas. 

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Al tavolo dei lavori è stato presente anche lo storico e antropologo Francesco Caravetta che ha riflettuto sul modo di vivere di inizio Novecento, sulle leggi del tempo e sulle difficoltà che l'emigrazione portava sia dal punto di vista economico che di organizzazione, e delle tante illegalità che c'erano dietro un flusso migratorio ingente e aggiunge "molti erano i modi illeciti per arrivare a destinazione quasi tutti partivano da Napoli ma chi partiva clandestino doveva fare un giro diverso e arrivare fino in Svizzera dove venivano rilasciati i passaporti falsi, dalla Svizzera dovevano recarsi a Marsiglia e prendere il piroscafo verso il Canada". Erano, infatti, molti i reati che venivano commessi pur di lasciare l'Italia ed emigrare; uno dei più rincorrenti era lo scambio di passaporti; qualora l'emigrante non soddisfaceva tutti i requisiti necessari comprava il passaporto da una persona che era in regola. Tra coloro che ricorrevano molto spesso alla falsificazione del passaporto c'erano i militari di prima e seconda categoria in congedo illimitato che non potevano recarsi all'estero senza avere la licenza del Ministero della Guerra. A chiudere il tavolo dei lavori l'intervento di Don Giacomo Panizza - Comunità Progetto Sud Lamezia Terme - che esordisce con un "purtroppo è estremamente facile in parallelismo tra le due immigrazioni" e aggiunge " qui a Lamezia Terme abbiamo accolto 156 migranti e ognuno di loro ha alle spalle una storia che necessita supporto e appoggio e ancora oggi dobbiamo confrontarci con le figure dei mediatori che la maggior parte delle volte, purtroppo, vengono visti come dei benefattori dai migranti che hanno permesso loro di arrivare in Italia e lasciare le loro terre d'origine".  Sarà possibile visitare la mostra ancora per oggi 23 settembre dalle ore 9 alle ore 13 e nel pomeriggio dalle ore 15 alle ore 19 presso la sede dell'Archivio di Stato di Lamezia Terme in via Aldo Moro, 40, primo piano. 

A.B.

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