Lamezia, riparte rassegna teatro contemporaneo "Ricrii": il 22 dicembre Frosini/Timpano al Tip con "Acqua di colonia"

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Lamezia Terme - Dopo l’anteprima di ottobre, con "La geisha che danza per amore" di Danza Flux Napoli, prosegue Ricrii la rassegna di teatro contemporaneo portata avanti nella sua storicità dalla Compagnia Scenari Visibili. Venerdì 22 dicembre alle 21 la Sala Beck to Beck del TIP Teatro di Lamezia Terme vedrà di scena la coppia Frosini/Timpano con "Acqua di colonia", spettacolo che solo qualche giorno fa, ha concorso tra i finalisti del Premio Ubu 2017 come miglior nuovo testo italiano.

Acqua di colonia

  • Testo, regia, interpretazione / Elvira Frosini e Daniele Timpano
  • Consulenza / Igiaba Scego
  • Voce del bambino Unicef / Sandro Lombardi
  • Aiuto regia e drammaturgia / Francesca Blancato
  • Scene e costumi / Alessandra Muschella e Daniela De Blasio
  • Disegno luci / Omar Scala
  • Progetto Grafico / Valentina Pastorino
  • Uno spettacolo di Frosini / Timpano
  • Produzione Accademia degli Artefatti, Kataklisma teatro
  • Con il contributo produttivo di Romaeuropa Festival, Teatro della Tosse
  • Con il sostegno di Armunia Festival Inequilibrio
  • Si ringrazia Teatro di Roma, C.R.A.F.T. Centro Ricerca Arte Formazione Teatro
  • Finalista Premio Ubu 2017 come miglior nuovo testo italiano

 

“Uno spettacolo sul colonialismo italiano. Una storia rimossa e negata, che dura 60 anni, inizia già nell'Ottocento, ma che nell'immaginario comune si riduce ai 5 anni dell'Impero Fascista. Cose sporche sotto il tappetino, tanto erano altri tempi, non eravamo noi, chi se ne importa. È acqua passata, acqua di colonia, cosa c'entra col presente? Eppure ci è rimasta addosso come carta moschicida, in frasi fatte, luoghi comuni, nel nostro stesso sguardo. Vista dall'Italia, l'Africa è tutta uguale, astratta e misteriosa come la immaginavano nell'Ottocento; Somalia, Libia, Eritrea, Etiopia sono nomi, non paesi reali, e comunque “noi” con “loro” non c'entriamo niente; gli africani stessi sono tutti uguali. E i profughi, i migranti che oggi ci troviamo intorno, sull'autobus, per strada, anche loro sono astratti, immagini, corpi, identità la cui esistenza è irreale: non riusciamo a giustificarli nel nostro presente. Come un vecchio incubo che ritorna, incomprensibile, che ci piomba addosso come un macigno”.

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