Rapporto Pmi Mezzogiorno: economia in salute ma preoccupa rallentamento crescita

salute-imprese-pm119.jpgCagliari - "Il trend di crescita delle Pmi meridionali riscontrato per tutto il 2017 inizia a mostrare segnali di rallentamento e i risultati delle imprese evidenziano prospettive incerte per i prossimi mesi. Per tornare a correre, ed arginare il peggioramento in vista, le sfide decisive per le piccole e media imprese sono l'apertura del capitale, della governance e l'internazionalizzazione, e il conseguente salto dimensionale". È quanto si afferma in un comunicato di Unindustria Calabria in relazione ai dati contenuti nella quinta edizione del Rapporto Pmi Mezzogiorno, presentati a Cagliari, a cura di Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. "Il Rapporto - è detto nel comunicato - restituisce una fotografia in chiaroscuro delle quasi 30mila Pmi di capitali del Mezzogiorno comprese tra 10 e 250 addetti, che da sole vantano oltre 136 miliardi di euro di fatturato e un valore aggiunto di quasi 32 miliardi di euro, pari a circa il 10% del Pil meridionale. È una fotografia in chiaroscuro perché fino al 2017 mostra, per il quinto anno consecutivo, un andamento positivo del fatturato (+4,4%) e del valore aggiunto (+3,5%) non molto lontano da quello delle Pmi del resto del Paese. Ma al tempo stesso emergono anche segnali negativi come la ulteriore frenata della redditività lorda, con i margini che crescono solo dello 0,5% e un indebitamento sostanzialmente fermo (+0,4%), segno che per numerose imprese l'accesso al credito resta difficoltoso, nonostante l'ampia liquidità a tassi accessibili ancora disponibile".

"Dal Rapporto Pmi Mezzogiorno - afferma l'imprenditore calabrese Natale Mazzuca, presidente del Comitato per le Politiche di Coesione di Confindustria - emergono segnali contrastanti sullo stato di salute dell'economia meridionale: prosegue nel 2018 il progressivo ma lento miglioramento, ma le prospettive per i mesi a venire restano incerte. I risultati positivi degli ultimi anni sono il risultato della scelta di sostenere in maniera massiccia gli investimenti privati tramite lo strumento del credito di imposta Mezzogiorno e l'iperammortamento. Garantire l'orizzonte temporale di questi strumenti è perciò fondamentale". "Presenti nello studio - è detto nel comunicato - numerosi dati sull'andamento economico della Calabria. Nel 2017 la crescita della regione è mediamente più contenuta (+2,7%). Crescono gli occupati nelle Pmi calabresi (+10,1%) e in quelle medie (+4,4%). In valori assoluti il numero di occupati nelle Pmi calabresi è di 43mila addetti. L'apertura e la crescita dimensionale potrebbero dare alle Pmi meridionali energie nuove per affrontare la terza sfida decisiva: quella dei mercati internazionali. Su un totale di 30mila Pmi, quelle a forte vocazione internazionale sono ancora troppo poche, solo 2.500, l'8,7% del totale (il 20,7% in Italia). La presenza di società che hanno una forte vocazione internazionale è in Calabria molto più ridotta che nel resto d'Italia: solo 82 società, il 5% del totale delle Pmi, hanno uno score 'certo o molto alto', contro una quota del 20,7% calcolata a livello nazionale e dell'8,7% per il Mezzogiorno nel suo complesso. Secondo le previsioni di Confindustria e Cerved, imprese più solide, più aperte e più internazionalizzate possono affrontare meglio una congiuntura che non si annuncia facile". "Oggi gli ambiti che presentano un approccio integrato e innovativo allo sviluppo del Mezzogiorno e della Calabria - sostiene ancora Mazzuca, presidente di Unindustria Calabria - si chiamano Zone Economiche Speciali. Prevedono in un'unica soluzione interventi di sostegno alle imprese, miglioramenti infrastrutturali e semplificazione amministrativa. Hanno, insomma, tutte le caratteristiche per costituire un laboratorio efficace per il rilancio dei territori".

Situazione in chiaroscuro per le piccole e medie imprese del Meridione

Situazione in chiaroscuro per le piccole e medie imprese del Meridione che nel 2018 hanno fatto registrare "segnali di rallentamento" del trend di crescita riscontrato negli ultimi anni. Questo è quanto emerge dalla quinta edizione del Rapporto Pmi Mezzogiorno, a cura di Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno - presentato stamane a Cagliari alla presenza di Vincenzo Boccia e del neo governatore sardo Christian Solinas. Per tornare a correre, ed arginare il peggioramento in vista, le sfide decisive le Pmi - si legge nel report - dovrebbero puntare su apertura del capitale, governance e internazionalizzazione, e conseguente 'salto dimensionale'.

Le quasi 30mila Pmi di capitali del Mezzogiorno comprese tra 10 e 250 addetti, che vantano oltre 136 miliardi di euro di fatturato e un valore aggiunto di quasi 32 miliardi di euro, pari a circa il 10% del Pil meridionale, fino al 2017 hanno mostrato, per il quinto anno consecutivo, un andamento positivo per il fatturato (+4,4%) e per il valore aggiunto (+3,5%) non molto lontano da quello delle Pmi del resto del Paese. Ma al tempo stesso emergono anche segnali negativi come la ulteriore frenata della redditivita' lorda, con i margini che crescono solo dello 0,5% e un indebitamento sostanzialmente fermo (+0,4%), segno che per numerose imprese l'accesso al credito resta difficoltoso. A pesare sulla competitivita' delle imprese meridionali è un costo del lavoro che nel 2017 e' tornato a crescere più del valore aggiunto, portando il Clup (Costo del lavoro per unita' di prodotto) al 69,8%, anche per effetto di un significativo incremento degli addetti (85 mila in più, +10%), portando gli occupati nelle Pmi meridionali nel complesso a 742 mila, di cui il 58% impiegato in piccole imprese. Continua il trend di miglioramento dell'affidabilita' finanziaria, iniziato nel 2012. A dicembre 2018, crescono le Pmi meridionali in area di sicurezza e solvibilità, calano quelle piu' vulnerabili, mentre la fetta di imprese piu' rischiose si mantiene stabile, come stabile e' il gap con la media nazionale: solo la meta' delle Pmi meridionali ha, infatti, uno score "sicuro" o "solvibile", contro i 2/3 della media nazionale. Proprio i movimenti dello score indicano un possibile rischio di frenata di questo trend di miglioramento: a partire da fine 2018, per la prima volta dopo il picco della crisi, le Pmi che vedono peggiorare il proprio merito di credito stanno tornando a crescere, mentre calano quelle che lo migliorano.

I segnali di rallentamento riscontrati nel rapporto trovano conferma in alcuni indicatori piu' congiunturali come leggero aumento dei giorni necessari al pagamento dei fornitori (+0,7) mentre tornano a crescere fallimenti (+5,3%) e liquidazioni volontarie in bonis (+5,1%). Tra le imprese osservate, quelle industriali mostrano risultati in linea con quelli del complesso dell'economia, con fatturato in crescita e margini compressi, un indebitamento stabile ed una affidabilita' creditizia che si consolida: quasi il 55% delle Pmi industriali al Sud vanta, infatti, uno score "sicuro" o "solvibile". Il principale problema del tessuto industriale al Sud - sempre secondo il preport - si conferma la sua "rarefazione": sebbene il loro numero continui lentamente a risalire, manca ancora all'appello il 18% delle Pmi industriali attive nel 2007. Secondo quanto emerge dall'indagine i risultati delle Pmi meridionali sembrano aver raggiunto un punto critico: occorre un salto dimensionale che richiede "forti iniezioni di capitale, nuove competenze ed una governance piu' matura, imponendo una progressiva apertura delle Pmi familiari, che sono ancora la forma prevalente al Sud (74%) piu' ancora della media nazionale". L'apertura e la crescita dimensionale potrebbero dare alle Pmi meridionali energie nuove per affrontare la terza sfida decisiva: quella dei mercati internazionali. Su un totale di 30mila Pmi, quelle a forte vocazione internazionale sono solo 2.500, l'8,7% del totale (il 20,7% in Italia). Imprese piu' solide, piu' aperte e piu' internazionalizzate possono affrontare meglio una congiuntura che non si annuncia facile: secondo le previsioni di Confindustria e Cerved, fatturato e valore aggiunto delle Pmi meridionali dovrebbero crescere in maniera contenuta, di poco inferiore a quella, gia' ridotta, dell'intero Paese, mentre i margini, stagnanti fino al 2017, potrebbero ulteriormente rallentare fino a contrarsi nel 2019.

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