Maccio Capatonda al Lamezia Film Fest: "Il segreto è tirar fuori la propria unicità" - VIDEO INTERVISTA

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Lamezia Terme - Uno degli ospiti dell'ultima giornata del Lamezia Film Fest è stato Maccio Capatonda, al secolo Marcello Macchia, attore, regista e comico che con i suoi personaggi, sempre sopra le righe, riesce a trasmettere tutto un mondo sommerso sotto ogni aspetto.  Dalla sua prima apparizione in tv al programma Mai dire lunedì, proprio con il nome Maccio Capatonda, di tempo ne è passato, ed è riuscito a inventarsi uno stile unico, con il quale inizialmente ricrea finti show e reality, per arrivare poi a scrivere e dirigere serial e sit-com dal sapore ironico-demenziale, ma attraverso cui racconta senza mezzi termini, la deriva culturale che è caratteristica dei nostri tempi; partendo dalla storpiatura grammaticale, creando poi un vero e proprio universo letterario a sè stante. 

 Dopo le sue esperienze televisive, e sul web, arriva anche al cinema, con film le cui battute e scene sono diventate dei cult, come in "Italiano medio", "Quel bravo ragazzo" oppure "Omicidio all'italiana".  In occasione della sua presenza al Lamezia Film Fest, il lametino.it lo ha incontrato e insieme dialogato sull'unicità dei suoi personaggi, sulla sua capacità di arrivare diretto alla gente, e sul suo amore per il cinema.

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I tuoi personaggi sono sempre sopra le righe, unici nel loro genere, a chi o a cosa ti ispiri?

"Mi ispiro soprattutto a ciò che vedo nei social media, ma anche nella realtà e alle persone che mi circondano, i miei parenti o i miei amici, e anche alle mie profonde sfaccettature dell'anima.

Tu hai la capacità di arrivare agli altri con un linguaggio tutto tuo, qual è il segreto?

"Il segreto è riuscire a tirar fuori la propria unicità, anche inconsapevolmente, io spesso ci riesco, altre volte meno, e le volte in cui ci riesco sono quei momenti in cui penso che in realtà non ci sono riuscito".

Come e quando hai capito che nella vita era questo quello che desideravi davvero?

"Io ho sempre voluto fare questo lavoro, da quando avevo sette anni, poi a nove anni mi hanno regalato la telecamera, e ho iniziato a fare le prime cose, ma non era un lavoro, era un hobby. Quando, poi, mi chiamò la Gialappa's Band, per la prima volta nel 2004 e iniziai a fare dei video per la trasmissione, ho avuto un attimo di paura, e mi sono detto che non ero in grado di farlo, ma avendo quella grossa responsabilità, e impegni da rispettare, ho iniziato a farne sempre di più e a poco a poco ho capito che quella era la mia strada. Inizialmente volevo fare il regista impegnato, o regista di film horror, ma ho capito che questa è la mia strada". Poi conclude con "Un saluto a Lamezia con tanto di cappello" lanciando in aria il suo cappellino e facendolo atterrare simpaticamente sulla testa". 

Antonia Butera

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