La resistenza civile che in Calabria non c’è

Pubblicato in Filippo Veltri

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Come puo’ avanzare quel tentativo di un racconto normale della Calabria (di cui ho parlato sul n.179 de ‘il Lametino’ del dicembre scorso)  se contestualmente non fa passi da gigante quella resistenza civile di cui non si vede invece nemmeno l’inizio?  Questo e’ il problema dei problemi che ci troviamo difronte anche in questi primi mesi del 2012. Ma chi la deve fare questa resistenza civile?  Chi soprattutto la deve promuovere? Qui si arriva al cuore del problema dei problemi:  un tempo si diceva la societa’ civile, la buona cultura,  la buona universita’, il sindacato, e via di questo passo, e si aggiungeva che se non ci pensava la societa’ civile….Ma quella societa’ civile – si aggiungeva – era del tutto eguale alla societa’ politica e quindi….

Vero, tutto vero perche’ se non incardiniamo la discussione su un binario di verita’ non andiamo da nessuna parte: il problema drammatico della Calabria di oggi e’, dunque, la politica. Non lo e’ tanto e non solo negli evidenti tratti di contiguita’, di legami, di rapporti. Qui c’e’ materia per tribunali e questo e’  il tracciato addirittura piu’ semplice da combattere. Il vero problema e’ che siamo in presenza, nel suo complesso e fatte salve poche eccezioni, ad una classe politica che non e’ in grado oggi di cogliere quella domanda di un racconto normale, di farvi fronte con gli strumenti di governo delle istituzioni e , dunque, alla fine di rappresentare quella parte migliore della societa’. Una parte china, muta, che vorrebbe gridare ‘ma io che c’entro con la mafia?’ Ma che alla fine si ritrova sempre piu’ sola, sempre piu’ muta, sempre piu’ inascoltata e alla fine il rischio e’ che diventi anche sorda.

Certo quel racconto della Calabria e’ assai arduo, quando capitano tra le mani storie recenti come quella di Maria Concetta di Rosarno, suicida per colpa dei genitori. E’ difficile perche’ e’ da qui che bisogna partire e ne hai voglia di dividere le cose buone da quelle cattive quando leggi di una storia terribile come quella e poi ti ricordi di altre un anno fa e altre ancora due anni fa e cosi’ via. Poi la relazione dell’Antimafia con quella tombale parola ‘’strutturale’’ a proposito della ‘ndrangheta. E poi quei dati dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, sulla diffusione della ‘ndrangheta e sulla sua pervasione. ''La 'ndrangheta e' una forma di criminalita' piu' difficile da combattere perche' radicata anche e soprattutto nei legami familiari che sono piu' difficili da estirpare'': cosi’ ha detto il ministro della Giustizia, Paola Severino, intervenendo a Palmi all'intitolazione al giudice Antonino Scopelliti, ucciso nell'agosto del 1991, dell'aula della Corte d'assise di Palmi. ''E' anche per questo - ha aggiunto il Ministro - che ci rivolgiamo alle famiglie affinche' al loro interno non insegnino il disvalore dell'illegalita'''. Sante parole.

Eppure un corridoio stretto esiste e dentro questo stretto corridoio ci si puo’ incamminare ma con grande onesta’ intellettuale, coraggio e tanto rigore. Perche’ si puo’ cadere da un lato e dall’altro, cioe’ nell’ enfasi ma anche nell’omettere, anche in buona fede, i dati di fatto per cercare quella normalita’ di narrazione. La Calabria non ha bisogno di questo ma di un racconto senza sconti per nessuno, lucido nella sua analisi sulle tante cose che non vanno, e dunque sulla pervasita’ mafiosa in primo luogo. Ha bisogno anche che le poche positivita’ che fiammeggiano non si spengano, non vadano disperse, non si affievoliscano ma anzi crescano e si sviluppino. Questo e’ compito dei calabresi onesti –  si dice sempre che sono la ‘stragrande maggioranza ma io, in verita’, non so se siano davvero questa stragrande maggioranza  di cui sono pieni convegni e buone intenzioni- faccia la propria parte, si spenda, si prenda di coraggio, faccia fino in fondo il proprio dovere. Basta con la litania ‘’ma gli altri…’’. Si cominci con ognuno al suo, per primi, senza deleghe e senza attese messianiche in qualcun altro che deve fare prima di noi. ‘’Il Quotidiano della Calabria’’ ed il suo direttore hanno organizzato –  tempo fa – una grande manifestazione di resistenza civile alla ‘ndrangheta a Reggio Calabria. Come e’ noto ando’ benissimo. Poi nessuno ha raccolto quella bandiera, quelle bandiere. E’ stato lasciato morire tutto.   Torniamo allora a quella assenza di resistenza civile  che pero’ e’ indispensabile in questo momento. Dopo la storia di Concetta da Rosarno ancora una volta l’unica proposta  e’ venuta  dal direttore del Quotidiano, per far si’ che l’8 marzo festa delle donne sia un giorno di lotta e ricordo per le donne calabresi cadute recentemente nel loro impegno antimafia. Cosi’ si incoraggia concretamente quella resistenza civile in assenza della classe politica calabrese.

Il resto sono chiacchiere. Solidarieta’ a raffica quando uno viene intimidito, parole, ma poche condivisioni reali. Si puo’ andare avanti cosi’? Con questa latitanza di sordi e muti?   In questo sentiero stretto stretto qualcuno deve pure incamminarsi, deve sporcarsi le mani, deve ragionare con rigore ma con intelligenza, altrimenti alla fine le macerie cadranno su tutto e tutti, e non ci pare ne’ giusto ne’ normale.  Noi ci proviamo.

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