Statale Ionica, le promesse e i fatti

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

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filippo_veltri.jpgOgni anno d’ estate - e puntualmente - ricomincia la conta terribile dei morti sulla statale ionica 106, quella che da Taranto porta a Reggio Calabria attraversando 4 delle 5 nostre province. Ed ogni estate torna, altrettanto puntualmente, la promessa di un massiccio intervento pubblico per porre mano allo stato di questa importante arteria stradale. A fine luglio 2014 un altro messaggio Anas ci ha informato di altre decine di miliardi in arrivo. Eppure, come ha notato il prof. FRANCESCO RUSSO, dell’Universita’ di Reggio Calabria, la realizzazione dei megalotti segna il passo. ‘’Allo stato attuale, sulla 106, sembra – ha scritto il prof. Russo - si stia formando la tenaglia terribile che ha stretto già l’Ilva. A Taranto cosa è successo? Un duro contrasto.Da una parte la NON-sostenibilità sociale declinata con la disoccupazione e il lastrico per le famiglie e con i morti; dall’altra la NON-sostenibilità ambientale, declinata nel modo più tremendo con i morti per l’inquinamento. Nei mesi passati abbiamo assistito al dramma riportato dai media sul che fare. Le interviste con i cittadini di Taranto e con i lavoratori dell’Ilva, hanno evidenziato la morsa di quella tenaglia. Oggi sulla 106 sembra stringersi una tenaglia simile. Di nuovo un duro contrasto’’.

Da una parte la NON-sostenibilità sociale, se non dovesse approvarsi il progetto definitivo del megalotto 3, con il tributo di morti, feriti, incidenti gravi, dovuti alle condizioni attuali della strada. Dall’altra la NON-sostenibilità ambientale, se dovesse approvarsi, con la preoccupazione per gli impatti che la realizzazione di alcune opere possono produrre sull’ambiente della costa jonica.Non è accettabile finire in questa trappola. Non è accettabile una battaglia ideologica come quella sul Ponte. ‘’Non è vero  - scrive Russo - che realizzando una strada a carreggiate separate, al posto di una a carreggiata singola, si abbattono i tributi di morte. È facile vederlo. Basta ricordare cosa succede nel raccordo di Reggio, tra la A3 e la 106. Si raggiunge uno dei più alti indici di incidentalità d’Italia in una strada a carreggiate separate: 55 incidenti in un anno in un chilometro ben individuato.Dall’altra la sostenibilità ambientale. Si sente fare un ragionamento: l’impatto ambientale si riduce mettendo sottoterra le opere. Non è vero che le nuove infrastrutture, stradali o ferroviarie, debbano essere tutte in galleria. Non è obbligatorio che le opere di ingegneria siano devastanti. La Convenzione Europea del Paesaggio (approvata nel 2000, ratificata dall’Italia nel 2006) ha segnato un nuovo approccio normativo, politico e culturale: il paesaggio assume un ruolo giuridico, supera il limite della bellezza panoramica e diventa promotore di sviluppo del capitale territoriale, superando la tradizione della tutela del bene estetico, bellezza ambientale e culturale da sottoporre a vincolo assoluto.Bisogna togliere la SS 106 dal terreno ideologico e bisogna separare due livelli temporali. Intervengano Governo regionale e Governo nazionale. Subito, con interventi finalizzati per abbattere il tributo che la Calabria non deve pagare. Raccordo A3 e 106 siano simboli di sicurezza. Ci vogliono pochi soldi e poche settimane, molta capacità ingegneristica e molta decisionalità. Si intervenga nei punti critici, negli accessi. Si attivi un controllo telematico: dalle infrazioni di velocità, alle infrazioni del rosso; dai veicoli fermi in condizioni pericolose, a quelli contromano; dall’informazione sui cantieri, alle code. La nuova 106 può e deve essere fatta in pochi anni, può e deve essere sicura e pienamente integrata nel paesaggio’’.

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