L’anima della montagna e della terra

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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bevilacqua_foto_blog_nuova.jpgSento gli alberi, e i loro pensieri. Avverto la montagna, e la sua commozione. Osservo la valle, e le sue lacrime. Sono creature animate. Persone. Compagni di viaggio. Se io sono il soggetto, loro lo sono in egual misura. L’impresa biotica sulla Terra non appartiene solo a noi umani. Non è necessario parlare: gli spiriti sono ovunque. Nella neve sollevata dal vento. Nelle cortecce strinate dal gelo. Nelle fronde, addobbate di bianco. E poi il cielo azzurro e le nubi minacciose. E poi il ghiaccio nelle pozze. E poi il lago fra le ginestre. E le foglie dei faggi, sorprese dall’inverno ancora sulle fronde. E gli aghi dei pini, e le loro pallide collane. Mi basta, per sentirmi felice.

Con i miei fratelli e le mie sorelle.Con il padre, sopra il mio capo: Urano, il cielo stellato. E la madre, sotto i miei piedi: Gea, la Terra. E la bellezza pura e intonsa, ovunque, intorno a me. E rammento il mio credo, il mio dono. Dio non desidera altro tempio che la natura. Perché non v’è tempio più sontuoso della natura.

Come ricorda Charles Eastman. Dio non vuole parole né cerimonie. Gli basta la voce del vento e lo stormire delle fronde. Dio non vuol essere rivelato. Perché egli è il Grande Mistero. Dio non vuole candele. Gli bastano il sole e, di notte, mille stelle lucenti. Dio non vuole incensi. Gli basta la resina dei pini e degli abeti. Dio non vuole acque sante. Gli bastano i fiumi, i torrenti, i ruscelli, le fonti. Dio non vuole un tetto. Gli basta la volta del cielo. E’ Dio che cerco oggi quassù, fra le nevi della Sila Grande, sul crinale di Serra di Coppo, fra le valli del Bufalo e del Mellaro. Con alle spalle il Lago Arvo e dinanzi Monte Botte Donato. E con Dio cerco anche l’anima della montagna.

Cerco quel che non si trova nell’esistenza desacralizzata delle città. Cerco lo spazio sacro che si oppone alla dimensione profana della vita. Cerco il tempo non monetizzabile, il tempo inutile. Cerco l’imago mundi, la soglia da varcare per entrare nel tempio. E trovo quassù il cosmo, che non può divenire caos.

Benché ogni giorno, migliaia di miei co-specifici lavorino per cancellare il cosmo, per abbattere il recinto del sacro, per produrre caos. Io sono un primitivo. Posseggo un’umile intelligenza emotiva. Mi commuovo dinanzi al sole che sorge, alla neve che cade, al cielo della sera che si riempie di stelle. Il gelo non mi fa paura. Perché so che viene dal Grande Mistero. E serve alla montagna per riposare, riempirsi di linfa vitale. E sono qui, nel centro del Mondo, stupito e pago, a ringraziare Dio per questa effimera scintilla di vita che ancora tiene accesa dentro di me.

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