Montagna, coincidenze junghiane. Operazione Mato Grosso: un altro mondo è possibile.

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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francesco_bevilacqua_.jpgIl meteo è pessimo su tutta la Calabria: rischio pioggia, neve, nebbia, nuvole basse. Dopo lunga incertezza, scarto mete lontane per la mia escursione-messa domenicale. Ma lo faccio a malincuore. Fino al mattino presto ho nella testa i pini loricati del Pollino, che saranno stracolmi di neve e di gelo: uno spettacolo! Ma le strade per avvicinarsi ai punti di partenza a piedi saranno poco praticabili. E poi c’è il rischio di fare centocinquanta chilometri in auto e di essere costretti a ripiegare. Fino alle 8 del mattino il programma è di andare a cercare una cascata sul Fiume Corace. Le piogge l’avranno resa sontuosa. Ma, quando scorgo, dal balcone di casa mia, il crinale del Monte Reventino ammantato di neve, l’attrazione è fatale. Avverto il mio unico compagno di escursione superstite e prendiamo una strada secondaria che sale verso Sambate, frazione di Platania. Incrociamo una macchina. Ci fanno cenno di fermarci. Un ragazzo di una ventina d’anni, con accanto una ragazza della stessa età, mi chiedono come fare per andare sul Monte Botte Donato in Sila, per un’escursione. Li guardo esterrefatto: “ma come siete finiti qui? Siete completamente fuori strada! Per il Botte Donato, dovete prendere l’autostrada, fare altre due ore d’auto, raggiungere Lorica. E, da lì a piedi, ci vorranno due o tre ore di cammino? Avete le ciaspole?”. La risposta è no. “Potreste andare a Monte Scuro, ma risparmiereste solo un po’ di chilometri. Poi dovreste fittare delle ciaspole o degli sci da fondo e camminare nella folla che la domenica, a metà mattinata, fa sci da fondo e progressione con le ciaspole sulla strada delle vette, tra Monte Scuro e Monte Botte Donato. Se vi va di andare in un ipermercato della neve fate pure. Altrimenti, se vi fidate, girate l’auto e venite con noi”. “Veniamo con voi”. Lui, Osvaldo, è pugliese. Lei, Agnese, è valtellinese. Sono così giovani, garbati, fiduciosi! Mi hanno fatto subito tenerezza. Prima coincidenza: se io non avessi cambiato itinerario all’ultimo momento, se loro non avessero sbagliato strada, non ci saremmo incontrati. Iniziamo a camminare nella neve. Per noi non è un problema: abbiamo scarponi pesanti e ghette. Agnese, invece, ha delle scarpe leggere e piuttosto malconce: in un quarto d’ora avrebbe i piedi gelati. Seconda coincidenza: ho portato, giusto per sicurezza, un solo paio di ciaspole. Gliele do. Saliamo per il pendio che da Sambate porta a Monte Tombarino. Per prima cosa dico loro che deve esserci una ragione per aver fatto questo stranissimo incontro. Ragioni distinte, ovviamente, per ciascuno di noi. Sorridono incerti. Gli dico che Carl Gustav Jung su questa faccenda delle coincidenze ci ha scritto un saggio dal titolo “Principio di sincronicità”: lui le chiamava coincidenze acausali significative, ossia fatti che accadono sincronicamente (come quando uno sogna una persona che ha perso di vista e il giorno dopo l’incontra), che non sono legati da un nesso di causa-effetto, ma che hanno significati a volte molto profondi per la nostra psiche. Prima della fine dell’escursione sapremo perché ciò è accaduto. Ci scambiamo i nomi.

Terza coincidenza. Appena sente il mio, lo vedo trasalire: “Ma io ho in macchina un suo libro, Francesco Bevilacqua, Montagne di Calabria!”. Gli chiedo come se l’è procurato. "Ce lo abbiamo in comunità" riponde. “Quale comunità?”, domando ancor più incuriosito. “Noi facciamo i volontari in una delle comunità di Operazione Mato Grosso, che sta a Maida. Il fondo si chiama L’aranceto. La comunità la chiamiamo Sogno e Realtà. Coltiviamo ulivi e agrumi. Una piccola parte del ricavato è per l’auto-sostentamento. Il resto è tutto per le missioni in Sud-America e per i poveri. Ci coordina Stefano. Il nostro assistente spirituale è don Claudio. Viviamo tutti insieme. Un piccolo nucleo è stabile, con le famiglie e i bambini. Il resto siamo giovani provenienti da tutt’Italia che fanno volontariato per un certo periodo. Qualcuno resta. Altri partono per le missioni. Qualcuno va via e basta. Non abbiamo televisione né Internet. Il giorno siamo nei campi. Alla sera durante e dopo la cena, parliamo tra noi. Qualche volta ci concediamo degli svaghi come quello di oggi.” Quarta coincidenza: da anni leggo Serge Latousche, Ivan Illich, Lewis Munford, Jacques Ellul, Cornelius Castoriadis ed altri autori, che dicono che un altro modo di vivere è possibile rispetto al modello produttivistico-consumistico, iper-liberista, mercantilista, dello sviluppo e della crescita senza limiti, della competizione-sopraffazione, dell’accumulo economico-finanziario da parte di un piccolo ceto di ricchissimi che affama popoli e nazioni, che produce guerre, migrazioni di massa, profughi, che cancella culture, etnie, che impone stili di vita, coca-cola, walt disney e mac-donald, che crea i monopoli alimentari delle grandi multinazionali e distrugge le piccole colture tradizionali, che spopola le campagne ed i paesi ed accumula orde di umani nelle megalopoli, nelle città e lungo le coste, che propaganda l'idea che la scienza e la tecnica possono farci dominare il creato. E sostituire perfino Dio. L’esperienza di Operazione Mato Grosso mi ha sempre incuriosito. Ma non sapevo che vi fosse una comunità di agricoltori che facesse parte del circuito qui in Calabria. E per di più a pochi passi da me.

Il paesaggio è fiabesco. Ontani e querce strinati dal gelo. La perturbazione è un vortice di nubi e squarci di cielo sopra di noi. La luce penetra con improvvise, effimere lance abbacinanti sotto la trapunta grigia delle nuvole. Sul crinale di Monte Tombarino ci coglie una nevicata fitta. Il tempo di salutare, trafelati, i primi pini della zona alta e siamo costretti a ripiegare. Intanto parliamo. E parliamo e parliamo e parliamo. Sono avido di informazioni. E di relazioni. Mi commuove sapere che in una società dominata dalla competizione, dall’ambizione e dal profitto, ci sia chi fa esattamente il contrario: convivialità, umiltà, solidarietà. Ripresa l’auto, una piccola tregua meteo mi consente di portare Osvaldo e Agnese a vedere la Cascata della Tiglia, a Panetti, altra frazione di Platania. Ulteriore mezz’ora di cammino. La cascata è magnifica! Così ingrossata dalle piogge: mi ricorda una donna gravida. Rientriamo all’auto che piove di nuovo. Saluti commossi. Sorrisi. Osvaldo continua a ripetere “Non ci posso credere!”. Martedì parte per il Perù. Andrà a fare un’esperienza in missione. Stasera in comunità fanno una festa per salutarlo. Don Claudio dirà messa. Si faranno le pizze per tutti gli amici della zona. Mi invita. La sera sono lì, con la mia famiglia. Voglio far capire ai miei figli che si può vivere in modo diverso da come vogliono la televisione, Internet, i persuasori occulti, i grandi economisti del fallimento globale, i Renzi, le Merkel, gli Holland di turno. Che accanto al modello Dubay e New York c’è quello L’Aranceto e Sogno e Realtà. Poi scelgano ciò che vogliono. Le loro vite sono solo loro. Hanno il compito di realizzare se stessi: ed io li asseconderò. Nella grande stanza cucina e refettorio siamo una cinquantina. Osvaldo, don Claudio, Stefano, io commentiamo la serie di incredibili coincidenze che ci hanno condotto a ri-conoscerci. Li diverto con un filmato sulle nostre escursioni. Sono grato per quel che fanno per tutti noi, per questo mondo impazzito, per quel po’ di speranza in più che oggi mi hanno donato. Complice, ancora una volta, la montagna.                      

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