Radici contro fronde?

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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Tanto per non trastullarmi con le mie convinzioni, ho letto un agile libro di Maurizio Bettini (filologo all'Università di Siena) che si intitola "Contro le radici". Proprio io, che ho sempre pensato di avere radici! Sostiene Bettini che la metafora della radici, ancorché richiamare la nostra storia, la nostra cultura, è sinonimo di conservazione, di immobilismo. Le radici, insomma, sarebbero una palla al piede. Perché, scrive Bettini, se c'è qualcosa che caratterizza la cultura, è, per l'appunto, la sua capacità di mutare, di trasformarsi nel corso del tempo. Tutto ciò ha indubbiamente un fondo di verità. Bettini, pur ammettendo, più prudentemente, all'inizio del libro, che occorre superare la sterile contrapposizione tra l'individuo che vive fuori dalla sua cultura e quello che vive imprigionato nella sua cultura (il che rappresenterebbe la sintesi più ovvia del problema), finisce poi per ripetere sino alla fine la tesi secondo cui richiamarsi alla "tradizione", all'"identità", alla "memoria" e soprattutto alle "radici", è un'operazione passatista. Ora, capisco che per interessare il lettore, a volte, occorra costruire dei libri paradossali o provocatori. Ma è lo stesso Bettini, proprio nell'ultimo capitolo del libro - significativamente intitolato "Memoria madre dell'oblio" - che finisce col dimostrare che la distinzione tra passato e futuro non può essere così manichea. Parla di turismo e di memoria culturale. E racconta di una sua visita a Corti, in Corsica, culla dell'esperienza indipendentista dell'isola. Bettini lamenta di essersi trovato in una cittadina decisamente turistica, con tutto l'armamentario di tradizionalismo retorico, che ben conosciamo: i coltelli venduti nelle bancarelle made in Cina con su scritto "vendetta corsa", il trenino tipo Disneyland che scarrozza in giro turistico compiaciuti visitatori stranieri etc. E conclude - non senza un pizzico di amarezza - che con il turismo in qualità di levatrice, la memoria culturale aveva partorito il suo oblio. Mi è venuto spontaneo scrivere a penna subito dopo la fine del libro: "Ma allora la memoria culturale ti interessa!" E se si, perché? Credo lo sappia bene anche Bettini. Senza le radici non ci sarebbe un tronco solido. E senza le radici, alle fronde (che potremmo assumere come metafora di futuro o di progresso o di qualunque altra cosa che rappresenti il divenire) non arriverebbe quella linfa che serve a produrre sempre nuove foglie, nuovi fiori, nuovi frutti, nuovi semi. L'ho fatta un po' complicata, a furia di metafore. Ma ho voluto pormi sullo stesso piano del linguaggio di Bettini. In verità, sarebbe stato più facile richiamare il motto di Carlo Levi, "il futuro ha un cuore antico". Semplice, chiaro, efficace. Senza bisogno di ricorrere a metafore.

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