E Spartaco combattè contro Roma nel… Bruzio

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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francesco_vescio.jpgDopo la Guerra sociale il Bruzio fu parte integrante della Federazione italica e gli abitanti godevano degli  stessi diritti ed erano soggetti agli stessi obblighi di tutti gli altri “socii” di Roma; non vi erano particolari motivi di tensione contro il dominio romano in quel periodo; tuttavia la regione fu coinvolta dall’esterno nella guerra servile (in latino: bellum servile) che perdurò dal 73 al 71 a.C; e fu aspramente combattuta in diverse regioni dell’Italia peninsulare. In questa sede ci si occuperà  in modo specifico degli eventi  accaduti nel Bruzio. In Sicilia, allora provincia romana, si erano verificate già due rivolte da parte di schiavi insofferenti delle proprie dure condizioni di vita: la prima negli anni 135- 132 a.C. e la seconda nel 104 – 100, ma si era trattato di ribellioni a carattere locale e i mezzi militari impiegati per domarle erano stati consistenti, ma alla portata della grande potenza, che dominava nelle terre del bacino del Mare Mediterraneo.

La rivolta dei gladiatori della scuola di Capua, guidati da Spartaco, uno schiavo di origine tracia, a cui si aggiunsero ribelli provenienti da altre regioni, assunse un carattere di natura insurrezionale ed impegnò le legioni di Roma in diverse battaglie in varie zone della Penisola senza estendersi in Sicilia come il capo dei rivoltosi aveva cercato di fare, ma fu tradito da pirati cilici con cui si era accordato per attraversare lo Stretto di Messina con le navi da loro promesse, ma questi lo abbandonarono prima dell’imbarco; fu questo uno dei motivi per cui il Bruzio fu coinvolto più duramente nella guerra servile; il testo seguente offre una sintesi molto significativa di tali eventi per quanto riguarda il coinvolgimento di quest’ultima regione:

“Fu una vera rivoluzione; durò dal 73 al 71 av.Cr.e raccolse attorno a sé le simpatie e le forze delle popolazioni meridionali, che avevano partecipato alla guerra italica. Anche quella rivoluzione era destinata a soccombere, ed anch’essa si ridusse in estrema difesa nel Bruttio. Quasi tutto il paese partecipava ad essa, - Thurii, Cosenza, Crotone, Squillace, Vibo Valentia, ecc. La resistenza romana ridotta come nella Guerra Italica a Locri e a Reggio. La stessa situazione bellica d’allora. La lotta fu accanita; Spartaco fu accerchiato nell’estrema terra reggina. A poterlo ridurre all’impotenza si pensò financo  dal generale Licinio Crasso (cfr. Plutarch., Crasso), di costruire una muraglia-fossato Squillace - S. Eufemia. Spartaco riuscì a spezzare ogni resistenza e riparò sui monti di Petelia. Ivi si combatté una battaglia decisiva; Spartaco cadde eroicamente, legando il suo nome alla storia dell’umana civiltà. Del suo esercito fu fatta una carneficina. Quel tanto che si potette salvare, s’aprì colla forza un varco tra i monti della Sila, e riparò senza resistenza, se non pure con amichevole accoglienza, a Temesa”.

A questi fuggiaschi si riferisce Cicerone nelle sue Verrine (Actio, II, XVI ecc. …).Le condizioni del Bruttio si aggravarono sempre più (Oreste Dito, Calabria -  Disegno Storico della Vita e della Cultura Calabrese dai Tempi più Antichi ai Nostri Giorni , Edizioni Brenner, Cosenza, 1981, p. 90, ristampa). I superstiti ribelli furono sopraffatti poco tempo  dopo in due scontri separati da Marco Licinio Crasso e da Gneo Pompeo, che da poco era giunto vittorioso dalla Penisola Iberica. Quelli che furono catturati - le fonti  parlano di seimila prigionieri - furono crocifissi dai Romani lungo da Via Appia tra Capua e Roma, come punizione esemplare.

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