Il Bruzio bizantino dopo la guerra gotica: tra crisi e ripresa

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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francesco_vescio.jpgIl conflitto tra Ostrogoti e Bizantini in Italia, passato alla storia come “Guerra Gotica” (535 – 554), fu considerato uno dei periodi più tormentati del nostro Paese, le condizioni del dopoguerra sono delineate in maniera abbastanza efficace nel brano seguente: “Giustiniano [L’allora imperatore d’Oriente (482 – 565) di origine illirica, N.d.R.] nella Prammatica Sanzione [Atto giuridico del sovrano del 554 che dettava le norme secondo cui doveva essere riordinata l’Italia bizantina, [N.d.R.] non nasconde la sua soddisfazione per la fine dell’«hostilis ferocitas» [La ferocia del nemico, N.d.R.] e del «tempus tyrannidis» [Il tempo della tirannia, N.d.R.] e a lui fanno eco alcune voci contemporanee che, fra illusioni e propaganda, parlano di libertà restituita alla città di Roma e all’intera Italia, dell’Italia felice dopo la fine della guerra e delle popolazioni riportate all’antica prosperità una volta cacciati i Goti. La realtà doveva tuttavia essere assai diversa e, anche se le devastazioni belliche non incisero probabilmente con la stessa intensità nelle divere regioni italiane, il quadro era sicuramente molto più cupo. La restaurazione giustinianea fu soltanto apparente e, alla prova dei fatti, non riuscì ad arrestare la crisi innescata dal conflitto. La partecipazione attiva della popolazione alle operazioni militari era stata tutto sommato modesta e a guerra finita, al di là delle dichiarazioni di principio, l’Italia altro non divenne che una provincia dell’impero di Oriente. Mentre infatti, sotto i Goti il prefetto del pretorio era romano, dopo la riconquista fu soltanto un funzionario bizantino e, allo stesso modo, la burocrazia statale venne costituita per lo più con elementi di provenienza orientale. Lo stesso valeva per l’esercito, i cui alti comandi continuarono a essere occupati da ufficiali venuti dall’Oriente o arruolati fra i barbari. L’autonomia amministrativa, inoltre, si rivelò più un’aspirazione che un fatto concreto, dato che da tempo i governi provinciali erano passati sotto il controllo dell’autorità centrale e non si sa se, e in quale misura, il diritto di eleggere i propri governatori venne esercitato. La stessa autorità civile fu poi messa in ombra dai militari, a quanto si può giudicare dalle testimonianze esistenti, anticipando così fin dal tempo di Giustiniano un fenomeno caratteristico, in seguito, dell’esarcato ravennate. Vani risultarono con ogni probabilità anche i correttivi ai tradizionali abusi del fisco e le disposizioni giustinianee alla prova dei fatti  non ebbero efficacia maggiore di altre adottate dallo stesso sovrano. La situazione italiana doveva sicuramente essere miserevole dopo una guerra lunga e devastante come fu la guerra gotica. Il regresso economico e sociale non venne meno e, anzi, fu probabilmente acuito da una legge del 556 che, nell’intento di favorire il ceto più alto, pose forti limiti alla restituzione dei debiti contratti durante il conflitto, assestando così un colpo durissimo ai prestatori di denaro, ai quali in forza della legge furono dimezzate le somme di cui erano creditori” (Giorgio Ravegnani, I Bizantini in Italia, Il Mulino, Bologna, 2004, pp.64- 65). Il Bruzio subì le conseguenze del conflitto nei diversi aspetti, ma con alcune sue specificità puntualmente delineate nel testo che segue: “La restaurazione bizantina per la nostra regione assume particolare importanza in quanto con essa attecchirono ordinamenti economici e sociali che, senza interruzione, permarranno, almeno per la Calabria bizantina, fino all’XI secolo. Avvennero ovviamente, nel corso di cinque secoli, notevoli mutamenti, assestamenti, guerre e devastazioni che turbarono e deviarono a volte il corso normale della vita, ma le vicende seguiranno il logico svilupparsi dell’opera restauratrice di Giustiniano. Così il polarizzarsi della potenza economica nella classe dell’aristocrazia e della burocrazia greca naturalizzatasi in Calabria, l’intristirsi della società schiacciata dall’eccessivo gravame fiscale, fino al livellamento della servitù della gleba, il rattrappirsi delle città per lo spostarsi della vita nelle ville dei signori, l’ellenizzazione della regione per effetto della classe dominante di lingua e tradizioni bizantine; queste le direttrici lungo le quali schematicamente sarà inalveata la vita della regione durante mezzo millennio” (Giuseppe Brasacchio, Storia economica della Calabria – Dal III Secolo D.C. alla Dominazione Angioina – 1442 – Volume II, Edizioni Effe Emme, Chiaravalle Centrale, 1977, pp.89-90). In sintesi, da quanto sopra riportato, si può dedurre che il Bruzio bizantino ebbe notevoli vantaggi dalla fine del conflitto goto – bizantino, ma di questa nuova situazione beneficiarono in modo particolare l’aristocrazia e la burocrazia, mentre languiva la vita cittadina e nelle campagne i lavoratori erano in condizione di dipendenza quasi servile in confronto dei grandi proprietari terrieri, inoltre la fiscalità pesava in modo quasi insostenibile sui ceti popolari, ma tale situazione era simile a quella delle altre regioni italiane.

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