Calabria: mafia e certa politica interconnesse

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Secondo un magistrato della Dda, in un paese della Locride mafia e politica sono in simbiosi. I boss vivrebbero come segretari di partiti: deciderebbero sulle candidature. L’indagine avrebbe portato a tali conclusioni. Una realtà drammatica che mette a dura prova la capacità di resistenza della comunità politica rispettosa delle regole e del senso civico. D’altronde la mafia è forte laddove la buona politica risulta debole. La requisitoria del pm è alquanto pesante: 71 anni  di carcere per 7 imputati, tra cui un ex consigliere regionale ed un ex assessore comunale. Tutti coinvolti nelle attività della delinquenza organizzata locale, in particolare dei politici su cui pesa la richiesta di condanna. Al riguardo, I giornali regionali hanno titolato . “Associazione piena!”. Assessore e consigliere si sarebbero messi a disposizione del clan. Avrebbero  Accettato “consapevolmente” i voti (v. blog, artt. 24-7, 24-8-2013; 12-3 e 29-4-2014). Il clan stabiliva strategie e alleanze. Salto di “qualità”, per così dire, rispetto ai due mondi distinti (criminalità organizzata e politica corrotta), ai rapporti tra l’una e l’altra, alle zone grigie descritte solitamente in inchieste, paginate di giornali, programmi televisivi, libri. Insomma certa politica ben individuata e ‘ndrangheta sono diventate un unico fenomeno criminale. Tornano in mente le parole di Nicola Gratteri: “E’ un’amara constatazione, ma sembra che questo Paese abbia costantemente bisogno di mafia. Quasi non fosse capace di fare a meno dei suoi soldi e dei suoi voti” (La giustizia è una cosa seria, Mondadori, 2011, p.5). Nelle pagine successive il magistrato calabrese evidenzia la lentezza normativa per porre rimedio al fenomeno delinquenziale organizzato. C’è voluta un’infinità di anni per passare dall’ art. 416, al 416 bis e quindi al 416 ter. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria mostra di possedere una visione chiara del passo felpato della ‘ndrangheta che “preferisce costruire relazioni sociali e penetrare in silenzio nella politica e nelle istituzioni per esercitare un controllo pressoché totale del sistema degli appalti e della gestione dei pubblici finanziamenti nazionali ed europei”. Oggi può sembrare una notiziona quanto appurato dalle indagini nella Locride, appunto “l’Associazione piena”. Ma era già presente in altre inchieste e pure al Nord. E’ lo stesso procuratore aggiunto di Reggio Calabria a ricordarlo quando scrive: “Nel giro della ‘ndrangheta entra di tutto: “sindaci, consiglieri regionali, assessori provinciali. (La giustizia è una cosa seria, p.116)”. Giuseppe Gennari, giudice delle indagini preliminari del tribunale di Milano, rivela “un’osmosi tra attività istituzionali e interessi particolari che rappresentano la via d’ingresso della criminalità organizzata nel mondo economico e politico”. Gratteri, come presidente della Commissione nazionale per la revisione della normativa antimafia (416 bis), ha preparato un progetto annunciandolo a Radio Capital. A tal riguardo ha previsto un inasprimento della condanna: “Dai 5 attuali ad una pena tra i 20 e i 30 anni di carcere”. Il tutto può essere approvato immediatamente con un decreto legge. Per queste sue dichiarazioni si è tirato addosso le critiche di qualche giornalista e dell’Unione camere penali.  Alcuni politici hanno detto che si correrebbe il rischio di creare delle sovrapposizioni con i provvedimenti del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Ci sono tutte le ragioni per fare una dichiarazione del genere. L’ordine in materia legislativa deve stare al primo posto. A nostro modo di vedere la politica, bisognerebbe coordinare l’iter della commissione con l’attività del ministro di giustizia. Rimaniamo perplessi su alcuni comportamenti. Perché l’intervista a Radio Capital e non interloquire con il governo? Ai fini dell’efficacia e dell’efficienza bisogna fare presto ed essere responsabili, riflettendo sulla grave situazione economica e sociale che attraversa il Paese. E’ importante stare attenti a eventuali intoppi; inoltre, non sono augurabili comportamenti inconcludenti per raggiungere i risultati sperati. Ricordiamo. La ‘ndrangheta va veloce come la globalizzazione e la politica, quella non corrotta, fa fatica a prevenirla e contrastarla specialmente quando si “creano ingorghi parlamentari” o eventuali ritardi di altra natura, ovviamente non voluti. Auspichiamo una svolta rapida per uscire dalla situazione di stallo.

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