La paura dopo gli attacchi dell’Isis a Parigi

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Stavamo per chiudere il pezzo su un altro argomento, ma l’abbiamo immediatamente messo da parte quando è giunta la notizia dei fatti drammatici di Parigi. Corre l’obbligo intervenire dopo gli attentati che hanno provocato molte vittime inermi. Hollande ha definito l’azione jihadista “un atto di guerra” e ha chiuso le frontiere. Immediata la reazione di Parigi: raid aerei su Raqqa, considerata “la capitale” dell’Isis dove si trova il quartier generale di al-Bagdadi, il califfo nero dello Stato islamico. La decisione potrebbe essere presa da altri capi di governo in Europa. Il trattato di Schengen sulla libera circolazione nei Paesi dell’Unione europea è a rischio. Se continueranno gli interventi militari, si creerà ulteriore involuzione. Una tale eventualità  potrebbe causare il coinvolgimento dei Paesi della Nato. In queste ore sulla carta stampata e nei servizi televisivi si stanno analizzando le dinamiche degli atti terroristici e i gravi problemi connessi.  La strage di Parigi è l’ultimo atto di una escalation che ha visto l’ Europa al centro di queste azioni militari. Siccome i jihadisti hanno annunciato prossimi attentati  in Italia, Paese “crociato”, ritorniamo sul tema della paura, già affrontato, integrandolo con i risultati  dei nostri servizi di sicurezza e di tutte le forze dell’ordine che hanno portato all’arresto di centinaia di jihadisti. L’ultimo in ordine di tempo, il blitz dei ROS in Alto Adige.

 Iniziamo con le parole di Zygmunt Bauman, sociologo della modernità liquida: “La paura è con ogni probabilità il demone più sinistro tra quelli che si annidano nelle società aperte del nostro tempo”. Abbiamo imparato, almeno dall’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre del 2001, che il terrorismo inseguito dai media moltiplica la paura perché la stessa si manifesta e diventa più forte quando guardiamo la Tv.  Il terrore si insinua nella mente di miliardi di individui. Davanti alle immagini stragiste le popolazioni che abitano negli Stati liberi, le cosiddette società aperte, si sentono all’improvviso fragili non potendo controllare un pericolo sfuggente. In tal modo le democrazie tenderebbero a chiudersi sia a livello di comunità che a livello di individuo. E’ minacciata la libertà all’interno e all’esterno dei singoli Stati. Se viene meno il trattato di  Schengen, l’Unione europea corre il rischio di indebolirsi. Si ritornerebbe al passato con i singoli Stati chiusi nelle proprie frontiere ostacolando la libera circolazione. E ancora, la paura percepita fa vivere male la quotidianità, come se fantasmi mediatici, uscendo dalle tv e dai computer, assalissero le nostre menti. Bisogna, quindi, distinguere tra il pericolo reale e quello virtuale ingigantito dai media.

 L’Isis è un pericolo vero, maggiormente grave rispetto ad Al Qaida, perché si è fatto Stato. Non dimentichiamoci che lo scontro avviene in massima parte all’interno dei Paesi islamici (Iraq, Siria, Libano …). Migliaia e migliaia le vittime, gli attentati non si contano.  I miliziani da noi non esistono; lupi solitari e  foreign fighters sono apparsi in poche località. Devono, comunque, preoccupare in quanto potrebbero colpire  in ogni dove (stadio, teatro, ristorante, supermercato, redazione di giornali …) con probabilità di provocare altre tragedie, se non si fa prevenzione. L’ultima operazione italiana dei ROS in Alto Adige, condotta in collaborazione con alcuni Paesi europei (fondamentale il coordinamento internazionale), conferma l’efficienza della nostra intelligence. “Fin qui l’Italia ha realizzato un’attività di prevenzione che ha funzionato”, così ha dichiarato il ministro Alfano. Al riguardo Michele Groppi, ricercatore presso il programma di dottorato del King’s College di Londra, ha pubblicato una sua indagine nella rivista di geopolitica Limes. I dati della ricerca evidenziano che dagli inizi del Terzo Millennio in Italia ci sono stati tentativi e piani d‘attacco da parte dei jidahisti, alcuni dei quali a Milano. Tra i bersagli: la Stazione centrale, la metropolitana milanese, il municipio, il supermercato Esselunga. Soltanto uno parzialmente riuscito con un ferimento leggero. Fino al 2013  numerosi gli arresti di sospetti terroristi.

Ciò nonostante, in Italia, a tutt’oggi, non siamo stati in pericolo. Però in un momento del genere, con l’acuirsi della radicalizzazione, non bisogna abbassare la guardia. In particolare l’attenzione deve essere rivolta, secondo gli esperti, ai giovani musulmani europei di seconda e terza generazione a rischio di connessione con il jihad globale. Non solo azione di contrasto e prevenzione, ma anche cercare di favorire il dialogo interreligioso nelle varie località. La Chiesa di Bergoglio probabilmente potrebbe dare un apporto non indifferente. Sarebbe opportuno rivolgersi alle comunità musulmane che condannano la violenza per instaurare rapporti di reciproca fiducia. Sarebbe di aiuto per le azioni di contrasto fare fronte comune sul territorio europeo individuando il pericolo sfuggente costituito dal fondamentalismo e dal jihad dell’Isis. E quando ci accorgeremo che in realtà i jihadisti sono una esigua minoranza, allontaneremo i fantasmi mediatici che fomentano la paura. 

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