La rivoluzione di Twitter e la scelta dei rappresentanti politici

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgAbbiamo scelto il IV capitolo di “A colpi di tweet”, l’interessante ricerca di Sara Bentivegna, docente di comunicazione politica presso l’Università  La Sapienza di Roma, per continuare a parlare della rivoluzione digitale, in considerazione delle  prossime elezioni italiane (amministrative) ed americane (presidenziali). Il lavoro della studiosa è aggiornato agli ultimi avvenimenti della politica insieme alle precedenti vicende che hanno segnato il cambiamento radicale della partecipazione. Il web, ormai da qualche decennio, è tenuto in gran considerazione dalla propaganda elettorale e non solo. I 140 caratteri della nuova piattaforma sono state fondamentali nelle vicende politiche degli ultimi  tempi, sia internazionali che di casa nostra.

Si parlò di Twitter revolution nel 2009 in occasione delle elezioni in Iran che videro la vittoria del presidente Ahmadinejad. Immediatamente dopo l’opposizione denunciò brogli con manifestazioni di protesta e twitter  diventò protagonista diffondendo le notizie della ribellione contro i tentativi di censura dei media tradizionali “controllati in parte dal  regime”. Secondo l’autrice  esagerarono quando gli osservatori parlarono di “rivoluzione di twitter”; addirittura l’ex consigliere per la sicurezza degli USA Mark Pfeifle propose “la candidatura di twitter al premio Nobel per la pace”. Comunque la docente dà riconoscimento pieno al web per aver raccontato i fatti poi ripresi dai media tradizionali, guadagnando notevolmente in termini di “visibilità e notiziabilità”. Si realizzò pienamente l’ibridazione tra broadcast (un solo messaggio a tutti gli utenti della rete a cui si è collegati) e social media (condivisione di contenuti testuali in immagini, video ed audio).

Lo stesso accadde, nel 2011,  con La Primavera Araba e  con la nascita dei movimenti contestatari in Europa (gli Indignados) e negli USA (Occupy Wall Street). Passando alla politica meno agitata, quella degli appuntamenti con il voto, gli studiosi fanno continuo riferimento alle elezioni americane del 2008 e del 2012 vinte da Barack Obama. Durante le due tornate elettorali i vari strumenti del software, tra cui twitter, risultarono innovativi, anche se è parere condiviso da gran parte dei docenti di Scienze politiche che non c’è stata mai discontinuità tra il passaggio dalle campagne premoderne alle moderne e alle attuali postmoderne. Basti pensare alla televisione, ai comizi, alla propaganda sui territori, pure nel recente passato, insieme  a facebook e a twitter. Certamente nelle campagne degli ultimi decenni il web ha occupato gli spazi dei media tradizionali. Si è tenuto sempre presente il paradigma relazionale; si partiva dal candidato/partito e si concretizzava interattività soltanto con lo strumento. Ciò quando c’era la piattaforma 1.0 formata dai siti statici senza interazione con l’utente.

L’avvento del web 2.0 ha rivoluzionato tutto. Oggi numerosi utenti partecipano alla comunicazione con interventi dal basso, a volte incontrollabili e, quindi, a rischio boomerang. E però i vantaggi superano di gran lunga alcuni  rischi. Questo secondo momento della comunicazione politica online si contraddistingue per i materiali e/o i contenuti creati dagli utenti, diffusi ampiamente e in molti casi unanimemente condivisi. A proposito della piattaforma di twitter, Bentivegna riporta a pag. 38 la dichiarazione di Teddy Goff, direttore della campagna digitale di Obama nel 2012, pubblicata sul New York Times: “… ha cambiato interamente il funzionamento della politica. Non solo rispetto ai media, ma anche sul versante organizzativo di raccolta dei fondi e ( … ) sul sistema di relazioni che ogni campagna cerca di costruire”. E per quanto riguarda quest’ultimo, entrano in scena i cittadini, non solo come elettori, ma, soprattutto in ruoli visibili e ben determinati: intervengono, esprimono opinioni e/o commenti. Ora gli attori delle campagne elettorali sono prevalentemente tre: cittadini, giornalisti, politici, insieme alle performance dei divi dello spettacolo e dei personaggi dello sport.   Sono stati contati “circa 500 milioni di tweet al giorno”, sicuramente non solo di politica. In Italia “4 milioni di utenti attivi registrati nel 2013”. Per la politica ne segnaliamo milioni, centinaia di migliaia, migliaia, a seconda dei casi e delle situazioni. Esistono anche i retweet, il riproporre tweet già lanciati; famoso quello corredato dalla foto che ritraeva Obama e moglie abbracciati assieme al testo, Four more years, immediatamente dopo la vittoria elettorale del  2012. I retweet furono 780 mila.

E andiamo alla politica di casa nostra al tempo di twitter. Per evitare la propaganda, ci siamo soffermati esclusivamente sul presidente del Consiglio perché figura istituzionale, commentando e/o analizzando un solo tweet, rigorosamente nell’ambito della rivoluzione di twitter e non nella politica di parte. In proposito Sara Bentivegna sottolinea il cambiamento dei rituali che è avvenuto quando si dovevano scegliere i ministri del Governo Renzi. Cosa succedeva in passato? Scena principale con passerelle interminabili di segretari di partito abbottonati ai microfoni e retroscena invalicabili di proposte, negoziati e quant’altro, a volte frenetici; in tale atmosfera i giornalisti cercavano di sapere qualcosa o riportavano all’esterno notizie non confermate, magari in politichese e, quindi, di scarsa  comprensione, almeno da una parte della cittadinanza. Totalmente diversi furono comportamento, scena e retroscena  il 21 febbraio del 2014, quando Renzi si recò da Napolitano per concludere sulla lista dei ministri. Eravamo davanti alla TV in attesa. Le telecamere inquadravano da tempo la porta da dove si passa per arrivare nel retroscena. Non si apriva. Già cominciavano ad avere spazio le interpretazioni e i sospetti di contrattazione. All’improvviso è  arrivato il tweet di Renzi: “Arrivo, arrivo#lavoltabuona”. Le voci incontrollate si sono zittite.

“La maestosa porta” è stata agevolmente oltrepassata da un breve tweet prima dell’ingresso del presidente del Consiglio. In tal modo, come ha scritto Bentivegna di cui riportiamo brevissima sintesi, Renzi ha raggiunto “numerosi obiettivi”: ha avvisato giornalisti e quelli che seguivano alla tv, alla radio, sul web che si stava concludendo la riunione; ha tranquillizzato tutti attraverso le parole usate; il tweet ha azzerato possibili illazioni ed eventuali narrazioni alternative. Ecco spiegata la rivoluzione di twitter con un unico episodio. Il giorno dopo, così hanno scritto le maggiori testate nazionali. Il Corriere della Sera: “Mossa senza nessun precedente”. La Repubblica ha evidenziato “la rottura del protocollo istituzionale”. Bentivegna ha, però, paventato il sospetto che “si tratti di una rappresentazione della trasparenza piuttosto  che di un’autentica trasparenza”. Noi ci auguriamo di no. Anzi, speriamo che la nuova comunicazione possa migliorare le campagne elettorali in funzione della scelta di un personale politico efficiente negli Enti locali e in un Parlamento che sia protagonista, in equilibrio e in dialettica costruttiva con un Esecutivo coeso ed efficace, per la buona governabilità di cui necessita il nostro Paese.

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