L’indagine Demos: l'isolamento e l'incertezza dei cittadini

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgNegli ultimi giorni dell’anno appena trascorso Ilvo Diamanti, docente ordinario di Scienza Politica presso l’Università di Urbino, ci ha dato i risultati di Demos, l’istituto di ricerca politica e sociale fondato dallo stesso politologo e sociologo. In sintesi, un’Italia spaesata per la sfiducia nella politica e per la corruzione. In gran parte è un replay del Rapporto 2013. Emerge, però un dato nuovo, ancora a discapito dei  cittadini: “Il senso di solitudine di fronte allo Stato, alle Istituzioni, nel lavoro, nella comunità”. Per meglio dire, il fenomeno, presente negli anni scorsi, si è ingigantito. Per le figure pubbliche, Napolitano ha perso  lo smalto dei giorni migliori  riguardo al consenso: “La fiducia nel Presidente è scesa  dal 71 al 44%, dal 2010 ad oggi”. L’unico riferimento principale del Paese rimane Papa Francesco, apprezzato da 9 Italiani su 10, anche se non è un politico bensì “un’autorità religiosa, a capo di un altro Stato”. Diamanti termina sottolineando il rischio (grave) per “l’assuefazione alla  sfiducia”. Finale  oltremodo negativo. Ma individua una possibile  strada per il futuro: accettare l’incertezza, non considerare fatale l’impossibilità di cambiamento e tenere presente che il percorso “dipende anche da noi”. L’articolo ci fa ragionare sui dati e ci stimola ad ulteriori integrazioni in funzione di eventuali  soluzioni alle diverse problematiche elencate con le percentuali negative.

Sull’Italia spaesata. Non è di oggi  tale stato esistenziale che  condiziona gli altri aspetti della vita umana (politico, economico, sociale…). Aldo Bonomi  ne Il Rancore, pubblicato da Feltrinelli nel 2008, ha trattato lo spaesamento nel Nord della nostra Penisola, in tempi non sospetti e meno emergenziali dell’oggi, iniziando addirittura dagli anni ’80. Nelle prime pagine della ricerca abbiamo letto che le comunità montane delle Alpi e Prealpi lombarde si sono sentite spaesate con l’avvento della modernità e della post- modernità: “Più che la felicità per il nuovo che avanza, ricordo nei loro occhi un senso di tristezza e di paura”. Da qui nacque il bisogno “di difendere la propria identità” che fece la fortuna politica di Bossi e della Lega, soffiando sul fuoco di “Roma ladrona”. Nel contempo c’era la “Milano da bere”. Ma stava cambiando, terziarizzandosi: “Più servizi e meno operai. Più settimane della moda, più pubblicità, più comunicazione, più televisione”. Agli inizi degli anni ’90 arrivò  il tornado Tangentopoli:  spazzò via i due partiti al potere, DC, PSI e satelliti. Personale politico e interessi vari si compattarono con Berlusconi, fino ad allora imprenditore lombardo, a cui  anche gli spaesati del tempo diedero fiducia, sognando e proiettando desideri con l’aiutino delle tv private. Da qualche anno tutto finito. Bossi scomparso, Berlusconi al tramonto. Al loro posto: Salvini e Renzi. Poi c’è Grillo tra politica antisistema e avanspettacolo della politica. Ieri sembrava il nuovo che avanzava. Oggi si è fermato … è un po’ “stanchino”.

 Secondo Demos, lo spaesamento permane. Anzi, è aggravato dalla solitudine e dalla incertezza dell’individuo. Ci ritorna in mente il tema trattato nell’ultimo seminario della Scuola di alta formazione “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme: Zygmunt Bauman e la società liquida. Il sociologo polacco mette a nudo le problematiche attuali. Ne Il demone della paura  descrive “la terrificante esperienza di una popolazione eteronoma, sventurata e vulnerabile, messa di fronte a (e forse sopraffatta da) forze che non controlla né comprende a fondo; una popolazione atterrita dalla propria incapacità di difendersi”. Bonomi intravede una via d’uscita nella “voglia di comunità” che dovrebbe generare “il motore della conoscenza, la condizione  per mobilitare curiosità e risorse conoscitive” in modo da elaborare un nuovo welfare e ripristinare il legame sociale. Quasi a ricostruire un socialismo “comunitario” che ci permetta di uscire dalla solitudine e incontrare l’altro. Beninteso sarebbe anche “una comunità degli interessi economici competitivi territoriali come, per esempio, turismo o industria manifatturiera [e riguarda inoltre] i processi di produzione organizzativa”. Facile a dirsi, difficile  a realizzarsi. Ma  ci si può sempre provare. In fondo è la sfida del “fare società”. Occorrono energie fresche, quelle giovanili, senza trascurare esperienze e competenze già affermate. Nuovi attori preparati,  politici ed economisti, insieme a  protagonisti specchiati, apprezzati, pregni di saggezza, equilibrio e buonsenso.  Auguri  per il futuro che verrà.

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