Populismo e astensionismo. Speriamo che la politica cambi in meglio

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgDue “-ismi”, due suffissi, due tendenze politiche, indicate nel titolo, da cui partire per provare a comprendere, almeno in parte, i continui cambiamenti in negativo di alcuni partiti o movimenti. Spesso li abbiamo descritti sia nella edizione cartacea che in quella online. Le ultime letture ci hanno dato qualche conoscenza in più, ma non esaustiva. Vi ricordate del “Senno di prima e del senno di poi” pubblicato sul blog? Era sostanzialmente il commento positivo su “Finale di partito”, la ricerca di Marco Revelli, docente di Scienze politiche all’Università del Piemonte Orientale. Fummo colpiti dalla precisione con cui aveva previsto e scritto, due mesi prima dei risultati elettorali, l’affermazione del Movimento Cinque Stelle nella tornata elettorale del 2013 che cambiò il Parlamento italiano. Allora Revelli affrontò il populismo movimentista dei 5 Stelle nato con il web.  Nell’ottobre dell’anno scorso ha pubblicato “Dentro e fuori. Quando il populismo è di governo” con la solita analisi acuta, aggiornata questa volta alla nuova stagione politica. A pagina 125 considera “il rottamatore Renzi, l’uomo della velocità e dei salti pirotecnici”. Addirittura lo paragona a un “funambolo” che non si sa fino a quando potrà stare “sul filo” in quanto sia la situazione economica sia quella geopolitica non dà molto spazio alla “demagogia di governo” (pp. 128-129). La sua forza reale sta “nell’assenza di alternative credibili” a destra dello schieramento politico. Il tramonto della leadership di Berlusconi lascia un vuoto che finora non è stato occupato. Non a caso nel centrodestra per adesso prevale una situazione confusa e litigiosa. Sembra che una parte dell’elettorato moderato dimostri più disponibilità nell’ambito di un centro-destra e minore simpatia verso una destra radicale.

Nel contempo è cambiato il modo di comunicare della politica, dall’uso del mezzo televisivo a quello del web; abbiamo assistito alla mutazione antropologica della società italiana; siamo preoccupati per la crisi economica nel nostro Paese. Però, diversamente dalla Grecia, il nostro sistema produttivo è rimasto sofferente ma non moribondo. Ciò ha permesso al primo ministro di “rilanciare sempre in avanti la promessa/speranza del recupero” (p.131). Da qui il populismo di governo che non riesce a smuovere la stagnazione in atto. Dall’altra il populismo dell’opposizione. Entrambi non sono in grado di recuperare la fiducia degli Italiani verso i partiti. Astensionismo e malcontento hanno caratterizzato l’opinione pubblica. Quindi “il risultato è stato l’occupazione pressoché completa dell’intero spazio politico di populismi senza sinistra, verticalizzati personalisticamente”. E la politica italiana in Europa “si giocherà tra le opposte prospettive di chi si illude di potere evadere dalla trappola europea in nome di un neonazionalismo sovranista e isolazionista, e chi vi si accomoda in posizione subalterna” (p.132).

Revelli non si dimentica di movimenti e partiti che stanno a sinistra del Pd e dice la sua, sostenendo che ci vorrebbe “una sinistra davvero nuova” capace di liberarsi dalla vecchia forma partito, rinnovandosi nei linguaggi e nella comunicazione. Così com’è non va perché cade nell’ astrattezza e non ha la capacità di radicarsi nel sociale nel momento in cui ce n’è assoluto bisogno: “si pensi alla solitudine degli esodati, degli indebitati, degli sfrattati, dei falliti silenziosamente” (p. 132). Per adesso non ce la fa in quanto non riesce ad aggiornarsi, ad essere adeguata ai tempi. Oggigiorno è vincente il populismo del Terzo Millennio che proviene non solo dall’opposizione, ma anche dal governo stesso. Nel finale del prologo l’autore non nasconde il timore che Renzi “costretto a rilanciare continuamente (…), finisca per inciampare (…) e faccia default, consegnando il Paese- e noi stessi- a un altro, persino più aggressivo e demagogo di lui”. Speriamo che ciò non avvenga e la politica cambi in meglio con nuovi indirizzi, liberandosi dal populismo.

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