Lamezia, ecco la sentenza del Consiglio di Stato: "Nessun dubbio sul condizionamento mafioso"

Comune-Lamezia-via-Perugini-2014-3_10eb6_27a64_113fd.jpg

Lamezia Terme - Condizionamento evidente della criminalità, appalti pubblici gestiti in maniera irregolare per avvantaggiare ditte vicine alle cosche, generale disordine organizzativo e amministrativo. I giudici del Consiglio di Stato - presidente Franco Frattini, consiglieri Massimiliano Noccelli, Stefania Santoleri, Giovanni Pescatore e Raffaello Sestini - in 37 pagine della sentenza spiegano punto su punto perché il Consiglio comunale di Lamezia Terme doveva essere sciolto e resta sciolto, mettendo così una pietra tombale sulla legislatura Mascaro. E lanciando anche un monito alla comunità in vista dell'imminente consultazione elettorale del 10 novembre. "Ogni futura azione politica e amministrativa, che risulterà dall’esito delle prossime elezioni - affermano i giudici amministrativi nel provvedimento emesso qualche ora fa - dovrà recidere qualsiasi rapporto, qualsiasi compromesso con il potere mafioso, senza scendere a patti con esso per convenienza o connivenza o mero timore, se vorrà essere autenticamente rispettosa del principio democratico, che anima la Costituzione". I magistrati ripercorrono nella sentenza tutti i passaggi giurisdizionali che hanno portato all'udienza del 19 settembre scorso, si soffermano sull'iniziale scioglimento, sulla sentenza che ha momentaneamente riportato Mascaro alla guida del Comune e sull'ulteriore conferma del commissariamento.

Nonostante gli omissis contenuti nella sentenza, è esplicito il riferimento alle diverse inchieste che hanno portato alla commissione d'accesso e alla decisione del Viminale di affidare l'amministrazione a una commissione straordinaria. Nella ricostruzione fatta dai giudici del Consiglio di Stato non vi sono dubbi sull'interpretazione degli atti amministrativi finiti al centro della relazione sullo scioglimento, e in particolare diverse pagine vengono dedicate alla gestione degli appalti, a partire da quello relativo alla mensa scolastica.

"Generale disordine amministrativo nella gestione degli appalti pubblici"

"Questo Collegio - si legge nel provvedimento - deve rilevare che la disciolta amministrazione comunale, anziché operare in modo “esemplare” come pure affermano gli appellati nella loro memoria, non ha nemmeno atteso, incontestabilmente, lo scadere del termine previsto dall’art. 92, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 al fine di acquisire la documentazione antimafia, per affidare il servizio ad una società inquinata da grave condizionamento mafioso, che da moltissimi anni continuava a svolgere detto servizio, mentre sarebbe stato opportuno attendere l’emissione del provvedimento antimafia liberatorio".

Per poi aggiungere: "indubbio che una gestione poco lineare e trasparente delle procedure ad evidenza pubblica costituisce terreno fertile per l’inserimento della criminalità organizzata e la disorganizzazione e il disordine amministrativo costituiscono terreno fertile per le condotte infiltrative della criminalità organizzata, ciò che è dimostrato, peraltro, dalle continue proroghe contrattuali utilizzate per sopperire all’esigenza di continuità nell’erogazione dei servizi pubblici essenziali". I giudici passano in rassegna i consiglieri comunali e i vertici politici coinvolti in operazioni giudiziarie: "i condizionamenti mafiosi sulla vita amministrativa dell’ente, per i collegamenti diretti o indiretti dei suoi amministratori con la ‘ndrangheta - affermano - si sono riflessi in un generale disordine amministrativo nella gestione degli appalti pubblici, con affidamenti diretti e proroghe in favore delle medesime imprese".

"L’insieme di questi elementi - scrivono i magistrati - la cui pregnanza e univocità appare difficilmente contestabile, dimostra l’esistenza di una fittissima rete di intrecci, legami, cointeressenze tra i vertici politici del Comune, che essi appartengano alla maggioranza o alla minoranza, e una irrimediabile compromissione del governo locale con soggetti e logiche di stampo criminale mafioso, considerata persino la contestazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa ad alcuni degli amministratori locali". E per essere ancora più espliciti, aggiungono: "Il contributo determinante della mafia nel condizionare il voto popolare, è tale da inficiare irrimediabilmente il funzionamento del consiglio comunale per un suo vizio genetico, essendo difficilmente credibile, secondo la logica della probabilità cruciale, che un consiglio comunale i cui componenti siano eletti in parte con l’appoggio della mafia, per una singolare eterogenesi dei fini, possa e voglia adoperarsi realmente e comunque effettivamente, non solo per mero perbenismo legalitario, per il ripristino di una effettiva legalità sul territorio e per la riaffermazione del potere statuale contro l’intimidazione, l’infiltrazione e il sopruso di un ordinamento delinquenziale, come quello mafioso, ad esso avverso per definizione".

G.V.

© RIPRODUZIONE RISERVATA