Lamezia, le motivazioni del Tar su sindaco e consiglieri

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Lamezia Terme - “Assenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata”. Nero su bianco i giudici del Tar del Lazio “smontano”, punto per punto gli elementi che avevano spinto, commissione d’accesso prima, e Ministero dell’Interno poi, a chiedere a gran voce lo scioglimento del consiglio comunale di Lamezia. A inizio settimana un nuovo vortice raggiungerà via Perugini con dinamiche ancora tutte da ristabilire. Non sarà facile, per il sindaco Mascaro rientrato in carica, dare un nuovo assetto ad un consiglio comunale che nel tempo, ha subito tanti cambiamenti in base alle vicende accadute. La sentenza del Tar non smentisce gli scenari prospettati dalla relazione della commissione d’accesso, ma ci tiene ad evidenziare come, tante vicende tirate in ballo, non abbiano inciso sull’attività amministrativa della macchina comunale in modo da poter confermare un condizionamento di tipo mafioso. 

 “Crisalide” e la posizione di Ruberto e Paladino

Nella sentenza pubblicata ieri non si può che partire dall’operazione Crisalide i cui 52 indagati sono stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso per l’arrivo degli ispettori in Comune. Si riesamina la posizione degli ex consiglieri Paladino e Ruberto e su loro si specifica che “I due consiglieri ai quali è stato contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa - in quanto avrebbero chiesto e fruito dell’appoggio elettorale della locale cosca mafiosa - sono appartenenti ad un raggruppamento politico diverso da quello rappresentato in Giunta, né il provvedimento individua attività degli stessi idonee a condizionare l’operato dell’organo consiliare al quale appartenevano o dell’organo consecutivo del quale non facevano parte”. 

Il candidato di Mascaro fatto ritirare dalla competizione elettorale

 Riprendendo la relazione della commissione d’accesso, la sentenza si sofferma anche sulla posizione di un candidato nelle liste del sindaco Mascaro che avrebbe chiesto il voto ad un soggetto collegato alle cosche locali. “Il candidato però - fanno presente - non risulta eletto - né ulteriori elementi possono essere tratti dall’episodio indicato come collegato ad ambienti criminali, atteso che il sindaco odierno ricorrente, ha chiesto e ottenuto il ritiro della candidatura. 

Vicenda De Sarro: “Contesti non riconducibili alla criminalità organizzata”

Differente la posizione per Francesco De Sarro, giovane eletto in Forza Italia e subito divenuto presidente del Consiglio Comunale, poi dimessosi dalla carica dopo la vicenda che ha invece coinvolto il padre. Su di lui si fa presente che, la sua posizione per “voto di scambio è stata archiviata dal giudice competente” e che “i fatti che hanno dato origine all’indagine per voto di scambio, e che vedono coinvolti suo padre e altre persone, non erano maturati in un contesto riconducibile alla criminalità organizzata”. 

La vicenda della consigliera Raso 

Si ritorna sempre sull’operazione “Crisalide” per prendere in esame la posizione della consigliera Marialucia Raso dopo il coinvolgimento del fidanzato, ora ex, Alessandro Gualtieri nella medesima operazione. Di questa vicenda si parla come di una circostanza “priva di un’univoca significatività in ordine a un operato “condizionato” della Giunta”. Inoltre, si fa presente come non emergerebbero frequentazioni della consigliera “con soggetti riconducibili ad um ambiente criminale, né da altri dati dai quali desumere un effettivo condizionamento dell’operato della stessa dalle frequentazioni controindicate del fidanzato”. 

L’indagine che ha coinvolto la consigliera Caruso

Nessuna rilevanza viene data, ai fini dello scioglimento del consiglio comunale, all’indagine che ha riguardato la consigliera Carolina Caruso e il marito indagati per reati comuni nell’ambito dell’operazione “Tyche 2”. I giudici del Tar, riferendosi alla precedente relazione della commissione d’accesso, evidenziano come “L’esistenza di collegamenti con la criminalità organizzata è dedotta dalla considerazione che “il settore merceologico in cui operano i suddetti coniugi (sale da gioco e affini) è notoriamente permeabile agli ambienti della criminalità organizzata”.

Il “doppio ruolo” rivestito da sindaco e vicesindaco

La sentenza si sofferma infine sulla doppia veste rivestita da sindaco e vicesindaco di membri della giunta e difensori di imputati di reati di mafia. Sulla loro posizione, i giudici sottolineano che “L’attività difensiva, anche in favore di soggetti imputati di delitti di criminalità organizzata, non può essere, tout court, posta alla base di un giudizio di cointeressenza tra il difensore e ambienti criminali”. 

“Nessuna continuità con gli scioglimenti del 1991 e del 2002”

Le precedenti relazioni della commissione dell’accesso, ma anche del Ministero dell’Interno, parlavano chiaramente di una vera e propria continuità con gli altri due scioglimenti che si sono verificati in città negli anni passati. Si parlava addirittura di un vero e proprio “fil rouge” che collegava quest’ultimo ai due precedenti del 1991 e del 2002: stesse dinamiche collusive e stessi personaggi di spicco delle organizzazioni criminali dominanti sul territorio, con una sorta di continuità e “passaggio di mano da padre in figlio e/o nipote”. La sentenza del Tar del Lazio tende invece a chiarire come “Priva di una apprezzabile valenza probatoria appare anche l’affermata continuità della giunta oggetto del provvedimento oggi impugnato con le giunte già oggetto di scioglimento nel 1991 e nel 2002. L’affermazione, assertiva nella proposta del Ministero, non appare puntualmente argomentata pur all’esame delle più dettagliate indicazioni contenute nella relazione della Commissione d’indagine, che si limita a riportare la proposta di scioglimento del 2002 e a riferire il contenuto di alcuni accertamenti a suo tempo disposti, rimettendo poi all’interprete la ricerca dei singoli soggetti menzionati, neppure tutti riconducibili alla maggioranza, che risultano candidati o eletti anche nella competizione elettorale del 2015”. 

L’ombra del consiglio di stato e il caso di Tropea

Mascaro, la sua Giunta e i suoi consiglieri sono già pronti a rientrare in via Perugini riprendendo da dove avevano lasciato e iniziando ad affrontare le problematiche di una città che, nei mesi, sono divenuti macigni. L’esito della Sentenza del Tar del Lazio non è però ancora quella definitiva. E’ molto probabile che l’Avvocatura di Stato decida di ricorrere in Appello, chiedendo una sospensiva. In attesa di un definitivo esito da parte del Consiglio di Stato, in Comune potrebbero rientrare nuovamente i commissari, proprio come quanto accaduto al Consiglio comunale di Tropea. In questo caso il Tar ha infatti accolto il ricorso sullo scioglimento legittimando nuovamente sindaco e giunta, ma successivamente il Consiglio di Stato, dopo aver accolto la sospensiva, ha inviato una nuova commissione ispettiva e sciolto definitivamente il comune lo scorso gennaio 2018. 

Alessandra Renda 

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