Castanicoltura a rischio scomparsa in Calabria: l'allarme delle organizzazioni agricole

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Catanzaro - É valutata nell'ordine del 90% circa, negli ultimi anni, la riduzione della produzione castanicola in Calabria. Livelli da vero e proprio allarme - come fanno sapere le organizzazioni agricole, ultima in ordine di tempo la Cia Calabria - che rischiano, stando così le cose, di cancellare un intero filone produttivo che nel corso dei decenni passati ha sostenuto l'economia delle aree interne calabresi. A causare questa vera e propria debacle settoriale in zone altamente vocate del territorio calabrese, è il temibile Dryocosmus kuriphilus meglio conosciuto come Cinipide Galligeno del castagno. Nel 2012, dopo ben 10 anni dall'introduzione del parassita e la verifica dei danni prodotti ai castagneti, sono iniziati i lanci del Torymus sinensis, antagonista del cinipide utilizzato proprio per arginare il problema. Tuttavia mentre nel nord del Paese l'utilizzo di questo sistema di lotta biologica ha iniziato a dare i propri frutti, nel sud della Penisola la situazione non è migliorata affatto e, anzi, le cose sono via via peggiorate.

A pagare le maggiori conseguenze dell'azzeramento o quasi della produzione castanicola sono state le aree dell'interno collinare e montano dove la coltura è molto diffusa. E la crisi sopravvenuta al calo della produzione rischia di provocare in un meccanismo a catena pesanti ripercussioni sul piano economico contribuendo allo spopolamento di intere fasce di territorio. Tanto più che l'abbandono dei castagneti potrebbe riflettersi sulla salvaguardia dell'ambiente, la tutela del paesaggio, la manutenzione del territorio. L'unica possibilità di ripresa della castanicoltura - fanno sapere le organizzazioni di categoria - è quella di arrivare al varo di un nuovo piano di settore a livello di programmazione regionale.

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