Demoskopika: povertà e lavoro irregolare, le due facce del Reddito di cittadinanza

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Roma - Sono oltre 960mila le domande accolte pari alla metà dei nuclei familiari in Italia in condizione di povertà assoluta. Il maggiore livello di copertura al Sud, con in testa Campania, Calabria e Sicilia, realtà che presentano, però, anche la più elevata presenza di occupati non regolari. A fare da contrappeso al tasso di successo, però, il possibile “condizionamento” del lavoro irregolare al crescere del quale sembrerebbe aumentare anche il numero delle domande per il reddito di cittadinanza. Non è un caso che, ancora una volta, Calabria, Sicilia e Campania si posizionano sul podio delle realtà regionali anche con il più elevato tasso di irregolarità generato dalla presenza di ben 817mila occupati non regolari. È quanto emerge da un’anticipazione del Rapporto BCC Mediocrati sull’economia regionale realizzato da Demoskopika.

Andamenti: sono 960 mila le domande accolte con 2,3 milioni di persone coinvolte. Al 4 settembre 2019 risultano pervenute all’Inps 1,5 milioni di domande di cui 960mila sono state accolte, 90mila sono in lavorazione e 410mila sono state respinte o cancellate. Delle 960mila domande accolte, 843mila riguardano nuclei percettori del Reddito di cittadinanza con 2,2 milioni di persone coinvolte, e le restanti 117mila sono nuclei percettori di Pensione di cittadinanza con 134 mila persone coinvolte. Al primo posto nella classifica regionale, ottenuta analizzando il peso percentuale sulla popolazione residente e consentendo in tal modo un confronto omogeno, si colloca la Calabria con un valore pari a 33,45 domande accolte per ogni 1.000 residenti e con 65.458 nuclei percettori in valore assoluto. Seguono, per incidenza delle domande accolte, altre due realtà del Mezzogiorno: Sicilia con 32,88 domande accolte (165.273 in valore assoluto) e Campania con 31,21 domande accolte (181.874 in valore assoluto). Una minore attenzione, in rapporto alla popolazione residente, si è verificata principalmente nelle regioni del Nord-est: Trentino Alto Adige con 2,76 domande accolte (2.945 in valore assoluto), Veneto con 6,00 domande accolte (29.440 in valore assoluto) e, infine, Emilia Romagna con 7,69 domande accolte (34.230 in valore assoluto).

Povertà: al sud 7 famiglie su 10 raggiunte dal reddito di cittadinanza. Nel 2018, l’Istat stima oltre 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta per un totale di 5 milioni di individui. Non si rilevano variazioni significative rispetto al 2017 nonostante il quadro di diminuzione della spesa complessiva delle famiglie in termini reali. In gran parte questo si deve al fatto che soltanto le famiglie con minore capacità di spesa, a maggiore rischio di povertà, mostrano una tenuta dei propri livelli di spesa, con un conseguente miglioramento in termini relativi rispetto alle altre. Nel tentativo, infine, di comprendere una reale, seppur preliminare, risposta delle regioni italiane al reddito di cittadinanza – si legge nell’anticipazione del rapporto BCC Mediocrati sull’economia regionale realizzato da Demoskopika - si è pensato di rapportare i valori assoluti delle domande di reddito di cittadinanza accolte, nel periodo di riferimento, alla quota delle famiglie stimata per regione in condizione di povertà assoluta. Le domande accolte al 4 settembre 2019 consentirebbero, già in questa prima fase il raggiungimento della metà (52,7%) dei nuclei familiari in Italia stimati da Istat in condizione di povertà assoluta. Nel solo Mezzogiorno, inoltre, la misura riguarderebbe ben 7 famiglie povere su 10: 579mila domande accolte su un universo di 824mila famiglie in povertà assoluta con un coinvolgimento di ben 1,5 milioni di individui. In questo caso sul podio, come era prevedibile, si collocano tre regioni meridionali. E, in particolare, in Campania sarebbe pari all’86,9% il livello di copertura del reddito di cittadinanza sulle 209mila famiglie stimate in povertà, immediatamente seguita da Calabria con un’incidenza dell’84,7% sulle 77mila famiglie povere e la Sicilia con una copertura pari al 76,4% sui 216mila nuclei in condizione di grave disagio economico. Un risultato sul versante del contrasto al disagio economico, ancora più evidente se si considera che soltanto nelle tre realtà regionali, appena menzionate, il numero delle persone coinvolte dalla misura – secondo i dai più recenti dell’Inps – è pari a oltre un milione di individui, circa la metà dell’intero universo ad oggi “interessato” dal provvedimento.

Sul versante opposto, un minor livello di copertura si verificherebbe in quasi tutte le realtà del nord dell’Italia con Trentino Alto Adige (12,2%), Veneto (26,8%), Valle d’Aosta (28,7%) e Lombardia (29,6%) a guidare la tendenza.

“Relazioni pericolose”: la misura prevale dove è maggiore il lavoro irregolare. Nel 2016 – secondo gli ultimi dati disponibili dell’Istat - i lavoratori irregolari in Italia hanno registrato un incremento di oltre 188 mila unità, passando dai circa 3,1 milioni di lavoratori irregolari del 2011 ai 3,3 milioni del 2016. Se si sposta l’analisi sul livello regionale si scopre che, con il 22,3%, a presentare il tasso di irregolarità più alto, calcolato per occupati e unità di lavoro come rapporto tra la tipologia di occupazione non regolare e la corrispondente occupazione totale, moltiplicato per cento, è la Calabria generando circa 141 mila occupati non regolari. A seguire, con quote rilevanti di lavoratori irregolari in percentuale sul totale dei lavoratori, altre tre realtà territoriali del Mezzogiorno:  Campania con un tasso di irregolarità pari al 20,1% (373mila occupati non regolari), Sicilia con un tasso di irregolarità pari al 19,8% (304mila occupati non regolari) e, infine, Puglia con un tasso di irregolarità pari al 16,7% (227mila occupati non regolari). Sul versante opposto, sono tutte al Nord le realtà meno esposte al fenomeno: Veneto con un tasso di irregolarità pari all’ 8,9% (198mila occupati non regolari), Trentino-Alto Adige con un tasso di irregolarità pari al 9,6% (52mila occupati non regolari) e, infine, Emilia-Romagna con un tasso di irregolarità pari al 10,0% (208mila occupati non regolari).

A questo punto, l’interesse dello studio è centrato a comprendere se la diffusione del fenomeno del lavoro irregolare può, in qualche modo, “condizionare” l’ammontare delle domande inoltrate per il reddito di cittadinanza. Nel tentativo di offrire una risposta, precisandone la sua non assoluta esaustività a  causa della complessità delle variabili osservate, è stato costruito un grafico a dispersione (vedi grafico 4 in allegato statistico) per visualizzare, su uno spazio cartesiano, il modo in cui agiscono le due variabili prese in considerazione, ossia il tasso di irregolarità e il numero delle domande per il reddito di cittadinanza, su un insieme di elementi, nel caso specifico le regioni. Così facendo si è cercato di mostrare l’effetto di relazioni tra le due dimensioni osservate e quanto una variabile possa essere influenzata dall’altra.  Il valore del coefficiente pari a 0,8936 indica l'esistenza di una correlazione lineare significativamente positiva: al crescere del tasso di irregolarità aumenta il numero delle domande per il reddito di cittadinanza. Come si può facilmente notare, osservando lo scatter graph, a presentare una numerosità maggiore delle richieste di reddito di cittadinanza sono tutte le realtà territoriali del Mezzogiorno che, come già osservato, presentano anche i tassi di irregolarità più elevati.

In testa, in assoluto, la Calabria che il cui elevato tasso irregolarità, pari al 22,3% sembra condizionare anche il maggiore numero di domande presentate: 47,57 richieste di reddito di cittadinanza per ogni 1.000 residenti. A seguire la Sicilia e Campania rispettivamente con 44,72 e 43,13 domande presentate. In tutt’altra direzione, si posiziona, di fatto, l’intero Nord collocato nella parte bassa del diagramma di dispersione, nel quale a tassi di irregolarità bassi corrispondono anche minori richieste presentate per l’ottenimento del reddito di cittadinanza.

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