Forum Terzo Settore: Meno risorse Programmazione Europea 2014/2020 per servizi sociali in Calabria

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Lamezia Terme - "Il percorso di programmazione dei fondi europei 2014/2020 in Calabria è stato molto contraddittorio: ad un’interlocuzione positiva tra amministrazione regionale e il vasto mondo del Volontariato e del Terzo Settore calabrese nella definizione del Piano Operativo Regionale (che ha permesso di inserire azioni importanti, soprattutto nell’obiettivo tematico relativo alla lotta alla povertà, contro le discriminazioni  e per l’inclusione sociale), ha fatto seguito un’approvazione finale da parte del Consiglio Regionale  senza che l’Assessorato competente avesse mai comunicato prima neppure ai consiglieri regionali e discusso con il partenariato sociale la cosa più importante, l’entità dei finanziamenti". Così il portavoce del Terzo Settore Calabria Gianni Pensabene. 

"Tutto ciò - aggiunge - rappresenta una violazione dei regolamenti comunitari che peserà nella trattativa per l’approvazione del POR da parte della Commissione Europea che si chiuderà presumibilmente  al massimo entro fine anno. E’ per tale motivo che il TS  non mancherà di riprendere i temi sollevati ed i  rilievi nelle sedi competenti, affinché l’iter approvativo e i contenuti del POR tornino ad essere rispondenti ai criteri di trasparenza democratica e ai bisogni effettivi della Calabria. Tutto ciò si rende necessario perché la Calabria è la regione più povera d’Italia con un reddito pro capite di 16.460 €, la metà di quello della Lombardia (33.443, Svimez, Rapporto 2013), con la spesa sociale di gran lunga più bassa d’Italia: 25,6 € a testa contro una media nazionale di 115,7 €, con punte di 218,6 in Sardegna per rimanere al Sud (Istat, ultimi dati disponibili relativi al 2011). Che non sia un fatto casuale - sottolinea - ma frutto anche delle scelte delle classi dirigenti calabresi trova  conferma nella programmazione dei Fondi UE 2014/2020, che  come abbiamo sottolineato  è stata approvata violando le regole democratiche e di trasparenza previste dalla UE ma ancor più nel finanziamento dedicato all’Asse 9. E’ stato destinato infatti per servizi sociali e lotta alla povertà solo il 9,7% delle risorse UE, mentre ad es. in Puglia è il 16,6%, il 71% in più. Si tenga conto che la Puglia essendo stata nel settennato concluso (2007/2013) più virtuosa della Calabria nell’utilizzo dei fondi Ue, nel rapporto PON/POR ha a disposizione più fondi, quindi anche se la percentuale di fondi dedicata all’Asse 9 fosse identica tra le due regioni sarebbero pro capite di più in Puglia, ma a ciò si aggiunge una percentuale significativamente minore".

"In conclusione - dice Pensabene - la Calabria, che ha maggiori problemi di povertà, sceglie di avere molte meno risorse per contrastarla di una regione che sta meglio. E’ poi da rilevare che il 63,90% di queste risorse dell’Asse 9 è dedicato alle città, quindi nelle zone interne deprivate di servizi si aggraveranno i fenomeni di spopolamento e abbandono, compresa la cura dell’ambiente, con tutte le conseguenze che si possono immaginare. La conclusione è che se le cose rimangono così, mentre l’orientamento nazionale della programmazione 2014/2020 è stato quello di intervenire con forza sui diritti di cittadinanza, in Calabria i finanziamenti regionali al sociale invece di aumentare nel prossimo settennato diminuiranno, di poco, ma  diminuiranno. La cosa ormai tristemente chiara è che i servizi per i disabili, per i minori, per gli anziani, per i centri socio assistenziali e per tutte le fragilità della nostra regione non rientrano tra le priorità delle politiche della Regione Calabria. I servizi sociali, che già sono i più esigui d’Italia, invece di essere considerati un volano dello sviluppo, come effettivamente sono perché migliorano la qualità della vita, sostengono la fiducia reciproca e nel futuro, migliorano quel capitale sociale che alla base dello sviluppo economico, sono concepiti al massimo come sussidi assistenziali che poi finiscono per alimentare le clientele. Tutto si scarica sulla famiglia e in particolare sulle donne nelle famiglie, impedendo l’occupazione femminile e lo sviluppo dell’occupazione in generale, che in questi anni in Italia nel Terzo Settore è stata maggiore che in qualsiasi altro comparto.

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