Giornata Mondiale dei Poveri, presentato dossier “Lavoro indecente. I braccianti stranieri nella piana lametina”

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Lamezia Terme – Presentato presso il salone dell’episcopio della Diocesi di Lamezia Terme “Lavoro indecente. I braccianti  stranieri  nella piana lametina”, a cura di Francesco Carchedi, Marina Galati e Isabella Saraceni della Comunità Progetto Sud, quale terzo momento della prima Giornata Mondiale dei Poveri indetta da Papa Francesco. Ad accogliere i presenti, il Vescovo Monsignor Luigi Cantafora, don Roberto Tomaino, divenuto da poco parroco di Soveria Mannelli, Florindo Rubbettino, la cui casa editrice ha pubblicato il manuale, e don Giacomo Panizza insieme a Marina Galati e altri componenti della stessa Comunità, che hanno lavorato a questo lavoro di ricerca scientifica, di cui dati e indagini forniscono importanti chiavi di lettura circa il grave problema dello sfruttamento del lavoro e della tratta della prostituzione su un numero sempre più elevato di vittime straniere.

“La chiesa italiana s’è interrogata più volte, già a partire da ottobre, sulla domanda: che lavoro vogliamo? Domanda alla quale abbiamo risposto: quale lavoro non vogliamo”? – afferma in apertura don Roberto Tomaino, seguito dal saluto del Vescovo Cantafora – “Conoscere i migranti non solo per rispettarli ma per lavarsi i piedi a vicenda, di fronte alla tratta e allo sfruttamento noi non possiamo tacere. Il lavoro dice Papa G. Paolo II è per l’uomo, non è l’uomo per il lavoro” – conclude.

Un lavoro editoriale necessario, che serve ad aprire gli occhi su una realtà complessa e drammatica. Questo lo scenario descritto, poi più ampiamente presentato da don Giacomo Panizza e dallo stesso editore Florindo Rubbettino. Un tema che ha in sé altri temi, che dunque non si esaurisce solo nel lavoro ma che da questo parte per approfondire altre sfaccettature, quali la dignità, la schiavitù, il mercato, il consumo, la concorrenza sleale, e poi le mafie ad essa strumentali. “Per lavoro indecente non s’intende il mestiere – spiega bene Panizza – poiché tutti i mestieri servono all’umanità, alla salute, alla felicità, alla convivenza. Qui, indecente non è sporcarsi le mani bensì la coscienza”.

Viene fuori un discorso profondo circa la povertà estrema e il ricatto, elementi che inducono a molteplici e spesso irrisolvibili problemi. Un lavoro disumano per la vittima, ma anche per il carnefice. Il manuale è il risultato di un’azione e di una ricerca, che parte da uno sguardo largo dell’intera regione e poi si ferma più specificatamente sulla piana lametina. “La ricerca è per la linea dei diritti – prosegue don Giacomo Panizza – ma anche per cercar delle soluzioni”. La scelta editoriale consente di mettere in luce argomenti che spesso non trovano spazio. A tale proposito Florindo Rubbettino parla della responsabilità di un editore volta dare voce a questi temi.

“La povertà e il disagio non hanno geografia privilegiata – dice – sapevamo che la piana di Lamezia, delle tre piane (Gioia Tauro e Sibari), era l’unica che fino ad oggi non era stata studiata a dovere, si tratta quindi di una ricerca seria, scientifica e analitica. Irregolarità semplici e schiavismo – prosegue – i due poli di questo asse. C’è dietro una metodologia interdisciplinare con una ricostruzione storica che inducono a capire il mal funzionamento del mercato del lavoro”. Si arriva infine a toccare il fenomeno del caporalato, del lavoro da comprare, dei debiti che si accumulano, della dipendenza e della vulnerabilità che ne conseguono.

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Dietro il libro ci sono tante persone, che attraverso sociologia, storia, interviste, hanno permesso più punti di vista. Ma chi sono le vittime di tratta? A questa domanda risponde Marina Galati. “Sono le persone che provengono da povertà estrema, che difficilmente sanno come negoziare un contratto, che non conoscono la lingua. I dati ci danno l’idea di un fenomeno che a livello mondiale conta 25 milioni di vittime, 150 mila sono i migranti vittime di tratta per sfruttamento di lavoro, per un giro mondiale di 150 miliardi di dollari. Una donna che si prostituisce in un anno fa guadagnare 150 mila euro. Quanto ai dati braccianti – prosegue – in Calabria sono 16 mila braccianti stranieri, circa 4.200 sono potenziali vittime di tratta presunti in Calabria, 800 sulla piana lametina”. Dati agghiaccianti, su cui la Comunità Progetto Sud da anni continua ad indagare, ad entrare nel merito, per arrivare a capire quali soluzioni adottare, sia sul punto di vista normativo, sia mediante la creazione di circoli virtuosi. 

V.D.

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