In migliaia a Reggio Calabria per dire no alla violenza contro le donne

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Reggio Calabria - Migliaia di persone, fra cui moltissimi studenti, si sono radunate sul lungomare di Reggio Calabria dove partira' il corteo promosso dalla Regione contro la violenza sessuale. Alla manifestazione, oltre alle autorita' locali, partecipano la presidente della Camera, Laura Boldrini, il ministro delle riforme, Maria Elena Boschi, la presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi. L'iniziativa e' stata organizzata dopo il caso della ragazzina violentata a Melito Porto Salvo per alcuni anni da un gruppo di giovani fin da quando era tredicenne. Fra i respolsabili delle violenze, il figlio di un boss della 'ndrangheta. Il corteo, a cui hanno aderito molte associazioni di volontariato oltre alle forze politiche, attraversera' la citta'. Molti gli striscioni realizzati dai giovani ed esposti sulla via Marina di Reggio.

A vivacizzare la manifestazione anche decine di palloncini colorati. Molti i gonfaloni dei comuni portati da sindaci e amministratori locali provenienti da tutta la regione. Prima degli interventi isttuzionali si sono esibiti sul palco giovani cantanti. All'iniziativa hanno aderito anche le organizzazioni sindacali e le associazioni imprenditoriali, che hanno portato le loro bandiere nel corteo.

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Boldrini: "Non si può restare indifferenti"

"Questa e' una manifestazione nazionale, abbiamo deciso di essere insieme oggi, con tanti giovani e tante ragazze, insieme alle istituzioni locali e nazionali. Lo abbiamo fatto perche' non si puo' rimanere indifferenti quando c'e' una violenza terribile, sistematica, ai danni di una bambina, da parte di un branco. Lo dico chiaro e forte, siamo qui per dire tre no: no alla violenza contro le donne, no alla 'ndrangheta, e no all'indifferenza, che fa male al nostro Paese".

Lo ha detto Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati, oggi a Reggio Calabria per partecipare alla manifestazione contro la violenza sulle donne promossa dalla Regione dopo il caso della tredicenne stuprata a Melito Porto Salvo (Rc). "La Regione - ha risposto la presidente Boldrini alla domanda sulla mancanza di risorse per i centri antiviolenza - si e' impegnata adesso a investire dei soldi sui centri antiviolenza, in attesa che anche a livello nazionale si riesca a sbloccarli, perche' le Regioni hanno avuto i fondi del piano straordinario antiviolenza, ma purtroppo c'e' stato un intoppo nell'erogazione finale, e quindi adesso c'e' una cabina di regina, la ministra Boschi se ne sta occupando, e spero che questi fondi quanto prima arriveranno".

Boschi: "Denuncia primo passo, serve assistenza"

"Vogliamo condividere insieme la responsabilita' di dire basta alla violenza sulle donne, di qualsiasi eta', le donne piu' giovani come le donne piu' grandi, basta a qualsiasi forme di violenza". Lo ha detto, sul palco dell'Arena "Ciccio Franco" sul lungomare di Reggio Calabria, il ministro Maria Elena Boschi, intervenendo alla manifestazione contro la violenza sulle donne. Il ministro alle pari opportunita' ha ricordato la storia sull'abrogazione della norma che prevedeva nel nostro ordinamento il cosiddetto "matrimonio riparatore". "Non tutti - ha detto Boschi ai numerosi studenti presenti all'Arena - conoscono come siamo arrivati nel 1981 a cancellare quella norma vergognosa nel nostro paese, grazie a una donna che viveva in Sicilia, Franca Viola, che nel 1966 e' stata la prima in Italia a non accettare il matrimonio riparatore. Era una ragazza di 17 anni quando fu rapita, da 13 uomini, violentata, tenuta sequestrata per dei giorni prima che le forze dell'ordine la liberassero.

Quando venne liberata tutti le suggerivano di accettare di sposare chi l'aveva violentata, perche' a quei tempi la legge non consentiva di diminuire la pena per il colpevole, la cancellava, si estingueva il reato se l'autore della violenza sposava la vittima. "Anche in quel caso - ha sottolineato il ministro - l'autore della violenza faceva parte di una famiglia mafiosa, che quindi minaccio' questa ragazza e la sua famiglia. Eppure lei disse no, io non lo sposo. E dicendo quel no - ha detto Boschi - rese possibile il processo e la condanna a 11 anni di carcere di quella persona, per la prima volta in Italia si diceva basta al matrimonio riparatore, e ci vollero comunque 16 anni per arrivare a cancellare quella norma, e abbiamo dovuto aspettare fino al 1996 perche' non fosse piu' reato contro la morale ma contro la persona, contro la dignita' umana". 

"Denunciare e' solo il primo passo, poi non possiamo lasciar sole quelle donne che hanno avuto il coraggio di denunciare" ha proseguito Maria Elena Boschi. "Sappiamo - ha aggiunto il ministro - che i centri antiviolenza, le case rifugio, le associazioni, svolgono un lavoro importantissimo da anni, prezioso, con professionalita', con dedizione, spesso nel silenzio. Sappiamo che dobbiamo aiutarli, con le nuove risorse che dovranno essere erogate e che arriveranno entro la fine di quest'anno, 21 milioni, con le risorse messe per il prossimo anno. Ma soprattutto facendo un investimento importante nelle scuole. Sono stata qui - ha ricordato Boschi - un mese fa, sono tornate le persone che lavorano con me, a parlare con gli studenti delle scuole, con il sindaco, con il presidente della Regione, con i dirigenti scolastici, per creare insieme le condizioni affinche' nelle scuole vengano riaperti i centri di ascolto, grazie a nuovi finanziamenti, perche' ci possano essere dei progetti nelle scuole in cui ci si possa confrontare su questi temi. Ma non possiamo pensare che basti essere qui oggi, noi ci impegniamo - ha concluso il ministro - a tornare, ad essere con voi anche domani e nelle settimane successive".

Bindi: "Caso Melito favorito da contesto mafioso"

"Siamo qui per ricordare una bambina, che e' stata privata anche del diritto ad usare il suo nome, a stare a casa sua, alla quale e' stata rubata forse la parte piu' bella della vita, perche' era una bambina quando ha subito violenza e ancora non e' una donna". Lo ha detto Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, nel suo intervento alla manifestazione contro la violenza sulle donne oggi a Reggio Calabria, indetta dopo la violenza di gruppo subita per due anni da una bambina di 13 anni a Melito Porto Salvo. "Siamo qui - ha proseguito la Bindi - per stringerci intorno a lei, per dirle che il nostro impegno e' per riscattare quello che subito ma anche per onorare il suo coraggio e la sua forza. Quello che ha subito la rende simile, vicina, a quei due milioni e 300 mila donne che ogni anno in Italia, pur avendo meno di 16 anni, subiscono violenza.

Ma siamo qui anche - ha aggiunto Bindi - a dire che non possiamo ignorare, nascondere, derubricare quello che e' accaduto a un caso di violenza sulle donne senza ignorare il contesto nel quale questo e' avvenuto. Non ce lo nascondiamo. Non se lo nasconda la Calabria, non se lo nasconda l'Italia. Sarebbe assurdo - ha detto - affermare che la violenza sulle donne e' una violenza mafiosa, ma non possiamo ignorare che la violenza che e' stata perpetrata su questa bambina e' stata possibile - ha concluso - anche perche' e' maturata in un contesto di forte condizionamento mafioso, di forte condizionamento da parte della 'ndrangheta".

Vertice in Prefettura Reggio con Rosy Bindi

Un vertice in Prefettura per fare il punto sulla vicenda delle violenze di gruppo subite da una tredicenne di Melito Porto Salvo. La presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, le componenti dell'organismo Enza Bruno Bossio e Celeste Costantino ed il prefetto Michele Di Bari, a conclusione, hanno incontrato i giornalisti. "Al di là della manifestazione di oggi, che ha rappresentato un'occasione di riflessione per gli studenti di tutta la Calabria - ha detto la presidente Bindi - abbiamo fatto il punto sulla vicenda di Melito Salvo assieme ai rappresentanti delle forze dell'ordine e della Procura della Repubblica. Ci siamo anche occupati, comunque, di minori e di violenza sulle donne perché come Commissione abbiamo tanti argomenti sui quali lavorare".

"Quello di Melito - ha aggiunto Rosy Bindi - è un caso importante. Abbiamo avuto uno scambio riservato su questo caso che riguarda una minore che non è ancora una donna. Una vicenda che è maturata in un contesto di forte condizionamento 'ndranghetistico. L'indagine su questo caso é stata condotta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria con particolare accuratezza, tanto da avere il vaglio del gip in tempi che secondo me sono stati particolarmente veloci". "L'attenzione dello Stato continua", ha aggiunto il prefetto Di Bari, che ha sottolineato anche "la necessità di distinguere tra ciò che c'é di positivo e ciò che c'é di negativo in un territorio. Le misure di prevenzione che abbiamo attivato nel territorio di Melito Porto Salvo riguardano tutti gli aspetti del vivere civile".

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